“Da più parti, e da un po’ di tempo a questa parte, arrivano segnalazioni relative a una minor gravità di Covid-19, rafforzate dal calo dei ricoveri e dalla diminuzione dei pazienti in terapia intensiva. Si segnala anche una minor gravità dei casi clinici, cosa della quale non ho motivo di dubitare. Ma se bisogna dire che ancora non ci sono ancora pubblicazioni a dimostrare la minore pericolosità di questo virus, a spiegare queste segnalazioni in parte è di certo il lockdown: questa misura ha ridotto la circolazione del virus”. Lo sottolinea all’Adnkronos Salute Roberto Cauda, docente di Malattie infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore che, dopo le segnalazioni dei clinici su Covid-19 e le polemiche di questi giorni, sottolinea alcuni aspetti “importanti” per interpretare quello che sta accadendo.
“Sembra che i casi gravi di Covid-19 siano meno frequenti rispetto a un paio di mesi fa: questo si tradurrà di certo in pubblicazioni scientifiche, che hanno una valenza diversa rispetto a una dichiarazione, per quanto proveniente da colleghi autorevoli. Ecco, penso che questo sia un aspetto di cui tener conto: aspettiamo gli studi scientifici”, esorta l’infettivologo. C’è poi il possibile effetto caldo. “In questo caso – aggiunge Cauda – sono stati prodotti di recente due lavori secondo i quali anche la bella stagione potrebbe darci una mano”.
“Si tratta, in particolare, di una ricerca su ‘Clinical Infectious Diseases’ che mostra come, dove c’è un maggior irraggiamento, la diffusione del virus è minore. Mentre sul ‘Journal of Infectious Diseases’ si è dimostrato, in un esperimento di laboratorio, che la durata del virus sulle superfici non porose è ridotta mimando una situazione all’aperto, in presenza di raggi ultravioletti”. Questo indica “che la bella stagione potrebbe aiutarci contro il virus. Tra l’altro – ricorda l’esperto – anche i coronavirus del raffreddore risentono di una stagionalità”.
Invece “una mutazione” che renda Sars-Cov-2 in Italia meno aggressivo “non è stata ancora segnalata, e anche il fatto che gli esseri umani siano meno ricettivi rispetto al virus è tutta da dimostrare. Non è pensabile poi – aggiunge – che questo virus abbia circolato, anche nelle aree del Paese più colpite, a livello tale da dare un’immunità diffusa”. Insomma, “si tratta di un fenomeno che va studiato, e leggeremo con particolare interesse gli studi annunciati in queste ore, anche da istituzioni prestigiose come il San Raffaele. Ma se tutto questo che noi stiamo oggi dibattendo ha certamente un valore, non deve però far dimenticare la necessità di mantenere in questa fase delicata un livello alto di attenzione rispetto a questa malattia che – conclude Cauda – è ancora presente tra di noi”.