L’inquinamento dell’aria potrebbe influire, sì, sul tasso di incidenza del coronavirus nella popolazione, ma in maniera più complessa di quello che si può pensare. Per sintetizzare questa complessità, che è allo studio, non sarebbe il Pm2,5 ad avere un ruolo diretto nella correlazione, ma la reazione che a questo inquinante hanno gli organismi delle persone più esposte al particolato. Una reazione che ha il nome di una proteina, il recettore Ace2, che vuole proteggerci dal Pm2,5 ma potrebbe invece diventare il ‘cavallo di Troia’ del virus.  

E’ uno degli aspetti che emergono dallo studio presentato oggi da Mauro Minelli, specialista in Immunologia clinica e Allergologia, docente di Igiene generale e applicata all’UniPegaso e referente per il Sud Italia della Fondazione medicina personalizzata. “Pensare a un inquinamento generico che possa essere l’elemento critico che ‘esplode’ la Covid non è corretto, non c’è un’azione diretta dell’inquinante che agevola il virus ad entrare nelle vie respiratorie, il meccanismo è biochimico e recettoriale – spiega Minelli – la popolazione più esposta a un determinato inquinante, che è il Pm2,5, si protegge producendo il recettore di difesa Ace2″ che poi però diventa il ‘cavallo di troia del virus. Poi interviene anche la valutazione genetica che espone i soggetti a rischi maggiori o minori”. 

Il rapporto tra Covid-19, ambiente e inquinamento è stato al centro del nuovo appuntamento online promosso dal professor Mauro Minelli. Al centro del dibattito, la correlazione tra il particolato atmosferico Pm 2,5, e l’incidenza di Covid. Stando ai dati presentati, il legame sembra essere legato a peculiari dinamiche biochimiche che consentono al coronavirus di essere molto più aggressivo proprio verso soggetti più cronicamente esposti al Pm 2,5.  

In particolare, è stato esaminato il caso della Puglia e di Taranto, una delle città più inquinate d’Europa che però dal 2011 ha ridotto l’emissione del Pm 2.5 (dati ufficiali Arpa Puglia) – anche se poi ha prodotto enormi quantità di altri inquinanti non così correlati al coronavirus. Ma di fatto, risulta essere la provincia della regione con il più basso tasso di incidenza di del virus sulla popolazione: 0,04% (dati del Dipartimento della Protezione Civile aggiornati al 18/4/2020), mentre Lecce si attesta sullo 0,05%, Bari 0,08%. Brindisi 0,11% e Foggia 0,13%.  

Analizzando il trend temporale dei livelli medi di Pm 2,5 rilevati nelle province della Puglia nel corso di diversi anni e confrontandolo con i casi di Covid-19, è emersa una correlazione che evidenzia il ruolo di queste polveri sottili e che potrebbe portare alla proteina Ace2. “Una variabile possibile da tenere in considerazione, che i decisori dovrebbero tenere presente”, suggerisce Minelli.