Sette anni dopo, un’altra alluvione nel nuorese, in Sardegna: tre le vittime stavolta. Colpite da alluvioni e trombe d’aria anche Calabria e Sicilia. La zona mediterranea, spiega Greenpeace in una nota, è considerata dagli scienziati un ‘hot spot’ climatico, e in particolare la permanenza di anticicloni africani consente un maggior soleggiamento e un maggiore riscaldamento delle temperature superficiali del mare.
Diversi gli studi che mostrano un aumento graduale delle temperature anche nei mari italiani, si parla di circa due gradi centigradi in superficie negli ultimi 50 anni secondo quanto rilevato dai satelliti. Gli oceani sono un enorme ‘magazzino’ per il calore in accesso generato dai gas serra. L’aumento delle temperature del mare non solo provoca gravi impatti sulla biodiversità marina e contribuisce all’innalzamento del livello del mare, ma ha conseguenze su quanto accade in atmosfera, dove avvengono i fenomeni meteorologici.
Greenpeace ha avviato un anno fa all’Elba il progetto ‘Mare Caldo’, una rete di stazioni per il monitoraggio delle temperature marine e per studiare gli impatti dei cambiamenti climatici in mare, e pubblica il briefing ‘I cambiamenti climatici e il mare: gravi conseguenze anche per l’uomo’ curato da Antonello Pasini, fisico del clima del Cnr, con la collaborazione della organizzazione ambientalista.
“Il mare trasferisce più calore all’atmosfera e quest’ultima non può far altro che scaricare violentemente questo surplus di energia sul territorio con piogge molto intense e venti forti. Ecco quindi che i fenomeni meteorologici possono diventare più violenti”, spiega Pasini.
“Anche nel nostro mare ci sono i cosiddetti Medicanes (Mediterranean Hurricanes). Sono per fortuna più piccoli e meno distruttivi degli uragani atlantici, un po’ perché l’acqua del Mediterraneo è meno calda di quella atlantica equatoriale e tropicale, e perché hanno meno spazio libero da terre per svilupparsi rispetto all’Oceano – continua – Anche in Italia assistiamo al verificarsi di eventi sempre più violenti: abbiamo studiato un tornado che ha colpito Taranto nel novembre 2012, che ha causato un morto e 60 milioni di euro di danni. Con una temperatura della superficie del Mar Ionio di un solo grado in meno il tornado non si sarebbe formato, mentre con l’aumento di un grado ulteriore la sua violenza sarebbe cresciuta enormemente”.
La temperatura sulla Terra e sul mare è destinata ad aumentare ancora, a seconda dello scenario di emissioni di gas climalteranti che ci troveremo ad affrontare. Ciò significa che anche gli impatti rischiano di aumentare, con fenomeni meteo più frequenti e sicuramente più violenti, in particolare nel nostro Paese, in cui, tra l’altro, i territori sono estremamente fragili e vulnerabili, sia in campagna che nelle città.
“C’è uno scollamento evidente tra i dati scientifici e le richieste dei climatologi e l’azione, o spesso inazione, dei decisori politici. Nonostante i tanti esempi di impatti molto gravi del cambiamento climatico, sui territori, gli ecosistemi e l’uomo, le azioni di contrasto sono insufficienti. È necessario accelerare la transizione energetica che porti alla costruzione di una società ‘decarbonizzata’, mentre oggi il governo italiano dimostra di voler continuare a puntare ancora tanto, anzi troppo, sul gas fossile”, commenta Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace.
“In una situazione in cui, a fine novembre, e probabilmente in questa settimana appena iniziata, osserviamo e osserveremo ancora le conseguenze di un Mediterraneo sempre più caldo sui nostri fragili territori, le azioni devono essere rapide ed incisive, sia per la mitigazione del riscaldamento che per l’adattamento di città e insediamenti umani”, conclude Pasini.