Accorgersi se qualcuno mente, sia che il nostro interlocutore ci rifili bugie gravi che “bianche”, sarebbe una gran bella comodità nella vita quotidiana: ma è veramente possibile?
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Lo abbiamo visto succedere nella celebre serie tv “Lie to me“, con Tim Roth nei panni dello psicologo Cal Lightman, non a caso: il regista della serie, Adam Davidson, si è infatti basato per costruire questa storia sull’Atlante delle emozioni, compilato nel 2016 da Paul Ekman della California University di San Francisco insieme al Dalai Lama. Questo atlante partiva dall’assunto che le espressioni facciali legate a particolari emozioni (rabbia, paura, disgusto) siano universali e trasversali, simili o uguali in tutte le regioni del mondo. E che soprattutto su alcune di queste emozioni sia impossibile per l’essere umano fingere o mentire.
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Oggi è uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Brain & Behaviour e portato a termine dai ricercatori della Icahn Mount Sinai School of Medicine di Manhattan a confermare per la prima volta, a livello pratico, le conclusioni clinico-psicologiche formulate da Paul Ekman.
Secondo Ekman, la verità è sempre scritta sul nostro volto: per accorgersi se qualcuno mente, tutto sta a saperla leggere. Tutti noi infatti facciamo delle microespressioni involontarie, piccoli movimenti che durano fra i 40 e i 60 millisecondi, che svelano il nostro reale stato d’animo. A queste si unisce poi il linguaggio del corpo, altrettanto rivelatore: grattarsi il mento, ruotare il polso, corrugare il naso o deglutire sono tutti indizi del nostro reale stato d’animo, anche se cerchiamo di dissumularlo.
Qual è allora questo metodo scientifico che ci permette di scoprire se chi ci troviamo davanti sta mentendo? Il sistema esiste, ma nella realtà è affidato a un macchinario, che si è rivelato più preciso della famigerata macchina della verità che viene ancora oggi usata in America in particolari casi giudiziari.
L’apparecchiatura si chiama sEMG, acronimo di facial surface electromyography, cioè elettromiografia della superficie facciale: si tratta di placchette autodesive posizionate sul volto in corrispondenza di alcuni muscoli chiave, il grande zigomatico e il corrugatore del sopracciglio. Le placchette inviano ad un computer segnali a ogni minima attivazione del muscolo interessato, smascherando così le menzogne.
E’ quindi ormai accertato scientificamente che le bugie si possono scoprire: il problema è che nemmeno Cal Lightman, se esistesse, riuscirebbe a farlo senza l’aiuto di una macchina.