Cristian Fracassi, titolare di un’azienda farmaceutica, ha messo a disposizione la sua stampante 3D e in poche ore ha realizzato dei prototipi. I dettagli
Per combattere il coronavirus saranno stampate in 3D le valvole per la rianimazione che permettono ai pazienti di ricevere ossigeno. È partito tutto dall’ospedale di Brescia, dove il reparto di Terapia intensiva conta molti pazienti contagiati.
Quando è scattato l’allarme per l’assenza delle valvole, i medici hanno contattato immediatamente l’azienda che le produce. Il fornitore, tuttavia, ha spiegato loro che non avrebbe fatto in tempo a realizzarle.
Leggi anche: Effetto Coronavirus sull’ambiente: cala l’inquinamento in Cina, la conferma dalla Nasa
Per ovviare al problema in tempi brevi, si è pensato di utilizzare una stampante 3D. Trovare un’apparecchiatura del genere, però, non è così semplice. Per questo l’ospedale ha chiesto supporto al Giornale di Brescia che, attraverso la direttrice Nunzia Vallini, è riuscito nell’impresa.
Coronavirus, valvole per la rianimazione n 3D: il potere del passaparola
La Vallini si è subito mobilitata per reperire una stampante 3D e realizzare le valvole per la rianimazione dei pazienti affetti da coronavirus. La direttrice del giornale ha contattato il fisico Massimo Temporelli, fondatore di FabLab (start-up innovativa nel settore dell’Industry 4.0.). I suoi laboratori di Milano, tuttavia, sono chiusi e troppo lontani.
Grazie al passaparola Cristian Fracassi, titolare di un’azienda farmaceutica, ha messo a disposizione la sua stampante 3D e in poche ore ha realizzato alcuni prototipi. I primi risultati dei test sono stati positivi, le valvole funzionano, ma ancora si sta lavorando.
“Se arriva il via libera, come tutti speriamo, nonostante le polemiche che non sono mancate, potremmo organizzarci per stamparne su richiesta e fornire le valvole anche ad altri ospedali che ne hanno bisogno. Siamo già stati contattati da altre strutture, da Pescara, da Sassari” – ha spiegato Temporelli.
Le polemiche a cui fa riferimento il fisico riguardano le mancate certificazioni sanitarie, che non avrebbero ancora autorizzato l’utilizzo delle valvole. È chiaro anche che si tratta di uno stato di emergenza.