“Gestione dei liquami, produzione di mangime ed emissioni di metano: questi tre settori, da soli, costituiscono il 75% dell’impatto ambientale di un litro di latte. Ed è su questi che è necessario lavorare”. A dirlo è Davide Tonon, Food&Beverege leed di Quantis Italia, durante l’incontro “La sfida della sostenibilità nella filiera dei latticini” nella Sala dei Convegni del Palazzo Soragna a Parma.
“L’impatto del settore dell’allevamento sul benessere ambientale del nostro pianeta è enorme – ha continuato Simone Pedrazzini, direttore di Quantis Italia -: si parla di 8 miliardi di tonnellate di C02 annualmente emesse a livello globale, il 15% dell’impatto ambientale totale: quasi quanto quello del settore dei trasporti. Questi numeri fanno impressione, ma è necessario evidenziarne l’entità. C’è però allo stesso tempo un ampio margine di miglioramento, che può costituire un risvolto positivo: se le aziende iniziano a mettere in pratica delle azioni concrete, potranno davvero fare dei passi da gigante”.
Antonio Bortoli, direttore generale di Lattebusche, dà l’esempio: “La materia prima è presa e lavorata sul territorio, con una notevole riduzione delle emissioni dei trasporti. Il rispetto del cliente va di pari passo con quello del produttore locale, a cui è assicurato un buon trattamento economico”. Il benessere del territorio, inteso in senso lato come benessere della comunità che ci vive e ci lavora e anche degli animali degli allevamenti, è centrale anche nell’attività del Consorzio del Parmigiano Reggiano.
“Le 2.500 aziende agricole della filiera chiedono tanto al territorio, è vero: ma restituiscono anche un valore aggiunto per l’impegno nel benessere della comunità”, ha concluso proposito Valentina Pizzamiglio responsabile del servizio lattiero caseario del Consorzio: “per questo siamo i capofila di una serie di progetti inseriti in un percorso di miglioramento che riguardi l’intera filiera, come alcuni studi sui biogas e i biocarburanti”.