Le cellule immortali di Henrietta contro Covid-19

di Margherita Lopes 

Un’insolita eredità del secolo scorso torna protagonista delle ricerche contro il virus che causa Covid-19. In tutto il mondo le ‘cellule immortali’ di Henrietta Lacks sono state infatti usate già in numerosi studi mirati a far luce sui segreti di Sars-Cov-2. “Il più celebre forse è lo studio pubblicato a marzo su ‘Nature’ che ha evidenziato il ruolo del recettore dell’enzima Ace2 per consentire al virus di penetrare nelle cellule umane, ma questa linea cellulare viene utilizzata in molte ricerche, insieme alle cellule Vero e6 della scimmia verde africana. Proprio come quelle di Henrietta – le HeLa cells – le cellule Vero e6 hanno un’anomalia cromosomica che le rende di fatto immortali. Oltretutto le Vero e6 si lasciano infettare facilmente, caratteristica che le rende un modello ideale per gli studi sui virus”. A spiegarlo all’Adnkronos Salute è il genetista Giuseppe Novelli, dell’Università di Roma Tor Vergata.  

Ma come nascono le cellule HeLa? Nel 1951 una giovane madre di cinque figli, Henrietta Lacks, visitò il Johns Hopkins Hospital di Baltimora lamentando sanguinamento vaginale. All’esame, il noto ginecologo Howard Jones scoprì un grande tumore maligno della cervice uterina. All’epoca, il Johns Hopkins Hospital era uno dei pochi ospedali che curavano gli afroamericani meno abbienti. “Come dimostrano le cartelle cliniche – spiegano dalla struttura – la signora Lacks iniziò a sottoporsi a trattamenti di radioterapia, all’epoca la miglior terapia disponibile per questo tumore”. Un campione delle cellule tumorali prelevate durante una biopsia – all’insaputa della paziente – fu inviato al vicino laboratorio dei tessuti di George Gey. Gey stava raccogliendo cellule da tutte le pazienti del John Hopkins Hospital con tumore cervicale per i suoi studi, ma fino ad allora ogni campione era morto in breve tempo.  

“Le cellule della signora Lacks erano diverse da tutte le altre: non solo non morivano, ma raddoppiavano ogni 20-24 ore”, ricordano dal John Hopkins. Queste cellule hanno infatti 82 cromosomi invece di 46 e sono prive dei meccanismi che limitano il numero di volte in cui le cellule sane possono dividersi. Insomma, sono immortali.  

Oggi queste incredibili cellule – dette HeLa dalle prime due lettere del nome e cognome della proprietaria – sono usate per studiare gli effetti di tossine, farmaci, ormoni e virus sulla crescita delle cellule tumorali, spiegano dal John Hopkins. Sono state usate per testare gli effetti delle radiazioni e delle sostanze tossiche, per studiare il genoma umano, per saperne di più su come funzionano i virus e hanno svolto un ruolo cruciale nello sviluppo del vaccino contro la polio. Sebbene la signora Lacks sia morta il 4 ottobre 1951, all’età di 31 anni, le sue cellule continuano ad avere un forte impatto nella ricerca (e sono state protagoniste anche di un libro e un film: ‘The Immortal Life of Henrietta Lacks’).  

Henrietta Lacks donò inconsapevolmente le sue cellule nel 1951. Con il passare dei decenni sorsero questioni etiche e di privacy: gli eredi della donna sono ormai stati coinvolti nella gestione del ‘lascito’ di Henrietta e fanno parte di un comitato che esamina le richieste dei ricercatori di tutto il mondo di usare le cellule HeLa. “Anche noi le abbiamo utilizzate in questi anni: ma attenzione – avverte Novelli – le linee cellulari HeLa si sono evolute, dividendosi, proprio come fanno i virus. Quindi controlliamo i cloni di queste cellule perché possono essere leggermente diversi rispetto a quelle custodite a Baltimora o in altri laboratori”. E se le cellule immortali vengono già usate nella lotta a Sars-Cov-2, contro Covid-19 ha un ruolo importante anche la genetica: “Più di 3000 proteine codificate da altrettanti geni possono entrare in gioco quando il virus penetra in una cellula ospite”, conclude lo scienziato. La ricerca va avanti, anche grazie alle cellule immortali.