(di Andreana d’Aquino)- La ripresa economica dell’Europa – e quindi anche dell’Italia – è strettamente collegata “alle competenze dei suoi manager”. Ed è alle loro capacità che è affidato il compito di ridisegnare l’Ue e il nostro Paese in vista del progetto Next Generation dell’Ue che pesa, al suo esordio, 750 miliardi di euro. L’obiettivo dell’Unione è infatti mobilitare, a regime, almeno 1,85 trilioni di euro intervenendo principalmente su 14 ecosistemi produttivi, insomma gli skills manageriali diventano strategici. Eppure, dal 2005 al 2019, mentre in Europa l’occupazione totale è aumentata del 9%, la popolazione manageriale si è ridotta del 20%, passando dall’8% al 6% attuale della popolazione occupata, pari a 13,5 milioni.
E, stando ai dati della ricerca sulla managerialità in Europa dell’Osservatorio 4.Manager, quello dei manager è un patrimonio di competenze penalizzato anche sotto il profilo del gender gap. Lo scenario presentato al webinar di 4.Manager – in collaborazione con la Delegazione di Confindustria presso l’Unione europea e Federmanager -mostra infatti che fra i manger le donne sono appena il 35% del totale in Europa e in Italia appena 27,5%. Inoltre, sotto il profilo retributivo, la ricerca evidenzia che in Europa le donne manager guadagnano in media il 30% in meno rispetto ai loro colleghi maschi, retribuzione che in Italia diventa il 36% in meno.
“La ripresa economica dell’Europa dipenderà anche dalla capacità e dalla volontà di investire sulle competenze. Con questo progetto abbiamo voluto dare un segnale concreto dell’importanza di coinvolgere in questo percorso anche i manager” ha scandito Matteo Borsani, Direttore della delegazione di Confindustria presso l’Ue. E’ ancora all’orizzonte ma il progetto Next Generation dell’Ue – è stato sottolineato nel corso del webinar di 4Manager, Delegazione di Confindustria presso l’Ue e Federmanager – “rappresenta una strategia così ambiziosa, la cui efficacia dipenderà molto dalla capacità delle singole nazioni di riformare i propri apparati burocratici e fiscali, di risolvere i limiti strutturali e di rilanciare gli investimenti verso le infrastrutture, l’economia reale e, soprattutto, le competenze manageriali”.
L’emorragia economica prodotta dal nuovo coronavirus dovrà essere arginata, un obiettivo perseguibile lavorando con competenza sulle policy industriali e sociali dell’Unione. Nella sola Italia, secondo il Cerved Industry Forecast pubblicato a maggio scorso, a seguito della crisi le imprese potrebbero perdere tra 509 e 671 miliardi di fatturato nel biennio 2020-2021. “Il mercato del lavoro” è senza dubbio l’ambito economico che la crisi innescata dal Covid-19 “colpirà con più durezza”, tuttavia, il confronto realizzato al webinar ha indicato che “la pandemia ha innescato trasformazioni che potrebbero anche incrementare la domanda di professionalità con competenze elevate e innovative”.
In tale prospettiva, “un aspetto critico è rappresentato dagli skillgap del mercato del lavoro. Il disallineamento tra competenze offerte e richieste diventa ancora più evidente” anche considerando solo la trasformazione digitale, “ulteriormente accelerata dalla pandemia e che sta cambiando profondamente i modelli di business” di intere filiere. Milioni di imprese, in poche settimane, hanno infatti “radicalmente modificato i modelli organizzativi”, diversificato “prodotti e servizi offerti, “aperto o rafforzato” canali commerciali online, “esternalizzato interi processi produttivi” verso aree geografiche meno colpite dal virus, “modificato le catene di approvvigionamento, internalizzato lavorazioni” che venivano affidate all’esterno.
Nella discontinuità epocale determinata dal Covid, e più in generale in una fase storica caratterizzata dal susseguirsi di ‘cigni neri’ – si pensi alla Brexit – le competenze manageriali “assumono un’importanza fondamentale per garantire resilienza, reattività e capacità di cambiamento e in tale ottica, è stato evidenziato nel corso del brainstorming, “rappresentano una infrastruttura fondamentale” per la tenuta e lo sviluppo della produzione e dell’occupazione, per la competitività delle imprese sui rispettivi mercati e per la competitività internazionale dei Paesi. “Il management è infrastruttura, intangibile ma fondamentale , del sistema produttivo – ha detto Fulvio D’Alvia, Direttore Generale di 4.Manager – e la sua crescita va pianificata, necessita di politiche dedicate a livello europeo e nazionale”.
D’Alvia ha rimarcato come la crescita del management “abilita e accelera la crescita di tutto il capitale umano delle imprese, consente di stare al passo con l’accelerazione tecnologica – digitalizzazione, innovazione, Iot, smart working, e-commerce, economia circolare, learning agility Vs. obsolescenza delle competenze – e aiuta a colmare gli skill gap nel mercato del lavoro”. Secondo l’Osservatorio 4.Manager, “l’importanza della competenza manageriale quale fattore di competitività non sembra essere ancora sufficientemente considerata dalle istituzioni comunitarie che producono ‘visioni’ e politiche di lungo periodo – come la transizione energetica, il green deal e il gender equality – ma trascurano la promozione, lo sviluppo e la diffusione della managerializzazione a tutti i livelli”.
Che ci sia necessità di porre maggiore attenzione alle figure manageriali in Europa, sembra essere confermato anche dai dati sull’occupazione. Tra le esperienze più significative analizzate dallo studio, Francia e Italia esprimono best practice nella promozione della managerializzazione: la prima con Apec – Association Pour l’Emploi des Cadres – che promuove le competenze manageriali, la seconda con 4.Manager – ente bilaterale creato da Confindustria e Federmanager – che promuove competenze manageriali, gender equality e politiche attive del lavoro, con un focus particolare sulle Pmi, settore in cui i gap di managerializzazione sono evidenti soprattutto anche in Italia, sebbene le Pmi siano l’asse portante della nostra economia.
La ricerca ha registrato che le Pmi italiane brillano per capacità imprenditoriali ma diventano “vulnerabili nei momenti di forte discontinuità” e nei “passaggi generazionali” a causa di una insufficiente struttura manageriale. Sul mercato italiano delle competenze manageriali, l’Osservatorio 4.Manager ha stimato, infine, che quasi un terzo dei manager industriali è attualmente impiegato in filiere sulle quali il lockdown ha prodotto effetti significativi, severi o addirittura catastrofici e che nel 18% dei casi la crisi avrà un impatto negativo in termini occupazionali e remunerativi.