Qual è la vera sostenibilità aziendale? In questa puntata di Connessioni Sostenibili Antonio D’Este ce lo spiega, partendo dai concetti di bias cognitivi nelle organizzazioni, approccio sistemico e soulstorming
Nei luoghi di lavoro, quando le relazioni non sono armoniche, la produttività diventa un assolo stonato invece che un concerto perfetto. La sostenibilità aziendale non riguarda solo eventi eclatanti, pannelli solari e raccolta differenziata. Un ambiente di lavoro sano e produttivo è sostenibile quando le persone stanno bene, si sentono parte di un sistema che le vede e le valorizza, permettendo loro di esprimersi al meglio. Il punto chiave? Passare dalla semplice convivenza alla co-vibrazione. Ovvero, creare spazi in cui le persone non solo coesistano, ma risuonino insieme, ciascuna con la propria frequenza.
L’unicità personale, osservata da un punto di vista sistemico, diventa l’unicità del gruppo che, più crea relazioni forti e autentiche, più produce risultati eccellenti.
Come diceva Peter Drucker: “La cultura aziendale mangia la strategia a colazione”. Senza un ambiente sano, nessuna strategia, per quanto brillante, porterà risultati sostenibili nel tempo.
La chimica delle relazioni: non è solo questione di genere
Spesso, quando si parla di inclusività e benessere aziendale, il pensiero va subito alla parità di genere. Un aspetto certamente fondamentale, che necessita tutta la nostra cura e attenzione. Ma il vero salto qualitativo si fa quando iniziamo a guardare alle persone non più solo come categorie (uomo/donna, giovane/esperto, dipendente/dirigente), ma come esseri umani con bisogni, talenti e peculiarità da integrare nel sistema.
In un ambiente tossico, le persone percepiscono il loro spazio come una stanza piena di mobili ingombranti, dove muoversi è difficile e stressante. In un ambiente sano, invece, lo spazio è come un giardino: aperto, flessibile, con angoli di respiro e percorsi fluidi. Questo spazio si crea attraverso una comunicazione consapevole, l’ascolto attivo e l’attenzione ai bias che spesso inquinano le nostre interazioni.
Uno degli ostacoli maggiori al benessere in azienda è il micro-management: un controllo eccessivo da parte dei manager, unito a una buona dose di ego, che frena letteralmente i talenti del team, spegne la creatività e porta spesso all’abbandono del posto di lavoro. Secondo gli studi di Gallup, il numero delle persone che lascia il proprio lavoro non per la mansione in sé, ma per via della gestione da parte del proprio capo è in costante crescita.
Bias cognitivi: i fantasmi invisibili
Tutti noi siamo in qualche modo influenzati da pregiudizi inconsapevoli, che definiti bias. Il bias di conferma ci porta a cercare solo informazioni che supportano le nostre convinzioni, il bias dell’età ci fa sottovalutare (o sopravvalutare) i colleghi più giovani o più esperti, mentre l’effetto alone ci spinge a giudicare una persona sulla base di un solo tratto distintivo.
L’impatto quotidiano dei bias nelle organizzazioni crea, spesso in modo inconsapevole, un clima non inclusivo, abbatte l’autostima e la fiducia, amplifica differenze e divisioni pericolose per i team.
Per migliorare il clima aziendale, dobbiamo trattare questi bias come occhiali sporchi: se non ci accorgiamo di averli addosso, vedremo sempre una realtà distorta. Servono momenti, ripetuti nel tempo, di formazione, riflessione e confronto per “pulire le lenti” e rendere la visione collettiva più nitida e inclusiva.
L’obiettivo aziendale condiviso dovrà essere quello di creare sempre maggiore consapevolezza su molteplici piani e nei vari ambiti dell’organizzazione tenendo come focus l’osservazione attenta del quotidiano aziendale per rilevare distorsioni relazionai e bias nascosti.
L’approccio sistemico: l’effetto domino delle buone pratiche
Un ambiente di lavoro sano non si costruisce con un regolamento appeso in bacheca o una giornata di team building all’anno. Le persone sono l’asset fondamentale delle aziende e troppo spesso non vengono nemmeno prese in considerazione durante i processi di trasformazione aziendale.
Un approccio sistemico può aprire nuove prospettive interessanti partendo dal considerare le persone, il contesto, le dinamiche relazionali e l’azienda come elementi profondamente interconnessi.
Bisogna creare una cultura aziendale che, lontana dagli stereotipi e dai facili slogan, si concentri su valori condivisi e relazioni autentiche basate su una comunicazione consapevole orientata al dialogo costruttivo.
Un esempio pratico? Le riunioni. Se sono troppo lunghe, disorganizzate e dominate sempre dalle stesse voci, creano frustrazione e senso di inutilità. Basta applicare alcune semplici regole per trasformarle in momenti produttivi e inclusivi: turni di parola chiari, obiettivi precisi, sintesi finale e un pizzico di leggerezza.
L’applicazione del Soulstorming è sicuramente una strada percorribile che spesso apre a spazi di condivisione dove la creatività e l’innovazione si espandono in modo esponenziale.
Un’azienda felice non è un’utopia
Investire nel benessere delle persone non significa solo regalare abbonamenti in palestra o frutta fresca in ufficio. È necessario partire da interventi formativi mirati, progettare con il team strategie inclusive e motivanti, ma soprattutto curare i dettagli e creare il circolo virtuoso di concreta learning organisation.
Significa costruire un ambiente dove ciascuno si senta riconosciuto, ascoltato e valorizzato. Un luogo in cui la produttività non derivi dallo stress, ma da un’energia e una visione condivisa.
Come suggerisce Simon Sinek: “When people are financially invested, they want a return. When people are emotionally invested, they want to contribute.”
Ed è lì che avviene la vera magia.