Sono stati uno dei punti oscuri dell’emergenza Covid-19: gli asintomatici. Potenziali fonti ‘invisibili’ di contagio, sono passati inosservati, complice l’ondata di malati gravi che ha travolto gli ospedali catalizzando ogni attenzione. Stimare l’effettiva portata del fenomeno è difficilissimo ma alcuni studi ci hanno provato e un team di scienziati australiani è tornato ad affrontare la questione con una revisione sistematica e metanalisi di studi condotti al riguardo, scoprendo fra le altre cose che alcuni lavori hanno portato evidenze della loro capacità di contagio. Gli scienziati della Bond University, dell’University of Sidney e della University of New South Wales hanno selezionato 571 articoli e incluso 5 studi a basso rischio di bias da tre Paesi – Italia (è stato preso in considerazione lo studio di Vo’ Euganeo in Veneto), Cina e Stati Uniti – nell’ambito dei quali sono state testate 9.242 persone a rischio, di cui 413 positivi e 65 asintomatici. Tutti casi accertati con tampone. 

La missione che si sono posti, nel lavoro disponibile in versione preprint sulla piattaforma ‘Medrxiv’ e non ancora sottoposto a peer review, è di capire qual è la quota di asintomatici e il tasso di trasmissione della malattia di questa fetta di persone colpite dal coronavirus Sars-Cov-2. Quello che hanno osservato è che la percentuale di casi asintomatici variava dal 6% al 41%. La meta-analisi ha rilevato che la percentuale di casi asintomatici era complessivamente del 16%. Due studi, hanno poi spiegato gli autori del lavoro di revisione, hanno fornito prove dirette della trasmissione dell’infezione da casi asintomatici, ma hanno suggerito che avviene in misura inferiore rispetto ai pazienti sintomatici.  

Conoscere i numeri reali di questi invisibili portatori del virus “è fondamentale per i decisori politici che devono valutare l’effettiva efficacia delle misure di mitigazione contro la pandemia di Sars-Cov-2 – scrivono gli scienziati – Le nostre stime sulla prevalenza dei casi asintomatici di Covid-19 sono inferiori rispetto a molti studi altamente pubblicizzati, ma comunque sostanziali. Sono urgentemente necessarie ulteriori solide prove epidemiologiche, anche in sotto-popolazioni come ad esempio i bambini”. 

Alle stesse conclusioni – cioè la “necessità disperata di studi ampi e ben progettati con campioni rappresentativi per valutare accuratamente la prevalenza degli asintomatici e il loro impatto sulla pandemia” di Covid-19 – era già arrivata un’altra analisi di scienziati dello Scripps Research Institute, che aveva preso in considerazione diversi studi condotti in varie aree del mondo, compreso ancora una volta il lavoro realizzato a Vo’. Era il 20 aprile. 

Nelle ricerche analizzate, scrivevano gli autori Daniel P. Oran e Eric J. Topol, “la gamma dei tassi di infezione è ampia: dallo 0,76% per i residenti in Islanda al 36% per i residenti di un rifugio per senzatetto a Boston. È sorprendente, tuttavia, che la percentuale di individui che risultano positivi a Sars-Cov-2, ma che non presentano sintomi di Covid-19, rimane costantemente elevata: da circa il 31% all’88%, con una media del 56%”.  

“A causa di varie limitazioni negli studi riassunti – proseguono i ricercatori – ciò probabilmente sovrastima la media complessiva, che alcuni osservatori hanno suggerito di circa il 40%. Va notato comunque che gli studi riassunti sono essenzialmente dei campioni di convenienza. Non pretendono di rappresentare nient’altro che le popolazioni circoscritte da cui sono stati raccolti i dati”. C’è ancora da studiare.