L’allarme lanciato dalla epidemiologa riproduttiva Shanna Swan ha colpito particolarmente Erin Brockovich, che ha deciso di mettere la sua fama al servizio di questa causa
I film catastrofici provano da anni ad anticipare la realtà, ma spesso e volentieri ne vengono superati: ce ne sono almeno due da tirare in ballo per parlare di fertitilità umana e sono “I figli degli uomini” e “Erin Brockovich“.
Nel 2000 Steven Soderbergh porta sul grande schermo la storia dell’attivista Erin Brockovich, dandole il volto di Julia Roberts: nel 2001 l’attrice americana vincerà l’Oscar come miglior attrice per l’interpretazione della segretaria trentenne, madre di tre figli, che indaga sull’avvelenamento delle falde acquifere da parte di una compagnia che fornisce gas ed elettricità in una cittadina della California. Come molti sapranno, Erin Brocovich esiste veramente ed è a capo della Brockovich Research & Consulting, che si batte per cause ambientali in tutto il mondo.
La vera Erin Brockovic oggi ha deciso di sposare la causa della epidemiologa riproduttiva Shanna Swan, che ha raccolto in un libro un inquietante allarme sulla fertilità umana: secondo le sue ricerche, nel 2045, fra appena 24 anni, gli esseri umani potrebbero non essere più in grado di riprodursi da soli, a causa dell’avvelenamento chimico a cui l’inquinamento sottopone tutti noi. Questo ci rimanda alla trama de “I figli degli uomini“, film del 2006 diretto da Alfonso Cuarón, con Clive Owen, dove l’umanità era decimata proprio a causa dell’impossibilità di riprodursi.
La Brockovich rilancia il tema sulle pagine del The Guardian, citando gli studi della dottoressa Swan e affermando: “Il numero di spermatozoi maschili è diminuito di quasi il 60% dal 1973 (…) Perché allora le Nazioni Unite non stanno affrontando come un’emergenza questo problema?”
Sul tema era intervenuta anche Greta Thumberg con un tweet.
I principali indiziati per quanto riguarda la riduzione della fertilità umana sono i PFAS, sostanze perfluoro alchiliche, di cui si è parlato anche recentemente per un problema di contaminazione delle acque in Veneto. Queste sostanze si trovano nella plastica, negli involucri degli alimenti e in molti oggetti di uso comune, dai giocattoli ai cosmetici.