Si rompe il tavolo di trattativa tra Federmeccanica e Fim Fiom Uilm sul rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Un epilogo quasi scontato alla luce delle profonde differenze sul rinnovo ma soprattutto sugli incrementi salariali da erogare ai lavoratori che avevano già scavato un solco profondo tra imprenditori e sindacati ben prima del round di oggi. Alla richiesta di aumenti in busta paga che andassero al di sopra del semplice recupero dell’inflazione (poca) ribadita nel corso del negoziato da Fim Fiom e Uilm, infatti, Federmeccanica ha opposto un secco no riproponendo la sua filosofia per cui di aumenti si può parlare solo se legati alla produttività perché la ricchezza, dice, va distribuita solo dopo che è stata prodotta.  

Una risposta che ha scatenato le ire dei sindacati che, dopo 13 incontri e 11 mesi di negoziato, hanno deciso quindi per la proclamazione dello stato di agitazione e il blocco delle flessibilità e degli straordinari che in sé non equivalgono ad uno sciopero ma ci vanno davvero vicini. A questo punto Federmeccanica ha fermato le macchine: “siamo pronti, nonostante le divergenze che sono ampie, a proseguire il dialogo con i sindacati ma non con uno stato di agitazione in corso. Nel momento in cui si annuncia il blocco delle flessibilità c’è di fatto un atto diretto che ferma inevitabilmente il confronto”, dice Stefano Franchi direttore generale di Federmeccanica prima di stoppare gli incontri previsti per domani , il 14 ed il 15, aggiornandoli a data da destinarsi. 

Ora toccherà alla diplomazia ricucire lo strappo. Non sarà facile, La situazione di crisi economica è pesante sia per i lavoratori che per le aziende e rende il dialogo complicato. Ma in tanto la rottura del confronto ha già dato il via ai primi scioperi spontanei in Piemonte: tra le aziende coinvolte Dana Graziano, U-Shin, Valeo Service, Valeo Isc, Tubiflex, Avio Cost, Sogefi mentre ulterioti scioperi sono annunciati per domani in altre aziende tra cui Comec, Ma Chivasso, Baomarc, Idrosapiens, Valeo Pianezza, Perardi Gresino, Cellino di Grugliasco e di Bruino.  

La proposta di Federmeccanica d’altra parte “è irricevibile”, commenta il leader Uilm Rocco Palombella che quantifica in 40 euro in 3 anni di vigenza contrattuale l’aumento consentito se si legassero i salari solo al recupero dell’inflazione. “Quella degli imprenditori è una posizione suicida. Non accetteremo mai che per l’ennesima volta a pagare la crisi siano i lavoratori”, ribadisce passando la palla ora alle assemblee informative in tutte le fabbriche “per scegliere la forma di lotta e mobilitazione da mettere in campo e far cambiare idea a Federmeccanica e Assistal”.  

Niente contratto senza aumenti salariali oltre l’inflazione, ribadisce anche il leader Fiom, Francesca Re David. “Federmeccanica da novembre scorso a oggi non ha mai cambiato idea sul salario E non c’entra la crisi legata alla pandemia Covid-19. Tutto questo è inaccettabile”, aggiunge convocando per domani il Comitato centrale della Fiom. “E’ il momento che i lavoratori prendano in mano il loro contratto per far sentire alle imprese il valore e il significato dei metalmeccanici in questo paese”, conclude. 

Anche per la Fim la situazione è difficile: “‘ è grave che Federmeccanica abbia oggi chiuso a ipotesi di una vera trattativa in tema di aumenti salariali ma soprattutto, abbia pretestuosamente vanificato il negoziato in corso e lo stop dimostra tutta la debolezza e incertezza delle imprese sul rinnovo”, commenta il leader, Roberto Benaglia Q”deluso” dal negoziato. “La situazione economica post-Covid non è, e non può essere un alibi per non rinnovare un contratto”, conclude. 

Accuse che Federmeccanica rispedisce al mittente: “i bilanci si fanno alla fine. Certo ci aspettavamo posizioni diverse e distanze profonde ma pensavamo che si potesse trarre un giudizio al termine della trattativa perché il salario è solo una delle componenti del contatto”, spiega Franchi rilanciando la responsabilita della rottura sui sindacati. “Fino a che non hai chiuso un percorso non puoi proclamare lo stato di agitazione. Evidentemente i sindacati avevano già elaborato una valutazione finale”, prosegue. 

“Sul salario – spiega – abbiamo mantenuto sempre la stessa coerenza di fondo; come nel 2016 anche oggi in presenza di una crisi ben più grave il contratto assicura garanzie importanti come quelle per cui i minimi sono legati al solo recupero dell’inflazione,e dunque del costo della vita. Ma abbiamo dato anche ampia disponibilità ad estendere il premio di risultato per portare l’attuale 70% di lavoratori coperti dal Pdr al 100%. Per noi è importante infatti – conclude- distribuire la ricchezza dove è stata prodotta”.