Lo spreco di cibo in Italia ha raggiunto negli ultimi 12 mesi un valore di 16 miliardi di euro. Lo conferma Coldiretti, commentando il rapporto Sofa 2019 presentato dalla Fao a Roma lo scorso 14 ottobre. Tra tutti i prodotti che buttiamo nella spazzatura, ci sono soprattutto frutta e verdura. Poi pane, cipolla e aglio, latte e yogurt, formaggi, salse e sughi. Ogni italiano, secondo il documento, butta circa 36 kg di alimenti l’anno.
“A livello nazionale particolarmente rilevanti sono gli sprechi domestici che rappresentano il 54% del totale. Seguono quelli nel campo della ristorazione (21%), distribuzione commerciale (15%), agricoltura (8%) e trasformazione (2%)” – si legge nel report.
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Un’azione che ha un impatto negativo non solo sul piano etico, ma anche su quello economico e ambientale, incidendo negativamente sul dispendio energetico e sullo smaltimento dei rifiuti. Coldiretti ha anche osservato una maggiore sensibilità rispetto all’argomento. Il 71% degli italiani, infatti, ha cercato nell’ultimo anno a diminuire o annullare lo spreco di cibo attraverso diverse strategie. Come per esempio recuperare gli avanzi in cucina oppure facendo più attenzione alla data di scadenza, ma anche comprando prodotti a chilometro zero.
Lo spreco di cibo non riguarda solo l’Italia: cosa succede nel mondo
Ogni anno, a livello mondiale, viene perso il 14% del cibo prodotto. Lo spreco riguarda soprattutto tuberi, radici e colture oleaginose (25,3%), poi frutta e verdura (21,6%), e infine carne e derivati animali (11,9%). Lo spreco di cibo è maggiore in Asia centrale e meridionale (20,7%), Europa e Nord America (15,7%), Africa sub-sahariana (14%). Anche se il dato totale mondiale (che si attesta al 13,8%) evidenzia un miglioramento rispetto a quello del 2011, che ammontava al 30%.
La Fao ribadisce che entro il 2030 l’obiettivo è quello di raggiungere risultati migliori in campo di sostenibilità alimentare, cercando di ridurre ulteriormente lo spreco alimentare.
“Mi rincuora vedere che il mondo presta maggiore attenzione alla questione della perdita di cibo e dei rifiuti e chiede un’azione più decisa per affrontarla. La crescente consapevolezza e l’aumento degli appelli all’azione sono radicati nelle forti connotazioni morali negative associate alla perdita di cibo e allo spreco. Ciò si basa in parte sul fatto che la perdita di cibo comporta una pressione inutile sull’ambiente e sulle risorse naturali che sono state utilizzate per produrlo. Significa essenzialmente che le risorse idriche e terrestri sono state sprecate, l’inquinamento creato e i gas a effetto serra (GES) emessi senza scopo” – ha dichiarato Qu Dongyu, direttore Generale della Fao.