In questi giorni si è molto parlato dello studio della European Society of Cardiology dove si metteva in guardia sull’uso degli Omega 3 in pazienti cardiopatici: ora arriva un chiarimento sul tema
Integratori Italia, l’associazione italiana di categoria aderente a Confindustria e che fa parte di Unione Italiana Food, ha voluto chiarire alcuni punti a proposito della notizia sugli integratori a base di Omega3, che non sarebbero adatti per chi ha problemi cardiaci. Una notizia che ha suscitato curiosità e preoccupazione, visto che spesso questi integratori vengono proprio assunti da chi soffre di patologie cardiocircolatorie, ad esempio per aiutare a mantenere basso il colesterolo.
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In particolare era stato citato uno studio della European Society of Cardiology, dove si sottolineava come gli Omega 3 potrebbero proprio aumentare alcuni rischi cardiaci, portando ad esempio ad un maggior rischio di fibrillazione atriale.
Queste le puntualizzazioni di Integratori Italia:
“• lo studio citato ha analizzato e combinato i risultati di cinque studi di intervento randomizzati e controllati su circa 50.000 pazienti totali ad alto rischio (25.000 trattati con omega-3 e 25.000 trattati con il placebo).
• il rischio di aumento di fibrillazione atriale è risultato basso, in termini assoluti: l’effetto osservato e documentato dai ricercatori è un aumento del 37% del rischio di sviluppare fibrillazione atriale durante il trattamento con omega-3. Si è osservato un eccesso di 179 casi di fibrillazione atriale tra 25.000 soggetti trattati per una media 5,7 anni. Il rischio assoluto, pertanto, è quantificabile in poco più di un caso in eccesso di fibrillazione atriale ogni 1.000 soggetti trattati per un anno.
• tale eccesso di rischio va considerato dal medico nel definire il rapporto rischio-beneficio del trattamento farmacologico con omega-3 in pazienti ad alto rischio con le caratteristiche di quelli studiati in questa metanalisi: va sottolineato infatti che circa il 70% dei pazienti osservati risultava diabetico, ed una quota significativa era in prevenzione secondaria, avendo già subito un infarto o un evento cardiovascolare. L’eccesso di rischio di sviluppo di una fibrillazione atriale dovrà in altre parole essere valutato dal medico in relazione ai benefici attesi (sulla trigliceridemia, o sull’aggregazione piastrinica, o ancora sul rischio di aritmie ventricolari, che vengono invece ridotte da questi farmaci, come ricordano gli stessi autori)
Non esistono ad oggi elementi per ritenere che l’aumento del rischio di fibrillazione atriale possa riguardare anche le persone sane che utilizzano integratori di omega-3. L’impiego di questi integratori, nella popolazione sana (in prevenzione primaria) punta infatti a sfruttare gli effetti fisiologici degli omega-3 stessi, per esempio laddove l’apporto di questi acidi grassi con la dieta (derivano soprattutto dal pesce grasso) sia per vari motivi inadeguato, e non quelli di tipo terapeutico ottenibili impiegando farmaci specifici.
L’effetto favorevole degli acidi grassi omega 3 sulla salute cardiovascolare è noto da tempo e comprovato da un numero considerevole di studi e ricerche. Come indicato anche da alcune valutazioni espresse da EFSA (European Food Safety Authority), questi acidi grassi sono fondamentali per il normale sviluppo di organi e tessuti (in particolare retina, cervello e cuore) e per il loro corretto funzionamento. La letteratura scientifica in tema di omega 3 documenta che il loro uso (sia alimentare, sia come integratore) risulta utile per mantenere uno stato di benessere e salute e può ridurre alcuni fattori di rischio di malattie cardiovascolari”