“Ci vuole strategia, una chiara politica industriale per questo paese e un piano di sviluppo e di riforma della pubblica amministrazione”. A dirlo Giovanni Fiori, economista e docente Luiss, in occasione di #UNLOCK_IT, seconda edizione di SUDeFUTURI, organizzato dalla Fondazione Magna Grecia, che si tiene da oggi all’11 dicembre in diretta streaming dal Palazzo dell’Informazione di AdnKronos, in piazza Mastai a Roma. “Voglio ricordare – spiega – che il divario Nord-Sud è calato dal dopoguerra fino ai primi anni ’90 e poi è ricresciuto ed ora è quasi ai massimi storici per un motivo molto semplice: dalla fine degli anni ’80 e primi ’90 in questo paese si è smesso di fare politica industriale. Nessuno fa più politica industriale. E’ l’unico paese industrializzato e grande che ha smesso di fare politica industriale pensando di delegare tutto al mercato, il libero mercato deve coesistere con la politica industriale e una strategia”.
“Ho fatto un intervento – ricorda Fiori – in una trasmissione televisiva anni fa in cui dicevo che se non aboliamo le Regioni difficilmente questo nostro paese riuscirà a recuperare una politica industriale decente. Poi basta guardare i grafici della spesa pubblica italiana, che hanno due impennate negli ultimi settanta anni: la prima dopo gli anni ’70, quando vennero introdotte le Regioni, e la seconda nel 2001, quando venne introdotto il nefasto Titolo V”.
Per l’economista, “dobbiamo recuperare una progettualità e una politica industriale perché ho letto le pagine del recovery fund e francamente fatico a vedere un disegno di politica industriale coerente”. “Sono d’accordo con Versace – prosegue – quando dice che i soldi ci sono ma ci vuole un disegno. Dobbiamo fare delle cose molto urgenti: alcune sono quelle che ricordavano Bernabò Bocca e la Lalli, cioè delle cose di breve periodo per ristorare tutti i settori più colpiti, perché dobbiamo pensare al fatto che è vero che è stata colpita tutta l’economia, ma ci sono dei settori molto più colpiti rispetto ad altri. Quindi, come hanno fatto altri paesi europei, i ristori e i contributi devono essere concentrati su quei settori più colpiti e che riteniamo strategici”.
“E’ evidente – sostiene – che parliamo del turismo e della cultura, sono strategici perché il nostro paese chiaramente conta su questi per il futuro. E poi bisogna spendere questi soldi per colmare quei gap che abbiamo accumulato in questi trenta-quaranta anni. Bisogna spenderli, intanto, per sistemare le infrastrutture del paese: in Italia, per fare un esempio, la velocità media del traffico ferroviario merci è 3,5 km orari. Siamo l’unico paese che ha una normativa penalizzate. E abbiamo un sistema di logistica esattamente conseguente alla mancanza di strategica e questo penalizza tutto il settore delle imprese industriali. Manca una progettualità per il turismo. Chi vuole investire nel turismo o ha dei legami con i soggetti locali oppure ci mette sette anni”.
“Sono stato – continua – commissario in un’azienda a Catania, avevamo uno stabilimento dismesso ed è venuto il signor Ikea per fare il primo stabilimento Ikea in Sicilia e ci ha messo dodici anni. Allora cosa dobbiamo fare? Investire per colmare il gap della produttività, ma il vero lavoro che va fatto è la riforma della Pubblica amministrazione e questo non vuol dire solo togliere la burocrazia, che purtroppo non sarà eliminata facilmente, ma bisogna investire nella formazione”.
“All’estero – dice – i migliori laureati delle migliori università francesi, tedesche o inglesi, non vedono l’ora di essere assunti dalla pubblica amministrazione. Insegno alla Luiss, ma alla Luiss se dite ai migliori laureati di provare a lavorare nella pubblica amministrazione, vi ridono dietro. E quindi alla fine la pubblica amministrazione ha un’età media che è di cinquant’anni, non c’è un ricambio generazionale né visione strategica e se vogliamo fare un investimento sul futuro non possiamo prescindere da questo, perché se non cambiamo la pubblica amministrazione tutti questi nodi che sono stati descritti a vario titolo e con diversi accenti in questa tavola rotonda, non li risolviamo. Dobbiamo spiegare ai cittadini che serve una strategia di sviluppo per questo paese, e cambiare la pubblica amministrazione”.