Whirlpool, il gruppo lascia Napoli. Il governo studia piano B con Htl Fitting e Adler

Whirlpool non ci ripensa e ribadisce che dal 31 ottobre lascerà il sito di via Argine a Napoli; resta incerto dunque il futuro dei 420 lavoratori campani. Troppo pesanti i numeri e i dati economici pre e post Covid, dice la multinazionale, per pensare di lasciar sopravvivere lo stabilimento campano. Una scelta ‘annunciata’ che non spiazza il governo, da settimane al lavoro alla ricerca di alternative possibili. E tra le proposte vagliate da Invitalia, metà delle quali non avevano trovato già da subito alcun seguito, due sembrano aver preso quota, quella di Htl Fitting e quella presentata dalla Adler Group.  

Per entrambi il settore è quello dell’automotive e la proposta, unita a quella di un probabile terzo soggetto ma al momento sconosciuto, porterebbe all’assorbimento di personale pari a circa 270/280 lavoratori su 420 ma al lordo di quanti raccoglieranno l’incentivo aziendale che la multinazionale ha messo sul tavolo per alleggerire l’occupazione.  

Progetti questi su cui il ministro dello sviluppo Stefano Patuanelli sembra puntare con sufficiente sicurezza nonostante continui a guardare ad un possibile piano A, e cioè al fatto che Whirlpool possa restare a Napoli. “Stiamo parlando di alternative di aziende di eccellenza, HTL e Adler, e non di imprenditori improvvisati come già successo in progetti di reindustrializzazione del passato”, assicura. “Soggetti solidi e riconosciuti e che rappresentano l’alternativa che stiamo approntando. Stiamo facendo il massimo, di più non possiamo fare. D’altra parte abbiamo messo a disposizione di Whirlpool tanti strumenti per superare la crisi produttiva e non far chiudere Napoli”, dice perché, ripete citando il piano “A”, “per noi la strada maestra è che Whirlpool rimanga a Napoli”.  

Ma la multinazionale guarda avanti e dice di nuovo ‘no grazie’, anche alla possibilità offerta dal ministro del Sud, Giuseppe Provenzano, di ricalcolare l’impatto del sito di Napoli alla luce di quella fiscalità di vantaggio che il governo sarebbe pronto a normare per il Sud e con cui assicurare uno sconto del 30% del costo del lavoro alle aziende.  

“Sul sito di Napoli abbiamo investito 100 milioni di euro negli ultimi 10 anni ma purtroppo non ci sono più le condizioni di sostenibilità economica”, spiega il vicepresidente Whirlpool Emea, Luigi La Morgia che però conferma il piano industriale 2019-2021 valido per tutti gli altri siti italiani: 250 milioni gli investimenti previsti per l’Italia, di cui 90 milioni già investiti, entro il 2020 ne saranno investiti altri 70 e il resto nel 2021. Un piano che comunque il governo ha chiesto alla multinazionale di ripresentare perché, come spiegato da Patuanelli, prevede “limitazioni eccessive rispetto all’effetto Covid e soprattutto cancella una parte importante del piano industriale”.  

Ma i sindacati, alternative a parte, sono inferociti: temono la riedizione di altri ‘salvataggi’ finiti male e chiedono non solo lo stop ai licenziamenti – in linea con quanto il governo sta studiando nel Dl agosto – ma anche che Palazzo Chigi scenda in campo. “La vertenza deve tornare all’attenzione del premier Conte perché è evidente, dagli interventi di oggi dei Ministri al tavolo, che ci sono opinioni diverse all’interno del Governo”, denuncia Barbara Tibaldi, segretaria nazionale Fiom.  

Il governo, incalza la Fiom, “deve essere garante del rispetto dell’accordo del 2018 con il mantenimento della produzione di lavatrici a Napoli. Sono state messe a disposizione circa 100 milioni di euro di risorse pubbliche che vanno vincolate al rispetto di quel piano. Gli ammortizzatori sociali non sono un fatto tecnico ma vanno modulati sulla base del piano industriale”. E non si rassegna neppure la Uilm che per bocca del segretario nazionale Gianluca Ficco chiede “al governo di sciogliere l’ambiguità. L’accordo che Whirlpool sta violando è stato siglato a ottobre 2018 presso il ministero dello Sviluppo economico e almeno questo dovrebbe indurre il governo a schierarsi con i lavoratori e a chiedere alla multinazionale il rispetto degli impegni assunti. Invece cogliamo segnali molto ambigui e quindi chiederemo alla Presidenza del Consiglio di riconvocare convocare il tavolo”. Anche l’Ugl parla di “atteggiamento della azienda inqualificabile”: “La crisi produttiva irreversibile di Napoli lamentata ancora una volta dall’azienda è stata soltanto un pretesto per giustificare questo abbandono. Ora occorre dare opportunità a nuove aziende purché abbiano obiettivi seri”, conclude il segretario generale Uglm Antonio Spera.