Dopo il divieto imposto dall’ultimo Dpcm alle strutture commerciali e alle attività di intrattenimento, il settore della sicurezza privata ha accusato un colpo che rischia di avere, in tempi brevi, una grave ricaduta ai danni delle aziende e dei livelli occupazionali. Il contesto nel quale operano le aziende specializzate nel fornire i servizi di controllo è diventato molto problematico anche a causa della mancanza di azioni di sostegno dirette e di un problema tecnico relativo alla classificazione dei codici Ateco delle attività imprenditoriali che può pregiudicare a priori l’accesso ai contributi. E’ l’allarme che lancia Federpol.  

“Siamo l’associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale della categoria professionale degli investigatori privati, degli informatori commerciali e degli operatori della sicurezza -dichiara il presidente di Federpol, Luciano Tommaso Ponzi che ha scritto al premier Giuseppe Conte ed al ministro dell’Interno e dell’Economia- è nostro compito rappresentare il notevole disagio che gli associati stanno vivendo in questo periodo, oltre a quello, ovviamente, di tutti gli italiani costretti a subire forti restrizioni nell’espletamento delle proprie attività di impresa a fronte delle vicende tristi dell’emergenza sanitaria”.  

“Non mi posso esimere dall’esporre il problema, altrettanto grave in termini economici, della categoria che rappresento”, prosegue Ponzi. “La questione, andando subito al ‘punctum dolens’, è la mancata collocazione e valutazione in termini di aiuti diretti da parte del governo e dei ministeri dell’Interno e dell’Economia alle aziende ed agli operatori di sicurezza che lavorano in stretto contatto con le strutture commerciali e di spettacolo che sono oggetto oggi dei divieti di apertura al pubblico, come locali notturni, discoteche, teatri, cinema e qualsivoglia attività di intrattenimento”.  

“Una parte delle società della categoria professionale degli investigatori privati -sottolinea il presidente di Federpol- è autorizzata a fornire il personale addetto ai servizi di controllo nelle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi, anche a tutela dell’incolumità dei presenti. Con la chiusura delle attività correlate, questi lavoratori sono fermi da marzo, senza poter espletare altre attività o mansioni. Si tratta di un settore che al suo interno conta ben 8.000 addetti”.  

“Chiediamo al presidente del Consiglio Giuseppe Conte di attivarsi affinché siano risolte al più presto alcune criticità. La prima riguarda la possibilità di accedere alle azioni di sostegno previste dal governo e interessa direttamente la classificazione relativa al codice Ateco”, spiega Ponzi.  

“La supposta previsione che si proceda, per l’ennesima volta, comunicando all’Agenzia delle Entrate i codici Ateco delle imprese coinvolte nelle recenti chiusure anticipate e maggiormente colpite, potrebbe ‘erroneamente’ escludere le aziende facenti parte della categoria che Federpol rappresenta da eventuali contributi. Infatti le stesse permangono tutte sotto un unico codice Ateco, l’80.3, pur avendo sei differenti ambiti di indagine previsti nel D.m. 269 del 2010, tra i quali quello degli addetti ai servizi di controllo, ribadisco fermi da marzo”. 

“Per correggere questo evidente deficit la Federpol ha provveduto a fare istanza presso il comitato di revisione della classificazione delle attività economiche all’Istat, perché vengano create le sottocategorie che individuano gli effettivi ambiti di operatività che sono molto differenti l’uno dall’altro e che differenziano l’attività di ogni operatore ed i relativi rischi lavorativi”, spiega ancora Ponzi.  

Il presidente di Federpol, nella lettera inviata al capo dell’esecutivo, rinnova la disponibilità “di una categoria altamente professionalizzata a collaborare con il governo e la pubblica amministrazione, espletando servizi quali il tracciamento delle persone potenzialmente contagiate venute a contatto con i soggetti risultati positivi, il rispetto del distanziamento sociale nelle attività commerciali, dalle strutture della grande distribuzione ai trasporti pubblici, evitando l’assunzione di personale ad hoc senza alcuna formazione e preparazione”.