Danneggia caldaie, scaldabagni, lavatrici, lavastoviglie e ferri da stiro, ma anche rubinetterie e lavabi. Per non parlare dell’incidenza sui consumi energetici, sull’utilizzo di detergenti e detersivi e l’impatto su pelle e capelli. Stiamo parlando del calcare, un problema molto diffuso sul territorio italiano con eccessi in ben 883 i Comuni nell’acqua ad uso domestico. A tracciare il quadro è Culligan, azienda nel settore del trattamento dell’acqua, che ha fatto stilare a Nomisma una particolare classifica. Tra le grandi città, che si trovano ‘in casa’ a dover fare i conti con la problematica dell’acqua molto dura, spiccano Roma e Bologna. Leggermente migliore la situazione a Milano, Torino, Bari e Firenze che presentano un’acqua ‘discretamente dura’.
Ma cosa significa ‘acqua dura’? La durezza indica la presenza di calcare e si misura in gradi francesi: la normativa definisce un intervallo che va dai 15 ai 50°F, sopra i 15° F un’acqua viene definita dura. Sul podio della classifica degli 883 Comuni in cui l’acqua è molto dura, svettano San Gimignano (SI) con 76°, Fiano Romano con 65,97° e Nola (NA) con 60°. Chiunque può verificare i parametri del proprio Comune attraverso il primo aggregatore nazionale di analisi dell’acqua potabile in Italia disponibile sul sito di Culligan.
Il calcare, spiega all’Adnkronos, Claudio De Marco, Household Sales Director Culligan, “è una problematica abbastanza diffusa sul territorio italiano ma poco conosciuta. Spesso quando si parla di problemi legati all’acqua ci si focalizza su quella da bere, ovvero l’acqua al punto d’uso. In realtà sarebbe opportuno partire dal trattamento dell’acqua a monte dell’impianto idrico. Un’acqua utilizzata ad uso domestico (elettrodomestici, caldaie, impianti, doccia, ecc.) e interessata dal problema del calcare”.
Una voce non indifferente per il bilancio famigliare che inevitabilmente può assumere un certo peso sia in termini di manutenzione e durata degli apparecchi elettrodomestici (che il calcare può danneggiare), sia in termini di dispendio energetico e di maggior consumo di prodotti detergenti. L’impatto sull’efficientamento energetico parla chiaro: “per ogni millimetro di calcare che si deposita sulle serpentine abbiamo un incremento del consumo energetico del 18%”.
Come porre rimedio. La soluzione è l’installazione di un addolcitore domestico che, spiega De Marco, “deve essere posizionato all’ingresso dell’acqua e che ci permette di trasformare il calcio in sodio”. Ma prima bisogna tarare bene l’intervento. “A casa del consumatore la prima cosa da fare è quantificare il consumo di acqua e quanti sono i gradi francesi in modo da dimensionare l’addolcitore al fabbisogno familiare”.
Il costo varia dai 2mila ai 3 mila euro ed è qui che il Superbonus 110% diventa un alleato: tra gli interventi previsti dal Legislatore, infatti, contestualmente alla sostituzione di un impianto di generazione di calore, rientra l’installazione di un addolcitore di acqua. In alternativa, dove c’è una modifica strutturale dell’impianto idraulico-idrico, può sempre rientrare nella detrazione del 55%.
Un accorgimento che, tra i vari vantaggi, consentirebbe di beneficiare di notevoli risparmi in bolletta. Secondo l’Istat, infatti, una famiglia media di 3 persone spende in un anno un totale di circa 3.300 euro tra acquisto di detergenti casa e corpo (50%), bollette energetiche (5%) e costi di manutenzione straordinaria (10%). La presenza di un addolcitore assicura un risparmio economico, sempre per una famiglia media di 3 persone, che può arrivare fino a 500 euro all’anno.
“La proroga del Superbonus 110% è un’occasione molto importante per pianificare un futuro più sostenibile tra le mura delle nostre abitazioni” commenta De Marco che aggiunge: il tema del calcare “non è da sottovalutare, sono sufficienti davvero pochi accorgimenti per un’acqua a calcare zero”.