La possibilità che Unicredit possa comprare Mps e risolvere un problema al Tesoro si è fatta più concreta dopo le dimissioni dell’amministratore delegato Jean Pierre Mustier, ma il percorso non è così in discesa come si potrebbe pensare.
“Possono anche trovare un manager che porti a termine un accordo, ma poi ci vuole un’assemblea straordinaria che lo voti”, argomenta all’Adnkronos un analista finanziario che preferisce mantenere l’anonimato.
Unicredit è una grande banca internazionale, quotata, con un azionariato diffuso, che non prende ordini da nessuno, tantomeno dallo Stato, se si tratta di approvare operazioni che minerebbero la sua stabilità finanziaria. Di conseguenza, se un accordo ci sarà, dovrà essere a impatto zero per l’istituto e garantire, in qualche modo, un affare.
Secondo Equita, ad esempio, per essere neutrale sotto il profilo del rischio e del capitale, servirebbe una manovra da almeno 5 miliardi di euro. Di questi – e c’è un emendamento ad hoc alla legge di Bilancio – la metà andrebbero riconosciuti come crediti fiscali per le imposte differite. L’altra metà, e quindi circa 2,5 miliardi, arriverebbero con un aumento di capitale di Mps, che sottoscriverebbe il Ministero dell’Economia.
Un aspetto, questo, definito “difficilmente realizzabile sotto il profilo politico”. Dopo la fusione, il Mef potrebbe avere l’11% del capitale della nuova entità bancaria, divenendone il principale azionista. Un’ipotesi quantomeno di dubbia opportunità per la seconda banca del Paese.
Il risvolto positivo di un’operazione di Unicredit sul Monte dei Paschi sarebbe il suo aspetto sistemico e il giovamento che ne ricaverebbe tutto il settore bancario. Non a caso, Fidentiis ritiene che il potenziale deal sarebbe una buona notizia soprattutto per Banco Bpm e Bper, perché toglierebbe dal tavolo un acquirente come il Banco e favorirebbe l’alleanza tra i due istituti.
Un’accelerazione del dossier Mps-Unicredit, però, non sarebbe realistica. Intanto, perché Mustier resterà ancora fino ad aprile. Poi, anche il suo successore dovrà avere tutto il tempo a disposizione per trattare un’acquisizione del genere, che avrà conseguenze inevitabili per i dipendenti, soprattutto a Siena.
Questo “limbo” in cui sarà costretta la banca per diversi mesi non sarà ottimale per le quotazioni della banca, che in due sedute ha già perso il 13% e 2,5 miliardi di capitalizzazione.
Dal punto di vista strategico, si fa notare in ambienti finanziari, dopo le cessioni dei ‘gioielli di famiglia’, da Pioneer a Bank Pekao, Unicredit è diventata soprattutto una banca commerciale concentrata su un business tradizionale, che non valorizza appieno la sua redditività. Con Mps acquisirebbe soprattutto sportelli in centro Italia, rafforzando un ramo del business che il Covid19 sta facendo incespicare.
Lo scenario peggiore è quello suggerito dagli analisti di Mediobanca, che temono che il vuoto di leadership, la valutazione a sconto e i fondamentali solidi possano indurre qualche banca in Europa a giocare in attacco per prenderne il controllo. Per esempio, “banche francesi che vogliono fare il loro ingresso in Germania”.
(di Vittoria Vimercati)