“La prima considerazione è che gli incendi che stanno devastando, non solo in Italia, larghe zone verdi del Pianeta sono dovuti all’azione congiunta dell’effetto del cambiamento climatico e purtroppo ai fenomeni antropici quindi quello che dipende dall’essere umano”. Così il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, nell’informativa in aula alla Camera sugli incendi che hanno colpito diverse zone del Paese.
“Quello che è molto preoccupante è che purtroppo il cambiamento climatico incide per una piccola percentuale sulla frequenza di questi incendi”, dice Cingolani, sottolineando che “dobbiamo essere coscienti che se siamo più vulnerabili di quanto non fossimo in passato dopo c’è un problema di manutenzione dei territori e di civiltà”.
“Il cambiamento climatico – spiega – è responsabile della diminuzione dell’umidità media del terreno, a questo si sommano venti ad alta temperatura piuttosto secchi che spesso fanno movimenti ascensionali per cui l’oggetto che sta bruciando viene portato più in quota e può viaggiare all’altezza delle chiome degli alberi e provocare a sua volta l’incendio. Quindi c’è una combinazione di essiccamento del terreno e di queste correnti ascensionali calde che possono trasportare scintille”.
“Tutto questo però è abbastanza marginale – chiarisce – L’incendio non si appicca da solo. L’effetto antropico si misura in diverse componenti: avendo foreste e boschi meno resilienti e l’allungamento delle stagioni, diventa più importante la mancanza di cura del territorio e della vegetazione”.
Citando il dossier di Legambiente, il ministro ricostruisce la principali cause degli incendi: “Noi abbiamo il 57,4% degli incendi che sono dolosi, in cui si vedono i punti di innesco, un 13,7% che è non intenzionale, colposo, è mancanza di cultura: oltre il 70% quindi è responsabilità nostra e va ad incidere su un sistema che da un punto di vista dell’umidità e della cura del territorio è predisposto per incendiarsi molto rapidamente. Meno del 2% è di origine naturale, un 4,4% è considerato indeterminato, rimane un 22% non classificabile”.