Lo psichiatra, ‘secondo lockdown più duro, da depressione a rabbia’

Lo spettro di un secondo lockdown “sarà più duro da affrontate a livello mentale per gli italiani: accanto all’ansia e allo stress, già vissuti con la prima serrata di marzo-aprile, oggi si affaccerebbero anche disturbi come la depressione e poi anche la rabbia”. Cosi Massimo Cozza, psichiatra e direttore del dipartimento di Salute mentale Asl Roma 2 fa il punto con l’Adnkronos Salute sulle conseguenze di un nuovo lockdown, per fronteggiare la pandemia Covid, sulla salute mentale degli italiani. “Non riuscire più a vivere la propria vita, l’idea di non poter uscire e vedere gli affetti può avere effetti importanti sulle persone più fragili, così come non vedere la luce alla fine del tunnel. E’ chiaro che se si opterà per una seconda serrata avremo, rispetto alla prima, un maggior disagio emotivo sulla popolazione “.  

Lo psichiatra ritorna su quanto accaduto a marzo-aprile. “Nella prima parte della pandemia abbiamo registrato alcuni disturbi come l’ansia, lo stress, l’insonnia. Reazioni fisiologiche e ataviche che servono a preparare l’organismo e il fisico a rispondere ad un pericolo – osserva Cozza – Reazioni normali e sane fino a quando rispondono ad una esigenza di difesa per poi trasformarsi in comportamenti responsabili di precauzione. C’è poi però anche chi nega il problema Covid, perché non lo vuole affrontare e lo tiene nascosto o fa finta di nulla. Ecco, in questi casi continuare a negare mina l’equilibrio psicologico e si potrebbero subire dei contraccolpi anche importanti”. 

Ci sono però anche dei fattori soggetti ad influenzare la nostra risposta ad eventi di grande impatto come un lockdown. “I fattori che influiscono rispetto ai disturbi psicopatologici dipendono anche dalla storia di ciascuno di noi: le relazioni familiari, quelle sociali e ambientali. Non c’è un unico modo di agire ma lo si fa nel contesto di una vita di relazione e affetti – chiosa lo psichiatra – C’è poi anche una predisposizione biologica che può portare ognuno di noi a reagire in determinate maniere”. 

Se già nel primo lockdown si è sofferta la chiusura forzata a casa e alcuni campanelli d’allarme hanno fatto sospettare che l’ansia e lo stresso possano degenerare nel caso di una replica delle serrata “occorre parlare con il proprio medico di famiglia”, consiglia Cozza, “sarà lui, che conosce la storia clinica dell’assistito, a decidere se occorre l’intervento di uno specialista”.  

Ma sul territorio i servizi di salute mentale sono pronti ad accogliere una possibile onda di persone in crisi da lockdown? “A livello nazionale abbiamo un rete pubblica di centri di salute mentale delle Asl a cui il cittadino si può rivolgere direttamente senza passare dal medico di famiglia. Ma non è tutto ‘rose e fiori’ – avverte Cozza – questa rete con gli anni si è sempre più impoverita, ora nei progetti del ministro della Salute Speranza c’è la volontà di tornare a potenziarla investendo risorse economiche. Gli studi – conclude – ci dicono che occorrerebbe almeno il 5% del Fondo sanitario nazionale, oggi siamo fermi al 3,5%”.