Mimosa in pericolo a causa dei cambiamenti climatici: proprio così, a lanciare l’allarme è l’Associazione dei Florovivaisti Italiani che ha espresso preoccupazione per il mercato del fiore simbolo della Festa della Donna.
“Si stima un -30% sul fatturato complessivo legato al tradizionale business dell’8 marzo, che si attestava l’anno scorso sui 15 milioni di euro” – hanno spiegato.
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Per quanto riguarda la produzione i Florovivaisti hanno registrato un 35% in meno provocato dalla prematura fioritura per il climate change. Aumentando così il prezzo al dettaglio, che non compenserà comunque la riduzione del consueto giro d’affari.
Mimosa e cambiamenti climatici: il problema è la maturazione prematura dei rametti
A far aumentare i costi per il produttore è la maturazione prematura dei rametti. Parliamo di un mese di anticipo (metà gennaio) che ha richiesto sistemi di frigoconservazione per permettere al prodotto di conservarsi in buone condizioni il giorno della festa. Chi vorrà acquistare dunque un ramoscello semplice di mimosa, spenderà in media 5 euro, fino a 8 per quelli più grandi.
Un bouquet può arrivare a costare fino a 20 euro; le piante, invece, variano a seconda della dimensione del vaso dai 10 euro fino ai 70 euro. “Tuttavia, i prezzi alla produzione, come succede per gli altri prodotti agricoli resteranno comunque bassi per gli imprenditori, variando dagli 8 ai 10 euro al kg” – ha spiegato Aldo Alberto, presidente dell’Associazione Florovivaisti Italiani.
In Italia la mimosa è coltivata su una superficie di quasi 200 ettari di terreno. Questo porta a una produzione di circa 30mila quintali e 150 milioni di steli. Attualmente, il Ponente ligure (Savona e Imperia) è il più grande produttore di questi fiori con le circa 1500 imprese attive.
“La produzione di mimose, tipicamente italiana, rappresenta il 5% della produzione floricola e funge da traino ai commerci della stagione primaverile, oltre a essere una voce di export rilevante, con sbocchi privilegiati verso Est Europa e Russia” – ha concluso Alberto.