Festival della Diplomazia si è aperto il 19 ottobre con una giornata fitta di appuntamenti per parlare di Europa, di arte e design e ancora Pakistan, Grandi Progetti Nazionali – Da Expo alle Paralimpiadi, e Da Laika a oggi – 60 anni di ricerca per la salute dei cosmonauti.

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FESTIVAL DELLA DIPLOMAZIA 2017

Quando la politica diventa un insieme di persone singole che si minacciano via tweet, emerge la necessità di riportare al centro del discorso e della vita il dialogo tra popoli e paesi, in poche parole, la Diplomazia.

Così, il Festival della Diplomazia  – Diplomacy, per l’ottavo anno consecutivo dal 19 fino al 27 ottobre torna a Roma per presentare agli studenti delle università e non solo una panoramica di eventi diffusi nel territorio in cui incontrare i massimi esponenti della scena politica internazionale per trovare chiavi di lettura e approcci nuovi per capire il presente e lavorare sul futuro.

L’VIII Festival della Diplomazia si è aperto il 19 ottobre tra varie sedi – dal Campidoglio alla Sala Stampa Estera, dall’Università di Tor Vergata all’Ambasciata di Polonia, dall’Università Roma Tre, all’Ambasciata Emirati Arabi Uniti – con una giornata fitta di appuntamenti per parlare di Europa (con Will European Union have a future? e Let’s talk about Turkey) ma anche di arte e design (con Mediazione Culturale come strumento di Pacem in compagnia di un Maestro come Michelangelo Pistoletto, e Italia-Polonia: Design e Arti Visive) e ancora Pakistan, Grandi Progetti Nazionali – Da Expo alle Paralimpiadi, e Da Laika a oggi – 60 anni di ricerca per la salute dei cosmonauti.

Grande evento finale la sera con l’incontro I leaders e le sconfitte elettorali. L’elaborazione del lutto, che ha visto protagonisti,  tra i relatori, insieme all’editorialista di Repubblica Filippo Ceccarelli e lo psichiatra Alessandro Meluzzi, Paolo Volterra, capo della redazione politica di SKY TG24 e autore, insieme a Filippo Maria Battaglia, del libro “Bisogna saper perdere. Sconfitte, congiure e tradimenti in politica da De Gasperi a Renzi”. Il testo racconta, attraverso una serie di capitoli dedicati ciascuno ad un personaggio, come i politici della Repubblica italiana abbiano di volta in volta affrontato la loro sconfitta, che fosse a seguito di elezioni oppure di manovre interne di partito. Il messaggio che gli autori vogliono far passare è che saper perdere, a volte, conta molto più di vincere. Ciò è vero perché la sconfitta svela meglio di qualsiasi vittoria la natura degli uomini e la maturità di una democrazia.

Partendo dagli albori della Repubblica, con il ritratto di Ferruccio Parri, il partigiano azionista pronto a denunciare i suoi nemici interni come neofascisti a seguito della caduta del suo esecutivo, Volterra e Battaglia ripercorrono la storia di tante ingloriose uscite di scena fino ad arrivare alla celebre frase di Pierluigi Bersani a seguito delle elezioni del 2013: “Abbiamo non vinto”.