Il team veneto che sta studiando la possibile efficacia di alcuni farmaci contro il tumore della prostata nel trattamento del nuovo coronavirus avanza “un’ipotesi in via definizione”. Una strada da esplorare “che, come tutte le ipotesi di lavoro, va percorsa secondo i criteri della ricerca clinica”. Lo spiega Saverio Cinieri, presidente eletto dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), che all’Adnkronos Salute descrive un progetto Aiom dal quale “nei prossimi mesi” gli esperti si aspettano informazioni importanti: dati inediti “sul rapporto fra tumori e Covid-19, ma anche fra terapie anticancro e malattia da Sars-CoV-2”. Un contributo alla ricerca di nuove armi da schierare per battere la pandemia.  

Uno dei due composti citati dal farmacologo Andrea Alimonti – docente all’università di Padova e ‘anima’ della tesi sotto la lente, per la quale la Fondazione ricerca biomedica avanzata Onlus (Vimm) presieduta da Francesco Pagano annuncia a breve una pubblicazione sul ‘New England Journal of Medicine’ (Nejm) – è il camostat disponibile in Giappone: “Un inibitore della proteasi in sperimentazione in oncologica”, conferma Cinieri. Mentre l’altro, in commercio in Italia, è la bromexina “usata come antitosse, ma anche nell’ipertrofia prostatica benigna”, precisa l’esperto che sui legami coronavirus-prostata ricorda anche come “colleghi cinesi abbiano dichiarato che pochi pazienti con tumore prostatico si siano ammalati di Covid-19”. Osservazioni comunque da approfondire, anche considerando “il ferreo controllo delle istituzioni” sulle informazioni scientifiche provenienti dal Gigante asiatico.  

“In questo momento l’Aiom – sottolinea il presidente eletto dell’associazione, direttore dell’Unità operativa complessa di Oncologia medica e Breast Unit dell’Asl di Brindisi – sta cercando di aumentare le conoscenze sui pazienti oncologici Covid-positivi e di cercare di capire non solo quali sono i sottogruppi di malati che hanno contratto l’infezione, ma anche come sono andati, com’è il loro outcome, e quanti pazienti in follow-up o tendenzialmente guariti abbiano la possibilità di sviluppare Covid-19. E’ uno studio che si sta svolgendo in numerose regioni d’Italia, che sta partendo anche in Puglia e che sicuramente ci darà nei prossimi mesi alcune informazioni importanti che andranno ad rafforzare le poche evidenze che abbiamo sul rapporto fra Covid, cancro e cure anticancro”.  

“Da un punto di vista puramente medico”, cioè “non strettamente oncologico”, Cinieri fa notare che “nella ricerca strenua di terapie che possono essere attive contro questa malattia completamente nuova si stanno usando anche farmaci vecchissimi” mutuati da altre patologie, basti pensare alla “clorochina contro la malaria. Ma se a funzionare contro Sars-CoV-2 sarà un farmaco solo, oppure un cocktail di farmaci come è successo per l’Hiv – conclude l’esperto – lo scopriremo e lo stiamo scoprendo con l’esperienza clinica quotidiana e con le sperimentazioni”.