“Mi pare che la richiesta della Lombardia sia di riaprire il 4 maggio indipendentemente dalle condizioni epidemiologiche. Non se lo può permettere, anche perché in questo momento ha una condizione epidemiologica di particolare gravità. Certamente in miglioramento, ma di particolare gravità. Tra i paesi europei la Lombardia è la regione che in questo momento ha maggiori problemi. Non l’Italia, ma la Lombardia”. Lo afferma Walter Ricciardi, rappresentante italiano nell’executive board dell’Organizzazione mondiale della sanità e consulente del ministro della Salute per l’emergenza coronavirus, in un’intervista a ilcaffeonline.it.”Mi sembra non saggio – sottolinea Ricciardi – fare delle aperture a prescindere dalle valutazioni oggettive. I Paesi che come l’Austria e la Svezia stanno agendo senza tener conto di queste valutazioni penso che pagheranno un prezzo. Lo vedremo nelle prossime settimane”.
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RISCHIO SECONDA ONDATA – C’è chi teme una seconda ondata in autunno. È una ipotesi reale? “È una certezza. Fino a quando non avremo un vaccino ci saranno nuove ondate o, speriamo, tanti piccoli focolai epidemici che andranno contenuti”. “Quello autunnale e invernale, come nel caso dell’influenza, è il periodo in cui una combinazione di eventi climatici, comportamentali, immunologici fa sì che il virus possa riemergere. Per questo è molto importante non accelerare le riaperture: in caso contrario la seconda ondata invece di averla più avanti rischiamo di subirla prima dell’estate”. Questo “è un evento epocale, che gli scienziati e qualche imprenditore visionario come Bill Gates avevano previsto che sarebbe accaduto. Il mondo si è fatto trovare largamente impreparato, ma pensare di approcciare questo evento epocale con gli stessi strumenti mentali, politici e tecnici con cui abbiamo affrontato l’epoca contemporanea è profondamente sbagliato. Si può parlare di un’epoca pre vaccino e una post vaccino coronavirus – continua Ricciardi – Fino a quando non avremo un vaccino saremo costretti a nuove ondate virali, speriamo non epidemiche, che dovranno essere costrette. Per questo c’è bisogno di collaborazione tra scienza e politica e tra scienziati e governi di tutto il mondo”.
I TEMPI DEL VACCINO – “Penso che questo vaccino arriverà prima di molti altri. Va considerato che per altri vaccini virali ci abbiamo messo anni, per alcuni come l’Hiv non lo abbiamo perché il virus muta e che per l’influenza non abbiamo un vaccino universale ma lo dobbiamo riprodurre di anno in anno. Io penso che sarà così anche per questo virus respiratorio: è probabile che non ci sarà un’immunità permanente ma un’immunità più o meno duratura, che andrà rinforzata con vaccini. Ci vorrà ancora tempo. A essere ottimisti penso che potremo pensare di avere una sperimentazione un po’ più avanzata entro l’anno ma per avere un vaccino disponibile a essere somministrato in modo diffuso bisognerà aspettare più tempo”. E perché venga prodotto su larga scala? “Per quanto il vaccino sia un prodotto estremamente sofisticato da un punto di vista tecnologico, oggi la capacità produttiva delle aziende è enorme. Ci saranno difficoltà ma saranno superate”, risponde l’esperto.”Che questo sia un virus ‘naturale’ lo sappiamo con certezza perché c’è un lavoro dirimente su questo tema pubblicato su ‘Science’ il 17 marzo. È un lavoro inequivocabile perché analizza i genomi del virus e delle sue varie caratteristiche ed esclude categoricamente che possa trattarsi di un virus artificiale. Che poi ci siano laboratori in cui vengono fatti esperimenti nessuno lo può escludere”. “L’immunità di gregge potrà essere raggiunta solo con un vaccino” anti-Covid-19 “oppure naturalmente. Ma questo significa aspettare molto tempo e avere molti morti. Per cui la possibilità che valutiamo con maggiore favore è quella di convivere e di limitare i danni del virus sino a quando non avremo un vaccino che ci consentirà di raggiungerla”.
IL NODO DELLA RICERCA – “L’Italia non ha proprio programmato” il suo futuro “non ha fatto gli investimenti che servivano, non ha premiato l’innovazione, la ricerca, il merito. Lo hanno fatto migliaia di singoli individui, con le proprie forze, che hanno scelto di andare a vivere in Paesi, dove questo tipo di scelte sono state fatte. Non è un caso se questi sono i Paesi che stanno andando meglio. La Germania su tutti”.
LA CINA – “La Cina ha fatto perdere tempo. Se avessero agito prima delle tre-quattro settimane in cui si è intervenuti avrebbero potuto far meglio sia per loro che per gli altri. C’è stata poi una latenza di reazione da parte del resto del mondo. L’Italia e gli italiani sono stati tra i primi a reagire proprio perché sono stati tra quelli maggiormente colpiti”. “Non c’è dubbio che un po’ di anticipazione sulle risposte ci poteva essere. Possiamo senza retorica dire che sono responsabili degli effetti che ci sono stati sui loro popoli. Se ci sono stati più morti rispetto ad altri è perché le decisioni sono state prese o in modo tardivo o in modo sbagliato. L’esempio più eclatante è quello della Gran Bretagna e degli Stati Uniti, dove i governi non hanno ascoltato i consiglieri scientifici e hanno reagito in maniera estremamente ritardata”.