La sfida della mobilità urbana è più che mai attuale e a dimostrarlo sono i numeri: stando a una stima delle Nazioni Unite, entro il 2030 le megalopoli ospiteranno più di 750 milioni di persone, (+35% rispetto ad oggi). Se a questo dato aggiungiamo che, secondo il World Economic Forum, il numero di auto in tutto il mondo nel 2040 sarà pari a 2 miliardi, è chiaro che la pressione esercitata sulle reti di trasporto è destinata ad aumentare. La soluzione alla mobilità urbana? Secondo il nuovo studio di Boston Consulting Group “Solving the Mobility Challenge in Megacities”, sta anche nella mobilità on demand, nel car sharing e nella micromobilità. Solo in Italia, nel 2035 1 spostamento su 5 avverrà con mezzi non tradizionali.
Per Fabio Cancarè, Associate Director di Bcg, “in Italia, nel 2019, la new mobility ha contribuito al 2% degli spostamenti nelle aree urbane, percentuale che crescerà al 10% nel 2030 e al 18% nel 2035″. Ma, aggiunge, in assenza di una chiara direzione sistemica la new mobility potrebbe addirittura peggiorare le performance degli ecosistemi di mobilità urbana, ad esempio cannibalizzando il trasporto pubblico”.
Interrogando oltre duemila persone a Pechino, Boston, Londra e Mosca, Bcg ha scoperto che produttività, indipendenza e sostenibilità sono esigenze prioritarie. Inoltre, negli ultimi 12 mesi il 37% degli intervistati è diventato più disposto a possedere un’auto. Ma nella maggior parte dei casi le ragioni sono riconducibili a motivi di necessità e praticità e non a preferenze personali quali attaccamento all’automobile o volontà di esprimere uno status symbol.
Insomma, i consumatori sono disposti a scegliere potenziali modalità di trasporto alternative, purché efficaci. Certamente la pandemia di Covid-19 ha modificato le preferenze dei consumatori nel breve termine, ma è probabile che quanto emerso dal sondaggio resterà valido in una visione di medio-lungo periodo.
Le megalopoli, sottolinea lo studio Bcg, hanno però bisogno di un ‘orchestratore’ che metta ordine al caos dei trasporti, una direzione sistemica in grado di gestire la frammentazione della mobilità garantendo che operatori pubblici e privati lavorino insieme in modo efficace. Tale figura, che potrà anche assumere la forma di una partnership tra urbanisti e attori privati, imporrà ordine al sistema identificando un mix ottimale di diverse forme di mobilità.
I leader della mobilità urbana dirigeranno due elementi: un sistema integrato di gestione che riunisce i dati di tutte le modalità di viaggio pubbliche e private, così come delle infrastrutture di trasporto della città, abbinato a un’interfaccia digitale per il cliente, ossia una piattaforma che combina tutte le opzioni di trasporto disponibili in città. Il controllo di questi due elementi permetterà di ottimizzare il sistema di trasporto e di soddisfare le esigenze dei consumatori, che potranno prenotare un viaggio efficiente e personalizzato che coinvolge più modalità attraverso un’unica interfaccia.
Far sì che aziende private, operatori della mobilità e consumatori utilizzino un’unica interfaccia digitale non è immediato. Gli aspiranti fornitori di piattaforme potrebbero però trarre beneficio dal possesso di una base di utenti già significativa. In quest’ottica aziende attive nel trasporto con app di mobilità già esistenti, come Uber o Lyft, godono di un buon posizionamento per diventare fornitrici di piattaforme.
Conclude Cancarè: “Sviluppare un piano che includa sia l’ambizione di lungo termine che target di breve termine specifici e misurabili, investire in competenze tecnologiche, creare una governance efficace e sviluppare partnership pubblico-privato di successo sono gli step che le amministrazioni locali devono compiere per rivoluzionare la mobilità urbana”.