Una vera e propria invasione di specie aliene nel mondo animale. È così che la definiscono le riviste scientifiche Hystrix e Italian Journal of Freshwater Ichthyology, pubblicando le nuove check-list dei pesci d’acqua dolce e dei mammiferi italiani. Tra questi, delle 123 specie presenti, una su 8 è aliena; mentre tra i 127 tipi di pesci d’acqua dolce, lo è una su due.
Dati che confermano quanto sia a rischio la biodiversità del nostro Paese. Per poi ripercuotersi inevitabilmente sulla salute e sull’economia italiana. Per fare un esempio, come ha evidenziato Coldiretti, la cimice asiatica ha provocato oltre 300 milioni di euro di danni alla frutticoltura in tutto il Nord Italia.
Leggi anche: Gli animali si riappropriano delle città deserte in quarantena
“Che le specie aliene invasive fossero una grande minaccia per il nostro enorme patrimonio di biodiversità, e in particolare per gli ambienti di acqua dolce, era risaputo ma vedere i dati aggiornati e rendersi conto che la situazione peggiora col tempo è desolante” – ha commentato Andrea Monaco, zoologo di ISPRA, tra i responsabili del Progetto Life ASAP.
Specie aliene in aumento: i numeri allarmanti dell’Italia
Dalle due check-list emerge un’Italia con un’enorme patrimonio di biodiversità e una grande ricchezza di specie che vivono solo nei nostri confini. Della prima lista si sono occupati 21 zoologi coordinati dall’Associazione Teriologica Italiana (ATIt), catalogando 123 specie di mammiferi, 114 terrestri e 9 marini. La più grande biodiversità in fatto di mammiferi del Mediterraneo e una delle più grandi di tutta Europa. Mentre alla seconda hanno lavorato 16 ittiologi dell’Associazione Italiana Ittiologi Acque Dolci (AIIAD), descrivendo 127 specie di pesci d’acqua dolce, 123 pesci ossei e 4 ciclostomi (le lamprede).
Ciò che preoccupa gli esperti è la minaccia delle specie aliene. In Italia sono almeno 15 i mammiferi (12% delle specie) e 63 i pesci (50% delle specie) introdotti dall’uomo. E se si considerassero anche le specie aliene presenti sporadicamente e che ancora non hanno dato vita a popolazioni stabili in natura (23 specie nel caso dei pesci) i numeri sarebbero decisamente superiori.
“Questi dati dovrebbero allarmare tutti, non solo gli specialisti, e spingerci subito a cambiare i nostri comportamenti per invertire la tendenza. Questo periodo di isolamento che stiamo vivendo apre scenari imprevedibili anche per la presenza di specie aliene sul nostro territorio” – ha continuato Monaco.
E riguardo l’epidemia da coronavirus ha aggiunto: “Se la brusca diminuzione degli spostamenti avrà conseguenze sulla distribuzione delle specie aliene potremo valutarlo solo a posteriori. Quello che preoccupa è che con le misure anti Covid-19 si sono arrestate anche le attività di controllo e limitazione della diffusione di queste specie”.
Specie aliene: di quali animali parliamo?
Quando parliamo di specie aliene facciamo riferimento alla fuga o al rilascio di esemplari tenuti in casa come fossero domestici. Come per esempio lo scoiattolo grigio americano Sciurus carolinensis, il tamia siberiano Eutamias sibiricus e il procione Procyon lotor. Questi sono ritenuti particolarmente pericolosi per la biodiversità nativa e sono nella lista delle specie di rilevanza unionale (ai sensi del Regolamento UE 1143/14).
Ci sono poi quei mammiferi introdotti per motivi venatori, come il silvilago Sylvilagus floridanus, o il cervo sika Cervus nippon. Oppure quelli un tempo sfruttati commercialmente per la pelliccia, come il visone americano Neovison vison e la nutria Myocastor copypus.
Nel mondo marino la maggior parte delle introduzioni è dovuta alla pesca sportiva, come nel caso del siluro europeo Silurus glanis. Non solo, anche da parte di acquariofili, come nel caso dei guppy Poecilia reticulata o dei portaspada Xiphophorus helleri. Ma anche introduzioni a scopo di lotta biologica, come nel caso delle gambusie Gambusia holbrooki e Gambusia affinis.