Italia ancora lontana dalla sostenibilità ma sempre più Regioni, Province e Città Metropolitane pianificano le loro strategie usando l’Agenda 2030 dell’Onu. E’ quanto emerge dal nuovo Rapporto dell’ASviS ‘I territori e lo sviluppo sostenibile’, strumento che misura se e in che tempi il Paese e i suoi territori riusciranno a raggiungere i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs nell’acronimo inglese) a 10 anni dalla scadenza del piano d’azione sottoscritto nel 2015 da 193 Paesi, inclusa l’Italia.
Il Rapporto descrive anche l’impegno delle istituzioni locali per disegnare e realizzare piani strategici in linea con l’Agenda 2030. Con l’elaborazione di indicatori compositi per Regioni e Province relativi agli SDGs, che sintetizzano oltre 100 indicatori elementari riferiti al periodo 2010-2019, e di misure delle distanze dai Target previsti per il 2030 per città metropolitane e aree urbane, l’ASviS integra il Rapporto 2020 pubblicato a ottobre mostrando “il forte ritardo, aggravato dalla crisi pandemica, verso l’attuazione dell’Agenda 2030 e simulando l’andamento del Paese e dei suoi territori (Regioni, Province e Città Metropolitane) in chiave prospettica, sui prossimi dieci anni”.
Con riferimento al raggiungimento degli Obiettivi entro il 2030, dall’analisi basata sulle tendenze degli ultimi anni emerge che “l’Italia potrebbe riuscire a centrare i target quantitativi associati a tre Goal: Goal 2 (Quota di coltivazioni destinate a colture biologiche), Goal 3 (Tasso di mortalità per le maggior cause) e Goal 16 (Affollamento degli istituti di pena). Un progressivo avvicinamento ai target quantitativi si potrebbe determinare in quattro casi: Goal 4 (Uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione e Quota di laureati e altri titoli terziari), Goal 7 (Quota di energia da fonti rinnovabili) e Goal 13 (Quota di emissioni di gas serra), obiettivi principali del Green deal europeo”.
Negative o decisamente negative appaiono invece le tendenze per i rimanenti 14 target quantitativi: “Goal 1 (Quota di persone a rischio povertà ed esclusione sociale), Goal 2 (Uso dei fertilizzanti), Goal 3 (Incidenti stradali), Goal 5 (Parità di genere nel tasso di occupazione), Goal 6 (Efficienza delle reti idriche), Goal 8 (Tasso di occupazione 20-64 anni), Goal 9 (Spesa per ricerca e sviluppo), Goal 10 (Disuguaglianza del reddito disponibile), Goal 11 (Qualità dell’aria e offerta del trasporto pubblico), Goal 12 (Produzione di rifiuti), Goal 14 (Aree marine protette), Goal 15 (Consumo di suolo e Aree protette terrestri), Goal 16 (Durata dei procedimenti civili)”.
“Le analisi dell’ASviS mostrano chiaramente che l’Italia non è su un sentiero in linea gli Obiettivi dell’Agenda 2030 e la crisi in atto impatta negativamente su ben nove di essi – commenta il presidente dell’ASviS Pierluigi Stefanini – Per questo è necessaria e urgente una mobilitazione di tutte le energie sociali, civili, economiche e istituzionali del Paese ed è fondamentale l’impegno dei territori, e delle loro istituzioni, senza i quali non sarebbe possibile per il Paese raggiungere la sostenibilità economica, sociale e ambientale entro i termini stabiliti dal piano d’azione dell’Onu”.
Oltre a fornire un’analisi dell’impatto della pandemia sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile per l’Italia, il nuovo Rapporto dell’ASviS presenta per la prima volta un quadro statistico integrato e una valutazione della situazione e delle iniziative in corso a livello di Regioni, Province, Città Metropolitane e aree urbane. Inoltre, viene fornito un quadro completo delle politiche nazionali per i territori (Piano Sud 2030, Strategia nazionale per le aree interne, ecc.) e delle iniziative assunte a livello regionale e dalle città metropolitane per programmare strategie integrate di sviluppo basate sull’Agenda 2030.
“Abbiamo voluto offrire un quadro statistico unico e una visione prospettica sia dell’Italia sia dei territori chiamati a realizzare le politiche necessarie per contribuire a portare il Paese fuori dalla crisi nel segno dello sviluppo sostenibile – sottolinea Enrico Giovannini, portavoce dell’ASviS – Il lavoro dell’ASviS fa emergere disuguaglianze, punti di forza e debolezza, ma soprattutto rivela, grazie all’analisi dei diversi territori, un’Italia attiva, resiliente e impegnata a realizzare il cambiamento, con risultati che in molti casi appaiono in grado di ridurre le distanze tra le diverse aree del Paese”.
Per quanto riguarda le Regioni, gli indicatori compositi mettono in evidenza il loro posizionamento e andamento negli anni 2010-2019 per ogni Obiettivo di sviluppo sostenibile in relazione al dato nazionale, mentre gli indicatori relativi ai target quantitativi, oltre a misurare la distanza dai singoli obiettivi, ci dicono se, considerate le tendenze osservate negli ultimi anni, essi potranno essere o meno raggiunti.
Ad esempio, rileva Asvis, “oltre il 90% delle Regioni e delle Province autonome ha raggiunto o raggiungerà il 25% di superficie agricola utilizzata da coltivazioni biologiche; circa il 70% ridurrà del 25% rispetto al 2013 il tasso di mortalità per le principali cause tra i 30 e i 69 anni; oltre il 60% riuscirà a ridurre al 10% la quota di uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione (18-24 anni) e circa il 50% a raggiungere una quota del 32% di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia”.
Di contro, “oltre due terzi delle Regioni e delle Province autonome si sta allontanando o non si avvicinerà ai target relativi a: riduzione della quota di fertilizzanti distribuiti in agricoltura del 20% rispetto al 2018 e del tasso di feriti per incidente stradale del 50% rispetto al 2010; raggiungimento della parità di genere nel rapporto di femminilizzazione del tasso di occupazione (20-64 anni) e di una quota dell’80% nell’efficienza delle reti di distribuzione dell’acqua potabile; riduzione a 4,2 dell’indice di disuguaglianza del reddito disponibile; aumento del 26% dei posti-km offerti dal trasporto pubblico locale rispetto al 2004; riduzione del 27% dei rifiuti urbani prodotti pro-capite del rispetto al 2003; raggiungimento di una quota del 10% di aree protette marine; azzeramento entro il 2050 dell’incremento annuo di suolo consumato”.