Dallo smart working alla digitalizzazione dei processi, mettendo al centro la persona e facendo leva sulla formazione, con lo sguardo rivolto al futuro. In prima linea i direttori Hr, che hanno raccontato esperienze e sfide imposte dalla pandemia alla 12ma edizione del Forum Risorse Umane. A confrontarsi nella seconda parte della plenaria che ha aperto i lavori, moderata da Renato Geremicca, founder e Art Director Laboratorio Creativo GereBros, dirigenti di aziende pubbliche e private.
“Noi italiani, quando siamo con l’acqua alla gola, ci ricordiamo che le cose le sappiamo fare e le facciamo”, ha detto Dario D’Odorico, senior director di Italy Indeed. “I candidati erano già on line, ma le aziende no. Ora la crisi ci ha messo tutti allo stesso livello, siamo pariti e siamo anche più veloci di altri paesi”, ha assicurato.
“I candidati di oggi – ha spiegato – cercano aziende che hanno una missione e guardano se rispecchia quello che loro vogliono fare. Non solo: le persone che si trovano bene nell’ambito lavorativo sono più produttive dell’80%. Questo oggi vuol dire trovarsi ovunque, senza avere un luogo fisico preciso, a fare quello che sai fare meglio”.
A portare l’esperienza nel settore pubblico è stato Giuseppe Conte, direttore centrale Formazione e Sviluppo Risorse Umane dell’Inps: “L’Inps possiamo dire che conosca lo smart working fin dagli anni ’80, quando gli ispettori si muovevano già dotati di un pc portatile. A marzo, quando è scoppiata la pandemia, grazie alla capacità tecnologica, è stato possibile passare in smart working proprio perché nella Pa siamo stati pionieri, la crisi ci ha obbligato a un passaggio che già era nelle potenzialità dell’Istituto, ma prima c’era la paura di fare quel salto che poi è stato obbligato: siamo passati così dal 9 all’82% di smart working”.
“Per adattarsi allo shock – ha proseguito – abbiamo sperimentato l’importanza delle competenze trasversali. C’era l’esigenza di cambiare in due settimane il modo di lavorare, e l’Inps non può fermarsi”.
“La sfida – ha sottolineato – è di far crescere le competenze della persona, non solo quelle tecniche ma soprattutto quelle trasversali, e poi lo sviluppo tecnologico”.
Anche per Zurich Insurance Group lo smart working era già realtà, come ha detto Federica Troya, Head of HR & Services Zurich Italia: “Lo abbiamo introdotto 5 anni fa, quindi avevamo già gli strumenti per reagire alla crisi. Avevamo già introdotto il concetto di ‘smart office’, ossia la possibilità di scegliere dove lavorare, sia in ufficio sia al di fuori degli spazi aziendali. Quindi, abbiamo valutato velocemente la situazione e preso decisioni reagendo subito”.
“Quello che è importante – ha spiegato – è il mindset: cerchiamo di ispirare il cambiamento in modo concreto, e nel pensare all’oggi abbiamo messo il benessere delle persone al centro fornendo ciò che serve ogni giorno, mettendo in prima fila i manager, scavalcando i modelli gerarchici e spingendo la cosiddetta accountability, con un principio di forte caring. Cura della persona vuol dire che come si fa è più importante di cosa si fa”.
“In una situazione a distanza – ha aggiunto – l’unico modo per restare in relazione con gli altri è restare in contatto, quindi, fare domande, ascoltare, creando momenti di confronto”.
Per Gianluigi Vignoli, direttore Sviluppo Organizzazione e Competenze Cpl Concordia, “l’aspettativa dei giovani talenti è quella di una partecipazione nella comunicazione digitale, come fossimo dal vivo”.
“Per questo è importante – ha rimarcato – aiutare le aziende a sviluppare meccanismi di coinvolgimento per creare quell’emotività che abbiamo perso a causa della distanza, che preferisco definire ‘sanitaria’ e non ‘sociale'”.
“I giovani – ha osservato – cercano un brand, una visione internazionale, un ambiente informale; accettano gerarchie organizzative ma non gerarchie di idee”. E per il futuro, ha aggiunto, “occorre passare allo smart working come attività ordinaria e non straordinaria e per questo è importante anche lo sviluppo delle soft skill”.
Come ha affermato Guido Stratta, People and Organization director Gruppo Enel e founder ‘il mare in tasca’, “il risultato da solo non interesserà più, occorre liberarsi dalle ansie della prestazione, essere spontanei per abbattere le frontiere, liberare le emozioni dopo questo periodo che a sua volta ci ha liberato dalla iperattività e fatto riscoprire cosa conta davvero”.
“Le vere energie rinnovabili – ha detto – le abbiamo nelle nostre persone, che sono state in grado di rispondere ai bisogni aziendali. Nel post pandemia diremo ‘bye bye’ alle gerarchie, che saranno emotive e non di potere. Perché la ricetta è la partecipazione: le persone messe in condizione di contribuire, senza barriere, liberando il canale dell’ascolto spontaneo”.
“Dunque, viaggiare nel qui e ora, sapendo che il futuro non è prevedibile. L’unica cosa prevedibile è la nostra capacità di reagire al cambiamento. Servirà un’economia della cura, la capacità di gestire le relazioni, di estrarre il meglio dalle persone per farle sentire felici di lavorare con gli altri”, ha concluso.