Da quando è scoppiata l’epidemia mondiale da Coronavirus, la comunità scientifica lavora incessantemente per trovare una cura e delle spiegazioni. Tra i vari studi pubblicati, c’è anche un articolo della rivista “BiorXiv” che recensisce l’esistenza di nuovi batteri di cui ignoravamo l’esistenza.
Nel 2015, degli scienziati americani si sono recati in Tibet (Cina) per raccogliere e studiare le proprietà di carote all’interno dei ghiacciai. Nel gennaio 2020 hanno svelato di aver scoperto 28 nuovi gruppi di virus nascosti da circa quindicimila anni.
Gli effetti negativi del cambiamento climatico sono ormai noti a tutti: innalzamento del livello dei mari, variazione delle temperature, migrazione della specie animale ed umana. Ma ciò che inquieta di più è lo scioglimento del permafrost, costituito da ghiaccio e composti organici, di cui il 30% potrebbe scomparire entro il 2100.
Questo particolare composto non solo rappresenta un archivio storico per capire cosa sia accaduto nel passato, ma nasconde soprattutto grandi quantità di gas metano ed anche virus antichi che potrebbero essere pericolosi per l’uomo.
Virus sepolti in altri parti del mondo
La Cina non è l’unico luogo in cui è avvenuta una scoperta simile. Nel 2017, la BBC Earth ha svelato che in Siberia molte persone sono state a contatto con l’antrace, causando la morte di un dodicenne. In seguito si è capito che il batterio si celava nella carcassa di una renna morta 75 anni prima, e che il caldo improvviso aveva sciolto il permafrost in cui era sepolto l’animale, permettendo al patogeno di contaminare acque e suolo. Dopo questo episodio sono stati condotti altri studi che hanno dimostrato l’esistenza di un virus intatto della spagnola. Oggi si teme che possa accadere anche per il vaiolo e la peste bubbonica.
Inoltre nel 2005 la Nasa ha scoperto in Alaska dei microbi risalenti al Pleistocene, epoca geologica conosciuta come “Era Glaciale” la quale durata è compresa tra 2,558 milioni e 11,7 mila anni fa.
Ma il cambiamento climatico non è l’unico fattore che gioca a nostro sfavore, come lo ha fatto notare il biologo Jean-Michel Claverie, professore di Genomica e Bioinformatica all’università francese di Aix-Marseille, le regioni più settentrionali del Pianeta sono sempre più interessate dalle ricerche di petrolio, che scavando possono riportare in superficie malattie sepolte.
Nonostante queste scoperte, è importante ricordare che non tutti i virus riescono a sopravvivere così a lungo, ma è possibile che la maggior parte di quelli giganti e di quelli a spore risiedano ancora sulla Terra, in attesa di rivedere la luce.
Articolo di Ilaria Congiu