Il degrado dei litorali nei quali nidificano, la cementificazione e l’impatto della pesca accidentale sono solo alcuni dei pericoli che mettono a rischio le tartarughe. Ogni anno sono 150.000 gli esemplari che rimangono intrappolati nelle reti a strascico, negli ami dei palangari e nei fili che compongono gli aggregatori di pesci (FAD – Fishing Aggregating Device). Inoltre il crescente accumulo dei detriti di plastica soffoca questi rettili marini, si stima che una tartaruga su due abbia ingerito plastica. Senza contare che la presenza della plastica sulle spiagge può compromettere la nidificazione: se nella sabbia in cui vengono deposte le uova si trovano frammenti di plastica, essi ne modificano la temperatura mettendo la schiusa a repentaglio.
Progetti di salvaguardia
Quest’anno la Commissione Europea ha firmato l’approvazione di un progetto di salvaguardia per le tartarughe. Il programma avrà una durata di quattro anni, coinvolgerà l’Italia, la Spagna, l’Albania, la Turchia e la Tunisia, per un costo complessivo di 3 milioni di euro.
Il progetto è focalizzato sulla conservazione dei due specie di tartarughe marine in particolare: la tartaruga comune (Caretta caretta) e la verde (Chelonia mydas). Le azioni mirano a ridurre l’impatto antropico nei siti di foraggiamento in mare delle tartarughe. A questo fine, è prevista l’implicazione dei pescatori dei paesi coinvolti, essi verranno informati sulle aree maggiormente frequentate dalle tartarughe, sulle tecniche da applicare per ridurne la mortalità e gli verranno forniti attrezzi da pesca modificati per ridurre le catture accidentali. Inoltre sarà introdotto il monitoraggio tramite drone, collegato ad un’applicazione dove si può segnalare la posizione delle tartarughe.
L’obiettivo fondamentale è quindi quello di accrescere la consapevolezza dei paesi coinvolti e sollecitare l’interesse dei cittadini, portando la loro attenzione sua una specie marina che dovrebbe essere considerata un bene comune.
(Articolo di Ilaria Congiu)