A distanza di alcuni giorni dalla scoperta del disastro ambientale in corso in Kamchatka, regione situata nell’estremo oriente della Russia, non sono ancora note le cause che hanno portato a un vasto inquinamento del mare e alla morte di migliaia di animali acquatici.  

Nelle scorse ore il Rosprirodnadzor, l’ente russo che segue le questioni ambientali, ha diffuso i risultati delle analisi sui campioni di acqua, effettuati il 3 ottobre scorso presso la spiaggia di Khalaktyrsky e la baia di Avacha, dall’agenzia della Direzione interregionale dell’Estremo Oriente.  

Secondo i dati diffusi, i campioni contenevano un’elevata concentrazione di: ione fosfato, in quantità 10,8 volte superiore al limite consentito; ferro, in quantità 6,7 volte oltre il limite; fenoli, 2,9 volte oltre il limite. 

Un team di Greenpeace Russia è da giorni nell’area colpita, per raccogliere testimonianze fotografiche di quanto sta accadendo ed effettuare campionamenti utili a individuare le fonti di inquinamento. 

“È positivo che dalle agenzie governative siano arrivati i primi risultati, sebbene con qualche ritardo. Ma i risultati ottenuti non sono sufficienti a determinare il quadro completo di quanto sia accaduto – commenta Vladimir Chuprov di Greenpeace Russia – Per numerose sostanze, ad esempio i metalli pesanti, l’analisi è ancora in corso. Mancano alcuni risultati estremamente importanti, come le analisi di laboratorio sui tessuti e sugli organi degli animali morti, e nei campioni raccolti non sono stati analizzati i pesticidi”. 

“Siamo in attesa dei risultati delle analisi dei campioni d’acqua, così come dei resti di animali morti raccolti dalla comunità locale e dal team di Greenpeace», continua. Tutti sono preoccupati per la lentezza con cui procede l’analisi dei campioni provenienti dalla Kamchatka. Greenpeace Russia non ha le stesse risorse di cui dispone lo Stato, ma sta facendo di tutto per ottenere i dati mancanti il prima possibile. Gli scienziati ci stanno aiutando per indirizzare al meglio i nostri sforzi”, conclude Chuprov. 

Gli esperti hanno conservato diversi campioni di ricci e stelle marine e li hanno inviati ad un laboratorio per le analisi. Il dottor Vladimir Rakov del “Ras Far Eastern Branch Pacific Oceanological Institute” ha dichiarato che è importante analizzare i resti degli animali morti poiché le sostanze tossiche che potrebbero averne causato la morte dovrebbero essere ancora presenti nei tessuti. Al contrario l’acqua dell’oceano, a causa del moto ondoso e delle correnti, si rimescola rapidamente quindi è improbabile che possa ancora contenere le tracce di tutte le sostanze inquinanti. 

“Si può notare come gli animali morti in spiaggia siano stati rinvenuti in uno stato avanzato di decomposizione e, ad esempio, i ricci di mare erano privi di spine – spiega il dottor Rakov – Credo che ci vogliano un paio di settimane perché queste scompaiano, ciò significa che gli animali sono morti sul fondo e poi portati a riva”. 

In merito all’assenza di altri animali come pesci e calamari, lo scienziato ha dichiarato che, trattandosi di specie che nuotano attivamente, è possibile che abbiamo percepito il pericolo e si siano allontanate dalla costa al contrario delle specie che vivono a stretto contatto col fondale e che sono dotate di scarsa mobilità – come ricci, stelle marine e molluschi – che nulla hanno potuto contro l’inquinamento. 

Greenpeace Russia desidera ringraziare la comunità scientifica per i consigli e il supporto per individuare le cause di quanto accaduto in Kamchatka. L’organizzazione ringrazia anche i anche i sostenitori e le sostenitrici, le cui donazioni hanno reso possibile la spedizione in Kamchatka. Per evitare il ripetersi di disastri come quello di Norilsk e della Kamchatka, Greenpeace Russia chiede di rivedere il modello di sviluppo economico del Paese e di adottare un Green Deal.