Tenere un cane legato alla catena, magari per tutta la vita, è “un aspetto indubbiamente vergognoso dell’amicizia fra il cane e l’essere umano”, per prendere in prestito le parole del report “Verso il divieto di tenere i cani alla catena” realizzato dalla start up Green Impact e dalla no profit “Save the dogs”.
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Potremmo definire questa becera pratica in molti altri modi, ma qui vogliamo riportare il vuoto normativo, assordante, che esiste ancora al riguardo in molte regioni italiane e in altrettanti paesi europei.
“Nel presente rapporto, sosteniamo che tenere un cane alla catena – salvo in circostanze ben definite, per giustificati motivi e per brevi periodi di tempo chiaramente specificati – deve essere vietato, in quanto tale pratica è incompatibile con le esigenze essenziali, etologiche e comportamentali, dei cani e ne compromette gravemente il benessere. In altri termini, affermiamo che – salvo in casi eccezionali ben definiti – tenere i cani alla catena costituisce maltrattamento degli animali, ovvero un atto intrinsecamente illecito che deve essere vietato”, si legge sul report, dove si spiega anche nel dettaglio quale siano le normative di riferimento (poche) e come spesso vengano attuate in modo vago e di fatto inutile.
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In Italia, ad esempio, Liguria, Basilicata e Sicilia hanno lasciato un vuoto normativo e di fatto i proprietari di cani sono autorizzati a tenerli a catena. In Umbria e in Campania invece ci sono dei regolamenti che lo vietano, ma che non prevedono sanzioni, quindi è come se non ci fossero. Bene l’Abruzzo e l’Emilia Romagna, prima regione in Italia, nel 2013, ad aver vietato l’utilizzo della catena per i cani, anche se il regolamento in sé prevede troppe deroghe.
Alcuni dei regolamenti, anche quando presenti e con la presenza di sanzioni, sono comunque troppo vaghi: “Abbiamo classificato la normativa di altre regioni italiane (Abruzzo, Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e Puglia) come soddisfacenti ma non ottimali, in quanto prevedono deroghe abbastanza ampie, dettate da “motivi di sicurezza”, che possono ostacolarne un’efficace attuazione o compromettere il benessere degli animali. Fra queste, la legge della Lombardia definisce meglio le eccezioni legate all’effettuazione di cure veterinarie, in quanto prevede che ne siano specificate sia la durata sia la diagnosi. Queste normative sono facilmente perfezionabili”, si legge ancora sul report.
Tenere un cane a catena lede il suo benessere e soprattutto lo fa soffrire:
“Il cane mantenuto a lungo alla catena è un essere che soffre, che soffre molto perché ne sono violati alcuni principi base delle sue regolazioni etologiche naturali: ma soprattutto è un individuo che catapulterà sfrenate energie ad usum di chi lo ha così crudelmente sottoposto a una raffinata e storicamente consolidata tortura”, scrive nel rapporto l’etologo Prof. Enrico Alleva.
Come si può pensare di imporre questa sofferenza a qualcuno che si dice di amare?