A maggio la produzione industriale è diminuita del 33,8% rispetto a maggio 2019, quindi leggermente un calo meno forte dopo il 44,3% rilevato ad aprile sui dodici mesi. In termini congiunturali, ovvero rispetto al mese precedente, si è avuto un rimbalzo del 31,4% in maggio, dopo una caduta del 24,2% in aprile. Gli ordini in volume sono diminuiti del 51,6% annuo in maggio (+12,3% sul mese precedente) e del 29,6% in aprile (-43,7% su marzo). E’ quanto rileva il Centro studi Confindustria nella indagine rapida sulla produzione industriale. “Nei due mesi di rilevazione, l’attività nell’industria ha mostrato, in termini congiunturali, una dinamica molto oscillante. – spiega il Csc – Alla caduta della produzione in aprile è infatti seguito un rimbalzo ‘tecnico’ in maggio, spiegato da un effetto base, dovuto ai livelli estremamente bassi raggiunti nel mese precedente. In aprile, infatti, i volumi di attività nell’industria erano circa la metà di quelli rilevati nella media del primo bimestre dell’anno”.”Con la riapertura di tutte le imprese industriali a inizio maggio e di quasi tutte quelle dei servizi nel corso dello stesso mese, – proseguono gli esperti di Confindustria – si è avuto un marginale aumento della domanda; in condizioni di bassi livelli di attività, anche minimi progressi dei volumi si traducono in significativi incrementi percentuali. Il dato di maggio, dunque, è viziato da questo effetto statistico e non deve essere interpretato come una robusta ripresa. Tutt’altro. La caduta di circa un terzo della produzione industriale rispetto a maggio 2019 offre la giusta chiave di lettura e mostra quanto siano ancora distanti da una situazione di ‘normalità’ le condizioni nelle quali opera l’industria italiana”.
Nei mesi primaverili, per il Pil e la produzione industriale sono attese diminuzioni più forti rispetto a quanto osservato nel primo trimestre, stima ancora il Centro Studi Confindustria. La variazione acquisita della produzione industriale nel secondo trimestre è di -27,7% sul primo, quando era diminuita dell’8,4% sul quarto 2019; se anche in giugno procedesse la lenta ripresa della domanda, nella media del secondo trimestre si avrebbe comunque una riduzione di oltre il 20% dell’attività, quasi tre volte la dinamica registrata a inizio anno. Questo calo comporterebbe un contributo negativo di circa 5 punti percentuali alla diminuzione del Pil nel secondo trimestre.
“Numerosi sono i fattori che continueranno a frenare la piena ripresa dei ritmi produttivi. Dal punto di vista della domanda, – osserva il Csc – si rileva una diminuzione dei consumi delle famiglie a causa dell’incertezza sui tempi di uscita dall’attuale emergenza sanitaria che ha portato a un aumento del risparmio precauzionale e al rinvio di acquisti ritenuti non essenziali; inoltre, anche le abitudini di spesa dei consumatori sono radicalmente cambiate e molto gradualmente torneranno a quelle precedenti, mentre le difficili condizioni del mercato del lavoro negli ultimi mesi (specie l’aumento esponenziale della Cig) hanno determinato la perdita di potere d’acquisto per milioni di lavoratori”.
“Dal punto di vista dell’offerta, l’attività delle imprese è frenata dai livelli elevati di scorte che devono essere smaltite prima che il ciclo produttivo possa tornare su ritmi normali; ciò si affianca al forte peggioramento delle attese degli imprenditori manifatturieri sulla domanda nei prossimi mesi (il saldo delle risposte è sceso a -76,1 in maggio da -13,5 in febbraio); queste due condizioni da sole determinano un avvitamento che frena l’attività e incide anche sulla programmazione degli investimenti. Molti imprenditori, inoltre, soffrono per la carenza di liquidità a causa del blocco normativo delle attività nei mesi scorsi”.
Inoltre, “la domanda estera attuale risulta ancora compromessa dalla diversa tempistica con la quale sono state introdotte le misure di contenimento del Covid-19 negli altri paesi. – osserva il Centro Studi Confindustria – Quella di breve periodo è sostenuta dagli ordini già in portafoglio prima dell’emergenza sanitaria, mentre il blocco delle attività commerciali estere delle imprese industriali nei mesi scorsi non ha consentito un adeguato rinnovamento del portafoglio ordini e ciò si ripercuoterà negativamente su produzione ed export dei mesi autunnali”.