Il magazine ‘Rolling Stone’ ha svelato come l’FBI ha accesso alle chat di messaggistica che i cittadini usano abitualmente.

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Un documento pubblicato da ‘Rolling Stone’ e ripreso dai media di tutto il mondo spiega quanti e quali dati le forze dell’ordine possono ricavare da applicazioni come WhatsApp e simili. L’atto ‘Accesso Legale’ (titolo che la dice lunga) parla di contenuti e metadati ricavati dalle app di “messaggistica sicura”.

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Il testo dichiara che da novembre 2020 sia possibile per le forze pubbliche accedere alle piattaforme anche in tempo reale. WhatsApp, iMessage, WeChat, Telegram, Signal, Viber & Co., dunque, non hanno (quasi) segreti e ciascuna fornisce dati in maniera differente.

Per esempio, WhatsApp invia informazioni praticamente in real time con un ritardo di un quarto d’ora. Con una richiesta di sorveglianza, le forze dell’ordine possono avere informazioni su mittente e destinatario.

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Ma c’è di più: sempre WA insieme ad iMessage e Line sono tenuti a fornire anche l’accesso a parte dei contenuti qualora l’FBI ne faccia richiesta legale. E sempre l’FBI, con mandato di perquisizione, può ottenere la chiave di crittografia di iCloud accedendo, quindi, ai backup sulla nuvola.

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