Omicron 2 è ancora una minaccia. Malgrado la fine dello stato di emergenza, la pandemia non è di certo andata in ferie, e chissà se ha intenzione di farlo almeno in vista dell’estate. L’ultima variante del Covid-19 continua a infettare persone e la brutta notizia è che non risparmia nemmeno chi ha superato da poco la malattia.
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L’emergenza non è finita
Il rapporto esteso “Covid-19: sorveglianza, impatto delle infezioni ed efficacia vaccinale” diffuso durante l’ultimo fine settimana dall’Iss sottolinea come sia ancora importante mantenere un atteggiamento di prudenza. Non è un caso infatti che, in base all’andamento dei contagi, il prossimo 20 aprile si deciderà se prorogare l’obbligo di tenere le mascherine al chiuso per almeno due settimane.
Chi rischia di più con Omicron 2
Come riporta Quifinanza.it, il rapporto dice che la possibilità di ammalarsi di nuovo si verifica più spesso con Omicron 2. Ciò riguarda soprattutto la fascia d’età fra i 12 e i 49 anni. Gli esperti hanno preso in esame l’andamento del virus a partire dallo scorso 6 dicembre, periodo in cui è cominciata la diffusione di Omicron.
“L’analisi – si sintetizza nel rapporto – evidenzia un aumento del rischio relativo di riammalarsi”. Più alto, come detto, tra i più giovani. Come se non bastasse il rischio di reinfezione con Omicron è più alto in chi ha avuto una prima diagnosi di Covid-19 da oltre 210 giorni rispetto a chi ha avuto la prima diagnosi tra tre e sette mesi fa.
Manco a dirlo il rischio è maggiore per i non vaccinati o per chi ha ricevuto una sola dose da oltre 120 giorni.
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Le donne si ammalano di più dei maschi
Ma sono anche altri i dati che emergono. Ad esempio il rischio di riammalarsi con Omicron 2 sarebbe più alto per le donne.
Secondo l’Iss questo può essere dovuto a una maggior presenza di donne in ambito scolastico dove si effettua una intensa attività di screening. Così come al fatto che le donne più spesso hanno funzione di caregiver in ambito familiare. Va da sé, infine, che le reinfezioni con Omicron 2 siano più frequenti anche tra gli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione.
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