È quanto si evince dallo studio elaborato da un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology, coordinato da Filippos Tourlomousis. Ecco come funziona
I progressi ottenuti attraverso l’utilizzo della stampa 3D non si arrestano, anzi, si apprestano a esplorare nuovi campi di studio. Come, per esempio, all’interno dei laboratori di biologia. È quanto si evince dallo studio elaborato da un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit), coordinato da Filippos Tourlomousis.
Il documento è stato pubblicato sulla rivista Microsystems and Nanoengineering. Un progetto che, come ha dichiarato Tourlomousis, consentirà di “coltivare cellule di forma e dimensione uniforme, alle quali associare specifiche funzioni”.
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Come sappiamo, infatti, la forma di una cellula è strettamente connessa alla sua attività. Vediamo allora come la stampa 3D potrà contribuire in questo campo.
Stampa 3D: coltivare le cellule per scopi biomedici
Si stratta di prime strutture simili a ragnatele, caratterizzate da fibre con diametro pari a un decimo di un capello. Questo tipo di struttura è ideale per ottenere colture di cellule, utilizzabili per la sintesi di organi artificiali.
In cosa consiste la tecnica di stampa in 3D elaborata dal Mit? Un campo elettrico applicato intorno agli ugelli della stampante guida il disegno delle fibre sintetiche. In questa maniera è possibile creare fibre più sottili di quelle ottenute con le tradizionali stampanti 3D.
Osservando le cellule al microscopio, i ricercatori del Mit hanno constatato che riuscivano a integrarsi, grazie alla sintesi di specifiche proteine di adesione, con la ragnatela di fibre realizzata in laboratorio. “Con questa tecnica possiamo riprodurre l’ambiente in cui sono immerse normalmente le cellule, ad esempio le staminali. E utilizzarle per scopi biomedici, come la sintesi di organi artificiali per trapianti” – ha concluso Tourlomousis.