(Adnkronos) – L’aumento dei contagi della variante Omicron rischia di oscurare nuovamente la possibilità di cura per i pazienti con altre patologie, proprio quando si stava attivando il recupero delle prestazioni saltate a causa delle ondate di Covid. In una circolare del 7 luglio 2022 – ricorda Tonino Aceti, presidente di Salutequità, in un editoriale pubblicato su ‘Alleati per la Salute’ (www.alleatiperlasalute.it ), portale dedicato all’informazione medico-scientifica, realizzato da Novartis – il ministero della Salute, in risposta all’impennata dei casi di positivi a Sars-CoV-2, ha invitato le Regioni ad ampliare “tempestivamente” i posti letto nei reparti e terapie intensive. Come per le precedenti ondate, dopo 2 anni di pandemia – evidenzia Aceti – la strategia proposta dal ministero in presenza di picchi epidemici è dare priorità ai pazienti con Covid, non richiamando però allo stesso modo (nella circolare) l’attenzione delle Regioni a non sospendere/rinviare le cure per tutte le altre malattie. In questo modo, per il presidente di Salutequità il rischio è quello di ripetere gli errori precedenti e cioè penalizzare la continuità assistenziale per tutti gli altri pazienti.
La circolare – analizza Aceti – è arrivata proprio mentre, a livello regionale, si stanno mettendo a terra i piani di recupero delle liste di attesa e l’uso del Fondo di 500 milioni stanziato nell’ultima legge di Bilancio per recuperare le cure mancate in oltre 2 anni di pandemia. Meno diagnosi, cure e interventi, a causa della mancanza di soluzioni organizzative alternative per poter garantire uguale accesso alle cure a tutti i cittadini, con Covid e no, anche durante i momenti di massimo contagio. Proprio una settimana fa la Regione Lazio ha presentato il suo piano per il recupero delle mancate prestazioni.
Con l’applicazione della vecchia strategia di gestione dei picchi di contagio, Omicron rischia di far tornare, e peggiorare – avverte Aceti – il meccanismo dello ‘stop and go’, con finestre di solo alcuni mesi all’anno per l’assistenza e la presa in carico dei pazienti con malattie croniche, rare o tumori, che continuano ad aspettare diagnosi, trattamenti o interventi, specie se programmati. Dall’autunno scorso, si è zoppicato fino a marzo-aprile, ma ora, rispetto agli anni precedenti, a giugno si fanno già i conti con un nuovo aumento di positivi. Avanti di questo passo, si rischia di ridurre l’assistenza sanitaria fino al prossimo autunno quando, a causa dell’atteso nuovo aumento dei casi, le liste d’attesa saranno destinate a crescere ulteriormente. In mancanza di un piano alternativo, ogni volta che c’è infatti un aumento dei contagi si riduce l’attività ordinaria, si riduce di fatto l’accesso al servizio sanitario che diventa quindi pienamente fruibile, per la maggioranza dei cittadini, solo alcuni mesi dell’anno.
Il Covid, da 2 anni, non è mai scomparso – rimarca il presidente di Salutequità – Ormai dovrebbe essere chiaro che questa convivenza con il virus ci accompagnerà ancora per diverso tempo. Proprio perché è presente anche quando non c’è il picco, bisogna pensare a delle alternative di gestione dell’assistenza ai pazienti, essere più veloci a tutti i livelli per supportare, accompagnare e verificare le Regioni nel recupero delle prestazioni non erogate. E’ necessario definire e lavorare a un modello organizzativo che ci metta al riparo dalle interruzioni nell’erogazione di visite ed esami, ormai insostenibili per il diritto alla salute di tutte le persone. Purtroppo, a oggi, non è chiaro quale sia il piano del sistema sanitario nazionale per non interrompere le cure, nonostante il Sars-CoV-2.
Aceti osserva poi che nella circolare si ribadisce nuovamente, l’importanza della vaccinazione e di avere uno ‘scudo’ per proteggere la popolazione. Pensare di aumentare i posti letto Covid e garantire il più alto livello di accesso al vaccino sono leve importanti , ma bisogna fare ancora di più – esorta – Dobbiamo disegnare subito il modello organizzativo del Servizio sanitario nazionale, a partire dalla rete ospedaliera, ma non solo, che eviti per il presente e per i prossimi anni di bloccare o rimandare ancora visite, esami e interventi ‘procrastinabili’ per i pazienti non Covid-19. E’ insostenibile chiudere ancora agli altri pazienti il Ssn, dopo oltre 2 anni di Covid: non solo perché viene negato un diritto alle cure ai pazienti con altre patologie, ma perché si crea un’ulteriore disparità tra quelli che possono accedere al privato, perché ne hanno le risorse economiche, e gli altri che, di fatto, non si curano.
A tale proposito – sottolinea il numero uno di Sautequità – dati Istat di qualche settimana fa segnalano che nel 2021 il tasso di rinuncia alle cure è stata dell’11%: era intorno al 6% nel 2019, quindi è quasi raddoppiato. In aumento anche la spesa sanitaria delle famiglie: 118 euro al mese nel 2021, con un incremento del 9% rispetto al 2020. A complicare la situazione c’è poi anche il problema del personale sanitario, per il quale si poteva e si doveva fare di più. I professionisti sanitari non mancano solo nelle corsie, ma rischiano di non esserci anche nelle stesse case di comunità, negli ospedali di comunità e a casa delle persone: previste come strutture e interventi con i fondi del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr), dovrebbero essere sostenuti con medici, infermieri e specialisti per le cure del territorio. L’articolo completo è disponibile su: https://www.alleatiperlasalute.it/la-voce-del-paziente/covid-si-riempiono-i-reparti-manca-un-modello-garantire-le-cure-tutti-i-pazienti.