Il paradosso di Netflix: mai così al top, mai così nei guai

Netflix sta attraversando un momento di grande splendore: ha sbaragliato tutti a Venezia, vincendo l’edizione 75 della Mostra del cinema con il suo “Roma”, di Alfonso Cuaron, ma è anche finita al centro delle polemiche per “Sulla mia pelle”, il discusso film sugli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi, distribuito in contemporanea sulla piattaforma e nei cinema (nelle ultime ore si è dimesso il presidente dei distributori dell’Anica, Andrea Occhipinti).

Il colosso dello streaming ha anche portato a casa una significativa vittoria agli Emmy, dove ha sbaragliato Hbo con 23 statuette vinte contro 18: un momento d’oro, che però nasconde un paradosso.

Proprio in questo momento infatti Netflix deve prendere una decisione che potrebbe influire in maniera drastica sul suo futuro: inserire o meno la pubblicità nei suoi contenuti. Per mantenere il livello Netflix ha infatti bisogno di più soldi rispetto agli 16 miliardi di budget previsti per l’anno in corso ed aggiungere spot pubblicitari ai suoi contenuti risolverebbe molti problemi: dalle ricerche di mercato però è evidente che gli abbonati non la prenderebbero affatto bene.

Abbonati che anche numericamente non sono in linea con le aspettative: nel secondo trimestre del 2018 i nuovi abbonati sono stati 5,15 milioni, ben al di sotto della precedente stima di 6,2 milioni di nuovi utenti.

Va trovata una difficile quadratura del cerchio, con gli abbonati pronti a disdire qualora Netflix aggiungesse adv ai contenuti (il 23%, secondo la ricerca di Hub Entertainment Research), ma disposti a pensarci su se all’aggiunta di pubblicità corrispondesse uno sconto sull’abbonamento di almeno 3 dollari (il 50% degli abbonati ha affermato che manterrebbe l’abbonamento)

In un mercato sempre più ricco di competitor (c”è Hulu, che ha sempre avuto pubblicità, c’è Amazon Prime ed ora sta per arrivare anche Disney Play), Netflix è ancora al di sopra di tutti, ma rischia di trasformarsi un gigante con i piedi d’argilla.

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