I test sierologici per la ricerca degli anticorpi per Sars-CoV-2 “ci possono accompagnare in questa fase, ma va detto chiaramente cosa non sono. Il primo messaggio deve essere che i test sierologici, anche quelli validati, non danno nessuna patente di immunità. Noi siamo ancora ignoranti su questo virus. E la mia grande preoccupazione è che il ‘fai da te’ in farmacia, nelle palestre, su Internet, magari con test non affidabili, incoraggi comportamenti irresponsabili secondo il ragionamento: ‘Io ho gli anticorpi, quindi sono immune, non mi ammalo e non trasmetto la malattia’”. A sottolinearlo all’Adnkronos Salute è l’immunologo Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e professore emerito di Humanitas University.
Coronavirus accende ‘Il fuoco interiore’, il nuovo libro di Mantovani
“I test sierologici non danno la patente di immunità – ripete lo scienziato che da domani è in libreria con ‘Il fuoco interiore’ (Mondadori), libro sul sistema immunitario e l’infiammazione – In alcune situazioni particolari, che non riguardano la stragrande maggioranza delle persone, un test può dare un ‘foglio rosa’. Su questo si è espressa anche l’Organizzazione mondiale della sanità. Ed è una mia grande preoccupazione il rischio che qualcuno lo interpreti come un passaporto” che autorizza a “comportamenti irresponsabili”. Mantovani spiega di ritenere che i test “siano un grande aiuto”, ma di essere al tempo stesso “preoccupato anche perché ce ne sono più di cento in circolazione ed è bene ricordare che, per esempio, il Governo inglese ha comperato 35 milioni di test e li ha buttati via. Buona parte sono non affidabili”.
In Italia alcune Regioni hanno già avviato propri programmi, ed è ai nastri di partenza l’indagine nazionale. “A livello italiano è stato scelto un test, a livello regionale (per esempio in Lombardia) un altro – osserva l’immunologo – Questi test servono sicuramente a fare un’indagine epidemiologica come quella lanciata dalle istituzioni in questo caso”, per capire quanto ha circolato il virus, quante persone sono entrate a contatto. “Lascio le stime dei numeri che potranno emergere agli esperti del settore – dice Mantovani – Ma presto potremo commentare i dati”. Ancora, secondo lo scienziato “va evidenziato come in alcuni casi i test siano di aiuto al clinico, si affiancano alla sapienza del camice bianco”.
“Ma dobbiamo ricordare anche perché non possiamo dare passaporti di immunità”, puntualizza. “Io confesso di essere molto ignorante quando mi confronto con questo virus. Sento colleghi di tutto il mondo, dalla Cina agli Usa, fino all’Africa. Proprio adesso ho appena finito di parlare al telefono con un’immunologa bravissima di Oxford. Tutti diciamo le stesse cose: del nuovo coronavirus sappiamo ancora molto poco. Ed è per questo – spiega – che non possiamo dare patenti”.
Ma sul fronte vaccino, è lecito sperare? “Penso sia salutare – risponde l’immunologo – che ci siano quasi 100 ipotesi di vaccino” contro il coronavirus Sars-CoV-2 “e che ce ne siano 9 già a livello di sperimentazione nell’uomo. Io sono ottimista che si arrivi a un vaccino. Ma se parliamo di un prodotto pronto da somministrare alle persone, non sarà domani”.
“Un vaccino non basta concepirlo e avere la prova di principio che funziona. Bisogna affrontare una sperimentazione fatta bene e soprattutto produrlo – osserva lo scienziato -. E produrlo non è come produrre un farmaco normale. E’ una faccenda molto più complicata”.
Un altro pensiero che occorrerà avere riguarda l’accesso equo al futuro vaccino, aggiunge l’esperto. “Dobbiamo già cominciare a pensare al grande tema di una condivisione responsabile del vaccino. Organismi internazionali come Gavi Alliance stanno ragionando sulla necessità di garantire equità nell’accesso. Questo è un problema di carattere morale, ma è anche nel nostro interesse comportarci bene, è un tema di salute pubblica globale. Non si può lasciare che i continenti più poveri non abbiano accesso al vaccino. E’ immorale e anche stupido”.