Suddiviso in quattro sezioni, il Piano Nazionale per la Manutenzione Straordinaria e l’Infrastrutturazione di Opere per la Difesa Idrogeologica e la Raccolta delle Acque, redatto dai Consorzi di bonifica ed Irrigazione e presentato pubblicamente dall’Anbi in occasione dell’Assemblea Nazionale del luglio scorso, raggruppa 3.869 progetti, perlopiù definitivi ed esecutivi. L’ammontare complessivo dell’investimento previsto ammonta a quasi 10.946 milioni di euro, in grado di attivare circa 54.700 posti di lavoro.
“Ci corre l’obbligo di ricordarlo – sottolinea Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi) – perché, proprio di fronte alla grave ondata di maltempo che sta colpendo l’Italia, sta emergendo chiaramente l’importanza dei bacini di espansione, nonché della rete idraulica minore, gestita dai Consorzi di bonifica, fondamentali per gestire le ondate di piena e limitare i danni. E’ altresì evidente che tale reticolo infrastrutturale necessita di urgente adeguamento di fronte all’incalzante estremizzazione degli eventi atmosferici”.
“Consci dei rischi derivanti dalla mancata infrastrutturazione del territorio al tempo dei cambiamenti climatici, come stanno drammaticamente evidenziando le cronache di questi giorni – aggiunge il direttore generale di Anbi, Massimo Gargano – da tempo chiediamo un vero Green New Deal per il nostro Paese, più determinazione nelle attività di contrasto all’estremizzazione degli eventi meteo, procedure esecutive più rapide ma non meno controllate, maggiori risorse destinate ad incrementare la capacità di resilienza dei territori e delle loro comunità”.
La gran parte del Piano Anbi è dedicato alle Opere di Manutenzione Straordinaria per la Difesa Idrogeologica: sono 3.658 per un investimento di oltre 8.400 milioni di euro ed un’occupazione stimata in circa 42.000 unità. Il maggior numero di progetti (2015) interessa il Nord (Piemonte Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Emilia Romagna), seguito dal Centro (1.224) e dal Sud (419).
Il Sud Italia (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia) è però primo nella classifica dei bacini da completare: sono 42, capaci di contenere 103.862.280 metri cubi d’acqua; per ultimarli servono oltre 565 milioni di euro con un’occupazione stimata in 2.826 unità. In tutto, le opere incomplete sono 66 (19 in Centro Italia e 5 al Nord) e necessitano di un investimento complessivo pari a circa 800 milioni di euro, con cui si garantiranno 4.000 posti di lavoro.
Il Meridione è primo anche nel numero degli invasi, bisognosi di manutenzione straordinaria a causa del progressivo interrimento: sono 45, la cui capacità complessiva (604.470.000 metri cubi) è ridotta dell’11,3% a causa di sedime, pari a 68.636.550 metri cubi; il costo per la rimozione del materiale è quantificato in 274,5 milioni di euro, capaci di garantire 1.372 posti di lavoro. In Italia sono complessivamente 90 i bacini (36 al Centro e 9 al Nord) condizionati dall’interrimento, che riduce del 10,7% la loro capacità; per ripulirli serviranno quasi 290 milioni di euro, che garantirebbero però 1.448 posti di lavoro.
Infine, nella sezione interessante i bacini di raccolta delle acque, il maggior numero di progetti (30) interessa il Nord Italia (capacità prevista: 100.345.000 metri cubi; investimento: circa 633 milioni di euro; 3.166 i posti di lavoro stimati); al Centro i progetti sono 17, mentre al Sud ne sono previsti 8. Per realizzare questi 55 interventi servono circa 1.455 milioni di euro, da cui dipenderebbero 7.276 posti di lavoro.