Nella ‘pagella dello smog’ assegnata a 97 città italiane, solo 15 sono promosse con Sassari prima della classe che si merita un bel 9. Ma il dato preoccupante è che ad essere bocciata è la maggior parte delle città, l’85% del totale, e i voti peggiori li incassano Torino, Roma, Palermo, Milano e Como (voto 0) che tra 2014 e 2018 non hanno mai rispettato nemmeno per uno solo dei parametri il limite di tutela della salute previsto dall’Oms.
E’ quanto emerge dall’edizione speciale del report “Mal’aria” di Legambiente nel quale l’associazione ha stilato una pagella sulla qualità dell’aria di 97 città italiane sulla base degli ultimi 5 anni (dal 2014 al 2018) confrontando le concentrazioni medie annue delle polveri sottili (Pm10, Pm2,5) e del biossido di azoto (NO2) con i rispettivi limiti medi annui suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: 20µg/mc per il Pm10; 10 µg/mc per il Pm2,5; 40 µg/mc per il NO2. Il quadro che emerge dal confronto è preoccupante.
Delle 97 città di cui si hanno dati su tutto il quinquennio analizzato (2014-2018) solo l’15% (ossia 15) raggiungono un voto superiore alla sufficienza: Sassari (voto 9), Macerata (8), Enna, Campobasso, Catanzaro, Grosseto, Nuoro, Verbania e Viterbo (7), L’Aquila, Aosta, Belluno, Bolzano, Gorizia e Trapani (6). Sassari prima della classe con voto 9 in quanto dal 2014 al 2018 ha sempre rispettato i limiti previsti dall’Oms per le polveri sottili (Pm10 e Pm2,5) e per il biossido di azoto (NO2) ad eccezione degli ultimi 2 anni in cui solo per il Pm10 il valore medio annuo è stato di poco superiore al limite Oms.
La maggior parte delle città, l’85% del totale, sono sotto la sufficienza e scontano il mancato rispetto negli anni soprattutto del limite suggerito per il Pm2,5 e in molti casi anche per il Pm10. Fanalini di coda le città di Torino, Roma, Palermo, Milano e Como (voto 0) perché nei cinque anni considerati non hanno mai rispettato nemmeno per uno solo dei parametri il limite di tutela della salute previsto dall’Oms.
Dati che Legambiente lancia oggi alla vigilia del 1 ottobre, data in cui prenderanno il via le misure e le limitazioni antismog previste dall’Accordo di bacino padano in diversi territori del Paese per cercare di ridurre l’inquinamento atmosferico che ogni anno, solo per l’Italia, causa 60mila morti premature e ingenti costi sanitari. Il Paese detiene insieme alla Germania il triste primato a livello europeo.
Per le polveri sottili, la stragrande maggioranza delle città ha difficoltà a rispettare i valori limite per la salute: per il Pm10, mediamente solo il 20% delle 97 città analizzate nei cinque anni ha avuto una concentrazione media annua inferiore a quanto suggerito dall’Oms, percentuale che scende al 6% per il Pm2,5 ovvero le frazioni ancora più fini e maggiormente pericolose per la facilità con le quali possono essere inalate dagli apparati respiratori delle persone. Più elevata la percentuale delle città (86%) che è riuscita a rispettare il limite previsto dall’Oms per il biossido di azoto (NO2).
Focus sulle auto, in particolare sulle emissioni ‘fuorilegge’ dei diesel. Secondo un recente studio condotto da un consorzio italiano che comprende consulenti (Arianet, modellistica), medici ed epidemiologi (Isde Italia, Medici per l’Ambiente) e Legambiente, nonché la piattaforma MobileReporter, e che stima per la prima volta la quota di inquinamento a Milano imputabile alle emissioni delle auto diesel che superano, nell’uso reale, i limiti fissati nelle prove di laboratorio, se tutti i veicoli diesel a Milano emettessero non più di quanto previsto dalle norme nell’uso reale, l’inquinamento da NO2 rientrerebbe nei limiti di qualità dell’aria europei (già nel 2018). Invece il mancato rispetto ha portato alla stima di 568 decessi in più per la sola città di Milano, a causa dell’esposizione ‘fuorilegge’ agli NO2 per un solo anno.
Per questo, Legambiente chiede anche al Governo e alle Regioni più coraggio e impegno sul fronte delle politiche e delle misure da mettere in campo per avere dei risultati di medio e lungo periodo. Un coraggio che per Legambiente è mancato alle quattro regioni dell’area padana (Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto) che, ad esempio, hanno preferito rimandare all’anno nuovo il blocco alla circolazione dei mezzi più vecchi e inquinanti Euro4 che sarebbe dovuto scattare questo 1 ottobre nelle città sopra i 30 mila abitanti.
Una mancanza di coraggio basata sulla scusa della sicurezza degli spostamenti con i mezzi privati e non pubblici in tempi di Covid, o sulla base della compensazione delle emissioni inquinanti grazie alla strutturazione dello smart working per i dipendenti pubblici.
“Serve una politica diversa che non pensi solo ai blocchi del traffico e alle deboli e sporadiche misure anti-smog che sono solo interventi palliativi – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – Il governo italiano, grazie al Recovery Fund, ha un’occasione irripetibile per modernizzare davvero il Paese, scegliendo la strada della lotta alla crisi climatica e della riconversione ecologica dell’economia italiana. Non perda questa importante occasione e riparta dalle città incentivando l’utilizzo dei mezzi pubblici, potenziando la rete dello sharing mobility e raddoppiando le piste ciclopedonali”.