Guanti monouso e mascherine chirurgiche buttati via e smaltiti in modo non corretto che finiscono sulle nostre spiagge. E’ una delle tristi conseguenze del Covid-19 e della nostra cattiva educazione. Risultato: ce li ritroviamo sul 72% dei nostri lidi (mascherine sul 68% delle spiagge monitorate, guanti usa e getta sul 26%), più di due spiagge su tre tra quelle monitorate da Legambiente per l’indagine Beach Litter 2021. Indagine che ha coinvolto 47 spiagge di 13 regioni italiane (Abruzzo, Basilicata, Toscana, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Marche, Puglia, Sardegna, Sicilia, Veneto) sulle quali sono stati trovati in tutto 36.821 rifiuti in un’area totale di 176.100 mq. Perché – effetti del Coronavirus a parte – sulle nostre spiagge c’è una media di 783 rifiuti ogni 100 metri ed è la plastica a farla da padrone: rappresenta l’84% dei rifiuti trovati. Numero che supera di gran lunga il valore soglia di riferimento stabilito a livello europeo per considerare una spiaggia in buono stato ambientale, ossia meno di 20 rifiuti ogni 100 metri di costa.
Nella triste classifica dei rifiuti spiaggiati, ci sono oggetti di plastica e polistirolo, mozziconi di sigarette, tappi e coperchi e ancora cotton fioc in plastica che, nonostante siano stati messi al bando in Italia, restano il simbolo per eccellenza della maladepurazione perché, a proposito di cattiva educazione, c’è ancora chi continua a gettarli nel wc.
La plastica resta il materiale più trovato dei rifiuti spiaggiati. Su circa un terzo delle spiagge campionate, la percentuale di plastica eguaglia o supera il 90% del totale dei rifiuti monitorati, mentre sul 72% dei lidi monitorati sono stati rinvenuti guanti usa e getta, mascherine o altri oggetti riconducibili all’emergenza sanitaria Covid-19. Rinvenuti anche quest’anno, in 5 spiagge di Campania, Lazio e Sicilia, i dischetti utilizzati come biofilm carrier nei depuratori.
La top ten dei rifiuti spiaggiati
Dai campionamenti fatti da Legambiente nelle 47 spiagge, la plastica risulta il materiale più trovato (84% degli oggetti rinvenuti), seguita da vetro/ceramica (4,5%), metallo (3,2%) e carta/cartone (2,9%), gomma e tessili (entrambi all’1,4%), legno (trattato/lavorato) all’1,3%. Il restante 1% è formato da materiali legati al Covid-19, bioplastiche, oggetti in materiali misti, rifiuti da cibo e prodotti chimici/sintetici. Come lo scorso anno, nella spiaggia di Romagnolo a Palermo sono stati monitorati un numero molto alto di rifiuti derivanti da attività di costruzione e demolizione che non sono stati considerati per le elaborazioni per non alterare i risultati, ma che comunque devono essere presi in considerazione localmente.
Anche quest’anno si confermano al primo posto nella top ten dei rifiuti spiaggiati, gli oggetti e i frammenti di plastica o di polistirolo non identificabili, che insieme rappresentano circa il 29% dei rifiuti registrati. Al terzo posto i mozziconi di sigarette (l’8,7% dei rifiuti rinvenuti), seguiti da tappi e coperchi in plastica (8,3%), cotton fioc in plastica (5,4% dei rifiuti monitorati). Questi ultimi sono il simbolo per eccellenza di maladepurazione (spesso infatti vengono gettati nel wc) e in Italia sono al bando in favore di alternative più sostenibili e compostabili.
Al sesto posto troviamo le bottiglie e contenitori in plastica per bevande (4,3%), seguiti dalle stoviglie usa e getta in plastica (bicchieri, cannucce, posate e piatti di plastica) con il 3,8%. All’ottavo posto reti o sacchi per mitili o ostriche (3,2%), seguite da materiale da costruzione (calcinacci, mattonelle, tubi di silicone, materiali isolanti) con il 2,5%. A chiudere la top ten oggetti e frammenti in plastica espansa (non polistirolo) (2,3%) ritrovati soprattutto presso la foce dei fiumi Uniti a Ravenna.
La direttiva europea
Il 42,3% del totale dei rifiuti monitorati da Legambiente è costituito da quei prodotti usa e getta al centro della direttiva europea Sup (Single Use Plastics), che prevede misure specifiche. Per i mozziconi di sigaretta, obblighi per i produttori che contribuiranno a coprire i costi di gestione e bonifica e i costi delle misure di sensibilizzazione. Per bottiglie e contenitori di plastica, inclusi tappi e anelli (ne sono stati trovati oltre 5.000 sulle spiagge monitorate), obiettivo di raccolta del 90% al 2025 e si dovrà riciclare almeno il 90% delle bottiglie per bevande entro il 2029, con un target intermedio del 77% al 2025. Nel testo si introduce anche l’obbligo, a partire dal 2024, di avere il tappo attaccato alla bottiglia e viene introdotto un contenuto minimo di materiale riciclato (almeno il 25% entro il 2025 ed il 30% al 2030).
Per quanto riguarda la reti e gli attrezzi da pesca e acquacoltura in plastica (oltre 2400 elementi censiti) la Commissione propone per i primi di introdurre regimi di responsabilità del produttore che dovrà coprire, oltre ai costi delle misure di sensibilizzazione, i costi della raccolta, in seguito alla dismissione e al conferimento agli impianti portuali di raccolta, nonché i costi del successivo trasporto e trattamento. Tra gli altri prodotti ci sono poi i contenitori in plastica per alimenti e i bicchieri di plastica che rappresentano rispettivamente il 31% e il 46% dei rifiuti da consumo di cibi da asporto, ovvero l’insieme di posate, piatti, cannucce e mescolatori per bevande censiti dai volontari di Legambiente.
Cotton fioc: quelli di plastica in Italia sono stati messi al bando dal 2019. Infine, le buste di plastica, ancora presenti sulle spiagge italiane nonostante il bando esistente dal 2013 che ha permesso una riduzione del 65%. Un bando, sottolinea Legambiente, che se fosse esteso a tutti i Paesi del Mediterraneo e non solo avrebbe risultati molto più rilevanti. La proposta di direttiva in questo caso è obbligare i produttori a contribuire alla copertura dei costi di gestione e bonifica dei rifiuti e delle misure di sensibilizzazione. Ultima nota riguarda gli assorbenti igienici e palloncini di gomma oggetti per cui è stata proposta un’etichettatura chiara, che indichi il loro impatto sull’ambiente e la presenza di plastica.