Coronavirus, mappa delle stragi nelle Rsa

Una bomba chiamata coronavirus, innescatasi nelle Rsa italiane (acronimo che sta per residenze sanitarie assistenziali) che nel pieno dell’emergenza Covid-19 è esplosa anche nelle regioni meno colpite dal virus. Gli anziani ospiti, fragili e spesso con più patologie, sono le vittime ideali di Sars-Cov-2. I lutti si moltiplicano, i positivi non si contano più anche fra il personale: nonni e zii scomparsi in solitudine, i familiari per giorni senza notizie. A far luce sulla vicenda è il monitoraggio dell’Istituto superiore di sanità che, su 577 strutture raggiunte, il 26,6% del totale (2.399), segnala 3.859 morti dal 1 febbraio con 133 pazienti risultati positivi al tampone Covid-19 e 1.310 con sintomi simil-influenzali.  

Il 37,4% del totale dei decessi – ben 1.443 su 3.859 – ha interessato ospiti con infezione da Sars-CoV-2 o con manifestazioni compatibili con la Covid-19, rivela la survey. Ma le segnalazioni che qualcosa non funzionava sono arrivate molto prima. Proprio dalle aree più duramente colpite dal virus. Questa analisi dettagliata di Adnkronos Salute prende in esame tutti i casi scoppiati nelle varie regioni d’Italia. Un quadro agghiacciante per uno tsnunami che ha sorpreso tutti, a cominciare dai responsabili delle strutture colpite che si sono ritrovati in pochi giorni con pazienti e impiegati contagiati. Iniziamo dalla regione più colpita. 

LOMBARDIA – Oltre a ospedali e terapie intensive in affanno e vicine al collasso, ben presto si capisce che il rischio arriva anche dalle Rsa delle zone più martoriate: i morti cominciavano la loro rapida e silenziosa ascesa. Fino a quando il problema diventa evidente, come nella bergamasca. Lì il contagio corre veloce e tra 20 e 25 marzo è Paola Pedrini, segretario generale Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) Lombardia, a denunciare: “La situazione nelle Rsa è tragica. Solo nella provincia di Bergamo 500 (poi diventati 600, ndr.) decessi nelle ultime settimane, tutti correlabili alla Covid 19. Ci sono stati contagi in particolare perché non è stata fatta una chiusura precoce dei servizi e il virus si è diffuso, arrivando gente dall’esterno in visita agli anziani”.  

Pedrini evidenzia il problema delle carenze di protezioni individuali per il personale e dei tamponi. E boccia come “criminale” la possibilità di usare queste strutture per collocare persone dimesse dagli ospedali e ancora positive che non possono fare l’autoisolamento al domicilio per motivi diversi. Possibilità accennata il 10 marzo dall’assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera. “Gli alberghi sono una risorsa, le Rsa no”, tuona Pedrini. E in queste strutture già si muore di più rispetto all’anno precedente. E’ l’effetto Covid. La percentuale di vittime nelle Rsa a Bergamo raggiunge punte del 30%.  

Qui si trovano anche le Rsa più ‘generose’: ben 7 delle 15 che in tutta la Lombardia hanno aperto le porte per accogliere pazienti Covid. Il tutto mentre a Nembro, uno dei comuni più colpiti, si piangono una quarantina di decessi nella casa di riposo. Nella vicina Alzano Lombardo è stato necessario che la Rsa dove in meno di 3 settimane erano morte 20 persone venisse sanificata. La magistratura ha acceso i fari sulla tragedia. Il procuratore di Bergamo Cristina Rota ha creato un ‘pool Covid e ha delegato i carabinieri del Nas di Brescia ad acquisire le carte per capire se siano state adottate le misure adeguate per evitare la propagazione del virus. L’indagine per epidemia colposa, al momento a carico di ignoti, “è estremamente delicata e va condotta con il massimo della serenità e riservatezza e nel rispetto da un lato delle vittime e dei loro familiari e dall’altro degli operatori sanitari”. Nel mirino ci sono sia la gestione dei primi malati risultati positivi al Covid-19 che sarebbero stati ricoverati, questo il sospetto, senza essere isolati dagli altri degenti, sia la decisione il 23 febbraio di chiudere e riaprire dopo alcune ore il pronto soccorso di Alzano. Una decisione opposta a quella di Codogno, dove la zona rossa è scattata con tempestività e dove comunque la procura indaga sulla gestione del ‘paziente 1, Mattia. Per capire se tutto è stato fatto correttamente.  

Altri casi in una Rsa di Legnano, nella prima zona rossa a Codogno e Casalpusterlengo, a Varese. Alla Casalbergo di Crema a fine marzo si contavano più di 50 morti su 260 degenti. A Lodi alla Santa Chiara altri 52 morti. A Quinzano D’Oglio, nel Bresciano, si piangono cinque morti in un giorno solo.  

Stando al report dell’Iss, solo in un quarto delle Rsa contattate le morti totali sono state 1.822. Di queste 934 – più di una su due (il 51,3%) – sono morti di pazienti con sintomi compatibili (simil-influenzali) o Covid positivi. La positività è stata certificata con tampone solo in 60 casi. E il tasso di mortalità sulla base di questi dati è del 6,8% fra i residenti nelle Rsa lombarde (con punte del 10% o superiori).  

Poi ci sono Milano e i comuni compresi nella Città metropolitana. Dai dati dell’Ats presentati in commissione consiliare del Comune, all’1 aprile le 59 Rsa del territorio presentavano 983 casi accertati o sospetti su 7.238 ospiti, il 14% degli ospiti. Gli isolati sono 1.461, i ricoverati 26, e 337 sono i decessi accertati o sospetti per Covid. Gli operatori in malattia sono 1.166 (non necessariamente per Covid), pari al 24% del totale, di cui il 4% in attesa del tampone su un totale di 3.698 operatori. Alle Rsa milanesi l’Ats ha finora distribuito circa 73.000 mascherine (escluse Trivulzio e Golgi che sono state rifornite direttamente dall’unità di crisi). Troppo poche troppo tardi, secondo molti addetti ai lavori. 

Ma dietro numeri e polemiche, ci sono le storie. Dalla Rsa Anni Azzurri di via San Faustino con 13 salme tra camera mortuaria e corridoio ai 110 decessi registrati nelle due strutture del Corvetto, l’Istituto Virgilio Ferrari di via dei Panigarola e la Casa dei coniugi di via dei Cinquecento. Un’altra decina di ospiti è in condizioni molto gravi. Dei 110 deceduti 10 erano risultati positivi al tampone, mentre sugli altri non è mai stato effettuato alcun test. Un gruppo di parenti di ricoverati alla Casa de coniugi nei giorni scorsi ha lanciato un grido d’allarme. “Non abbiamo più tempo né voce. Stanno morendo tutti. Lì dentro ci sono persone ancora sane. Salviamole”. I parenti degli ospiti della struttura parlano di “un bollettino di guerra” e accusano la gestione di disorganizzazione. “I dispositivi di protezione individuali sono scarsi e inadeguati per tutto il personale medico, infermieristico, di pulizia, operatori socio sanitari, di portineria, animatori, psicologi”. Intanto il forno crematorio di Lambrate è stato chiuso perché i tempi d’attesa delle salme sono superiori ai dieci giorni. Mai successo, in tempi non di guerra. 

Una delle prime stragi a venire alla luce è stata quella nella Rsa Borromea di Mediglia, a pochi chilometri da Milano: 64 decessi, poco meno della metà degli anziani ospiti. I familiari hanno inviato una diffida all’Ats locale, perché intervenisse con una sanificazione delle aree in cui sono ricoverati i pazienti non sintomatici e con la creazione di un cordone sanitario per separarli dagli ospiti con sintomi. “Le misure poste in essere fino ad ora – hanno denunciato i parenti – non possono essere considerate sufficienti per garantire l’incolumità dei nostri congiunti”.  

L’Ad della residenza, Gianfranco Bordonaro, ha affermato che il primo contagio certificato è del 4 marzo. “La struttura è stata isolata il 23 febbraio in accordo con il sindaco. Sono stati accertati 4 casi positivi in struttura dopo invio in pronto soccorso”, ha scritto Bordonaro ai parenti. All’Asp Golgi Redaelli di Vimodrone i deceduti sono finora 27 e 120 operatori sono a casa in malattia. I familiari degli ospiti hanno scritto a chiunque, compreso l’assessore Gallera perché “all’interno ci sono molte persone con sintomi, con un solo infermiere per due reparti e pochissimi operatori sociosanitari, finiti in malattia o in quarantena. Per 42 pazienti ci sono solo un caposala, un infermiere e un’animatrice che dovrebbe fare le videochiamate”, hanno scritto. In un’altra azienda dello stesso gruppo a marzo sono stati registrati 12 decessi, il doppio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ma “di questi solo due sono riconducibili a casi sospetti Covid”, spiega il direttore della struttura, Giovanni Mercuri. 

Oltre ai pm milanesi indagano anche gli ispettori del ministero della Salute e due apposite commissioni – una per il Pio Albergo Trivulzio e una per le Rsa regionali – chiamate a evidenziare eventuali errori organizzativi e limiti delle risorse a disposizione. Vari i fascicoli aperti sulle Rsa, compreso il Trivulzio, la struttura don Gnocchi, quella ad Affori, la Sacra famiglia di Cesano Boscone, la casa di riposo del Corvetto.  

Un’indagine che potrebbe diventare enorme: sono quasi 60 le strutture milanesi di accoglienza per anziani, in molte si sarebbe registrata una media di decessi più alta che nel resto d’Italia. Unecatombe con numeri in continuo aggiornamento: 140 vittime al Don Gnocchi, 27 al Golgi Redaelli, 50 alla Rsa di Famagosta. Una ventina alla Sacra Famiglia. Il Pio Albergo Trivulzio conta 70 morti a marzo 2020, contro i 52 del marzo 2019. Alla ‘Baggina’ come la chiamano a Milano, come è successo anche in altre realtà, i vertici hanno spiegato che per un mese intero sono stati centellinati i dispositivi di protezione individuale per far fronte all’esiguità delle proprie scorte. E ha fatto discutere il caso di Luigi Bergamaschini, geriatra che insegna all’università Statale di Milano e che collabora con il Trivulzio, che ha sollevato il problema delle mascherine. “Non era possibile dare i dispositivi a tutti in quella fase”, si è giustificato Pierluigi Rossi, direttore sanitario dell’Azienda di servizi alla persona.  

PIEMONTE – Non è solo la Lombardia ma anche il Piemonte a contare i suoi morti nelle oltre 700 Rsa della regione. Secondo le stime della Fp Cgil i decessi tra gli anziani sarebbero oltre 400 anche se non è possibile sapere con certezza se la causa sia sempre riconducibile al Covid 19, mentre oltre 300 operatori sociosanitari sarebbero per lo più in isolamento o a casa in malattia, qualcuno in ospedale. “Purtroppo- sottolinea all’Adnkronos Elena Palumbo responsabile piemontese di Fp Cgil – sono dati sottostimati poiché come sindacato non siamo presenti in tutte le oltre 700 Rsa, inoltre ci sono state difficoltà legate ai tamponi, tuttavia i dati in nostro possesso ci dicono che la situazione è drammatica. Molte delle strutture che seguiamo hanno chiesto alle Asl di intervenire ma la sensazione è che ci sia stata una sottovalutazione iniziale del fenomeno che ha portato queste strutture a diventare focolai di infezione”. 

Dal torinese al canavese, dal cuneese al biellese, dal vercellese al novarese le procure stanno aprendo fascicoli, per ora tutti modelli 45, senza ipotesi di reato né indagati, al momento, per verificare se è stato fatto tutto il possibile per evitare il contagio. A Grugliasco sindaco e Asl hanno presentato un esposto ai carabinieri del Nas dopo che in una casa di riposo, dove il 13 marzo un operatore era risultato positivo al virus e per questo posto in quarantena, si erano registrati una decina di decessi in poco più di un weekend. 

Anche nel vercellese si indaga a seguito di due esposti presentati dopo che in una casa di riposo ci sarebbero stati 35 decessi in tre settimane. E ancora, otto fascicoli sono stati aperti dalla procura per altrettante strutture del Canavese, nel novarese sono monitorate oltre 20 case di riposo e pure tra Biella e Cuneo l’ondata di contagi è sotto la lente. La Regione, finita nel mirino delle polemiche, si è difesa con un dato: a fine marzo nelle case di riposo erano stati eseguiti 3mila tamponi, di cui 189 positivi e 2.811 negativi. E risultano 1.100 ospiti in attesa di test, ma prudenzialmente considerati positivi, in quanto sintomatici. 

VENETO – Dal 1 febbraio a fine marzo-primi di aprile si sono registrati 760 decessi nelle Rsa del Veneto, censite dall’Iss, di cui 125 hanno riguardato anziani con sintomi o diagnosi da Covid-19. Quanto ai contagi, ad oggi nelle 183 strutture esaminate finora sono stati riscontrati 1.508 anziani e 805 operatori positivi al coronavirus, secondo i dati diffusi dalla Regione. Tra gli ospiti delle case di riposo sono stati effettuati 8.490 tamponi (su un totale di 23.301 anziani); per 143 si è reso necessario il ricovero. Tra il personale che li assiste sono stati effettuati 9.490 tamponi (su un totale di 21.036).  

A Padova la procura ha aperto in questi giorni un primo fascicolo su due decessi avvenuti le scorse settimane in una casa di riposo dell’istituto Configliachi, che gestisce la struttura via Sette Martiri a Chiesanuova e Casa Breda a Ponte di Brenta. Anche in questo caso si tratta di un’inchiesta aperta con il “modello 45” cioè senza alcuna ipotesi di reato o indagati. L’esposto al pm Sanzari. Nelle due strutture gestite dallIpab, secondo i tamponi fatti al personale, sono stati trovati positivi un operatore e tre ospiti che sono stati immediatamente isolati. 

TOSCANA – Sono oltre 700 le persone positive nelle case di riposo di tutta la Toscana. Nelle Rsa si contano finora 63 morti tra i degenti. La Procura di Prato ha aperto un fascicolo d’inchiesta, senza indagati e senza al momento ipotesi di reato, sulla Rsa di Comeana, frazione di Carmignano, in provincia di Prato, dove per il coronavirus sono morti 6 ospiti, altri 17 contagiati e 16 operatori positivi al tampone. E’ la prima inchiesta penale aperta dalla magistratura in Toscana per il mancato contenimento del Covid-19. 

Il primo a risultare positivo a inizio marzo è stato un operatore. Sono stati poi accertati contagi in 8 degenti, il 16 marzo il primo decesso. A inizio aprile su 58 tamponi effettuati 28 i positivi, un bilancio che ha provocato l’ira dei sindaci e la richiesta che intervenisse la Asl Toscana Centro, che poi ha istituito il 6 aprile una task force per garantire adeguata assistenza e tutela agli ospiti. Altra situazione delicata si è verificata nella casa di riposo ‘Fabbri Bicoli’ a Bucine, in provincia di Arezzo, dove a fine marzo risultavano 42 contagiati, di cui 17 operatori. E 9 decessi tra gli anziani ospiti. Una ventina di positivi sono stati riscontrati a fine marzo in un’altra casa di riposo a Montevarchi. 

A fine marzo 41 casi positivi (poi saliti a 50) alla Rsa ‘Villa San Biagio’ ai Dicomano (Firenze). L’8 aprile è intervenuta la Asl Toscana Centro per la presa in carico degli ospiti della Rsa e i pazienti positivi sono stati trasferiti nella struttura ‘Villa le Terme’ a Impruneta. Alla Rsa di Diacceto, nel comune di Pelago 66 ospiti positivi su 71, oltre a 15 operatori. Il sindaco ha chiesto l’intervento della protezione civile: finora ci sono stati 4 morti e altri 4 ricoverati in ospedale, uno gravissimo. 

Alla Rsa Ledanice di Scandicci su 34 ospiti, 15 sono risultati positivi ai tamponi, oltre a 2 operatori su 25. A Firenze il virus è entrato in numerose strutture: la Rsa San Giuseppe i cui 19 ospiti positivi sono stati trasferiti giovedì nel nucleo Covid di Montedomini, La Chiocciola delle Piagge (18 anziani e 15 operatori infettati), Casa Placci a Settignano (9 anziani e 2 dipendenti), Casa Elena (8 anziani e altrettanti operatori), Santa Teresa del Bambino Gesù (1 anziano positivo) e Villa Gisella (16). Al Bobolino, che non è una Rsa ma una struttura per autosufficienti, i positivi sono 19. Nell’hinterland fiorentino sotto stretta osservazione le due Rsa di Bagno a Ripoli, l’Oda di Pelago che ha già registrato 2 decessi e un numero altissimo di contagiati fra operatori e ospiti; ma anche la Rsa-convento di Signa, con 52 positivi e un decesso. Tra le altre strutture in regione, nella Rsa Villa del Colle di Livorno ci sono 23 ospiti contagiati. 

In Toscana sono complessivamente 322 le residenze sanitarie e di queste solo 42 sono gestite dalle Asl. E nelle strutture gestite dai privati, come ha ricordato l’assessore regionale alla Sanità, le aziende sanitarie intervengono “solo quando si presentano problemi di salute, quando cioè il medico di medicina generale, contattato dalla struttura, ci comunica la presenza di un possibile caso positivo”. Con un’ordinanza del 7 aprile la Regione, ha spiegato Saccardi, “ha deciso di venire in soccorso delle strutture private, laddove in difficoltà, con personale di supporto delle aziende sanitarie e di intervenire per garantire un’assistenza pari a quella delle cure intermedie anche nei casi di contagiati asintomatici o con lievi sintomi”.  

LAZIO – L’allarme scatta da Fondi, poco dopo Carnevale, a causa di una ormai celebre festa in un centro anziani. Era febbraio: 40 anziani partecipano alla festa, a pochi giorni di distanza sono tutti positivi. Un’epidemia che ha portato a mettere in quarantena l’intero comune pontino. Ieri è arrivata la notizia dell’istituzione di una nuova zona rossa a Celleno in provincia di Viterbo, la quarta dopo quelle di Fondi, Nerola e Contigliano. Anche in questo caso la blindatura fino al 24 aprile è legata al cluster di una casa di riposo, Villa Noemi. Intanto a Civitavecchia la Rsa Madonna del Rosario conta 42 contagi e 14 morti su 55 ospiti. Un numero che ha indotto la Regione Lazio a trasformare direttamente la Rsa in un Reparto Covid-19 a bassa intensità. Anche perché, a quanto sembra, nella struttura su sarebbero registrati due focolai. Alcuni ospiti sono stati trasferiti in un’altra Rsa di Morlupo. E i familiari degli anziani accusano di essere stati avvisati tardi.  

“La nostra è una Rsa, non una casa di riposo, quindi, ma una residenza sanitaria dove ci sono persone non autosufficienti di età elevata con parecchie patologie anche gravi – afferma all’Adnkronos l’avvocato Rosalba Padroni, direttore della Rsa di Civitavecchia Madonna del Riposo, sulla quale indaga la Procura – Ovviamente il coronavirus, se è pericoloso per tutti, figuriamoci quando attacca anziani di oltre 80 anni con patologie pregresse. Adesso siamo diventati un centro Covid, abbiamo l’h24 anche medico: purtroppo è stata una maledetta coincidenza, tanti anziani si sono contagiati, già con una situazione clinica molto precaria. Abbiamo fatto di tutto, quando abbiamo visto che c’era bisogno li abbiamo mandati in ospedale ma anche lì non si è riusciti ad evitare l’inevitabile”. Sono 14 le vittime su un totale di 55 pazienti ospitati. “Una tegola in testa – commenta il direttore della Rsa – che non abbiamo potuto evitare nemmeno con tutte le precauzioni prese per tempo”.  

Isolata anche un’altra Rsa a Celleno (Viterbo), tamponi al via e controlli in altre strutture; cinque i positivi trovati in un ospizio nel comune di Campagnano. E c’è allarme anche ad Acilia, nella casa di riposo di via dei Monti di San Paolo. Mentre i 129 positivi al Nomentana Hospital di Fonte Nuova (tra i quali 27 operatori sanitari), in provincia di Roma, hanno portato all’allestimento di un reparto Covid. “Proseguono i controlli a tappeto nelle case di riposo e nelle Rsa su tutto il territorio” del Lazio, ha affermato l’assessore regionale alla Sanità e Integrazione socio sanitaria, Alessio D’Amato, sottolineando però che “la survey dell’Iss registra per il Lazio un tasso di mortalità 10 volte inferiore a quello della Lombardia: 0,7% contro 6,8%”. 

VALLE D’AOSTA – Anche la Valle d’Aosta nel suo piccolo piange anziani ospiti di case di riposo. Alla ribalta delle cronache finisce in particolare il caso della struttura Père Laurent, 15 morti in dieci giorni, come non era mai successo prima. E anche qui diversi operatori malati.  

FRIULI VENEZIA GIULIA – Nella regione operano 170 strutture residenziali per anziani, con 10.930 posti letto complessivi; in 24 sono stati registrati 270 casi di positività al Covid-19 tra gli ospiti. Secondo i dati aggiornati a ieri, i decessi tra gli ospiti delle case di riposo sono stati 90. Il vicegovernatore del Friuli Venezia Giulia con delega alla Salute, Riccardo Riccardi, ha precisato che 54 decessi si sono verificati in ospedale “e nel 95% dei casi – riferisce ancora Riccardi – si è trattato di persone con pluripatologie e un’età media di 83,9 anni”. Il numero di contagi tra il personale delle case di riposo è di 230, pari al 3,83% del totale. Per l’Iss il tasso di mortalità rispetto ai decessi totali e tra i Covid positivi con sintomi influenzali nelle strutture residenziali e socioassistenziali in Friuli Venezia Giulia si attesta sullo 0,5%, il quarto più basso d’Italia.  

“L’età elevata della popolazione e l’agglomerazione urbana – secondo Riccardi – sono fattori che hanno inciso sulla diffusione del Covid-19 a Trieste. A questi due elementi si è aggiunta la forte presenza di strutture residenziali per anziani di dimensioni medio-piccole, dove sono stati registrati numerosi casi di infezione”.  

Al momento, come conferma il presidente, Aldo Pahor, all’Azienda per i servizi alla persona Itis di Trieste, che ospita 400 anziani, i positivi sono 20, di cui 6 nella residenza Stella Alpina, 13 nella residenza Bucaneve e uno nella residenza Laric. Un ospite risulta purtroppo deceduto. “Stiamo facendo il possibile per combattere il contagio fra i nostri ospiti e gli operatori, ma il virus si diffonde nonostante tutti i nostri sforzi organizzativi, umani, tecnici ed economici che fin dal 24 febbraio abbiamo messo in campo” riferisce il presidente della struttura triestina. 

LIGURIA – “Dal 20 di febbraio al 5 di aprile complessivamente si sono registrati 801 decessi: di questi 220 erano Covid-positivi (da tampone) o sospetti Covid, mentre i rimanenti non erano imputabili a infezioni da coronavirus ma ad altre cause”, spiega all’Adnkronos Ernesto Palummeri, geriatra e consulente di Alisa (l’Azienda sanitaria della Regione Liguria) per le problematiche legate all’invecchiamento, incaricato di seguire da vicino la situazione delle Rsa per anziani in Liguria nel corso dell’emergenza coronavirus. 

Palummeri parte da un dato complessivo che fotografa la realtà in Liguria, su base demografica la regione con la percentuale più elevata di anziani in Europa con una presenza tra le più elevate di ultracentenari. “In Cina – sottolinea – la popolazione anziana raggiunge l’11%. In Liguria siamo al 28% e l’Italia è al 22%. Evidentemente questo in qualche modo incide sulla mortalità più alta, non solo, i motivi sono tantissimi ma il dato demografico ha la sua importanza”. Le Rsa per anziani in Liguria sono in totale 230 e ospitano circa 12mila persone, gli operatori in servizio sono 8mila, una platea di circa 20 mila persone. 

“Di recente un dato dell’Iss – prosegue Palummeri – diceva che una quota di 1/3 di tutti decessi, il 37% di quelli complessivi da Covid, proveniva da strutture per anziani. In Liguria siamo un po’ più bassi, riteniamo sia circa del 30%. Complessivamente ancora fino a 2 giorni fa, e purtroppo i casi cambiano repentinamente, il 60% delle strutture risultava ancora immune da Covid, mentre il 40% aveva presenza di infezione”. Una situazione che può essere soggetta a cambiamenti nel giro di breve tempo. “In quel 40% – sottolinea il consulente di Alisa – ci sono strutture in cui il contagio si è manifestato in maniera più violenta, sono 6 o 7 in Liguria che possono essere considerate cluster, sparse in maniera irregolare sul territorio delle aziende sanitarie di tutta la regione, con l’esclusione della Asl di Chiavari”. 

Tra i casi anomali Palummeri indica oltre al San Camillo del Righi di Genova, dove sono stati segnalati una trentina di decessi nelle ultime settimane (su 120 ospiti), slegati da comunicazioni di positività, “una Rsa in Asl 5 a Borghetto Vara in provincia della Spezia, una nella Asl 3 genovese a Bogliasco, una a Savona e una ad Imperia”.  

Tra ospiti e personale sanitario il campione comprende una platea complessiva di circa 20mila persone che ruotano attorno al mondo delle Rsa. Come ha spiegato il governatore ligure Giovanni Toti “i test nelle Rsa affidati al laboratorio sono circa a 6-7mila, abbiamo i risultati solamente su mille persone: per quanto riguarda gli ospiti, è del 20% la percentuale di positivi al virus”. Toti aveva già spiegato che nei precedenti 46 giorni sono stati circa 800 i decessi totali avvenuti nelle residenze per anziani della Liguria. “Di questi – aveva detto, riportando le stime – il 30%, circa 240, sono correlati a Covid-19. Ma si tratta di un dato ancora da verificare”.  

Intanto la procura di Genova ha aperto un fascicolo sulla base di un esposto presentato dai familiari di due donne, anziane sorelle, ricoverate in una struttura del centro città , morte a pochi giorni di distanza ed entrambe ricoverate nello stesso istituto, in stanza insieme. 

CAMPANIA – In Regione sono presenti 99 Rsa che ospitano 2.020 persone. In tre di queste si sono verificati casi di coronavirus. I numeri indicano 15 persone decedute e 95 positive. Sono 2 invece i centri di riabilitazione nei quali sono stati registrati casi, per un totale di 4 decessi (ai quali vanno aggiunti quelli avvenuti dopo il trasferimento negli ospedali) e 103 positività. Nell’omonima frazione del comune di Sant’Anastasia (Napoli), nota per il Santuario meta del pellegrinaggio dei “fujenti” a Pasquetta (quest’anno vietato), la Rsa “Madonna dell’Arco” è quella che registra il maggior numero di decessi legati al coronavirus in Campania. Sono 9 le persone decedute, mentre sono 35, tra ospiti e operatori, i casi positivi. Le indagini a tappeto sono scattate lo scorso 26 marzo a seguito del decesso di tre anziani, tutto risultati positivi al Covid-19 dopo i tamponi effettuati post mortem. Gli ospiti della Rsa risultati negativi sono stati trasferiti in un’ala dell’edificio. 

Nel cuore della “zona rossa” del Vallo di Diano, istituita dalla Regione Campania per far fronte all’aumento dei contagi, la Rsa di Sala Consilina conta 3 decessi e 32 casi di positività al coronavirus, tra operatori e ospiti della struttura. Il 30 marzo gli anziani risultati positivi sono stati trasferiti dalla Rsa al Capolongo Hospital di Eboli: da allora sono stati registrati altri 5 decessi. Il sindaco di Eboli, Massimo Cariello, aveva manifestato la sua contrarietà al trasferimento, lamentando come il trasferimento non fosse stato concordato con l’amministrazione comunale. 

Quello della “Casa di mela”, nel cuore del quartiere Fuorigrotta, è l’unico caso di decessi in Rsa a Napoli. Nella casa albergo, integrata nella struttura delle Scuole Pie, si sono registrati 3 decessi e 28 casi di positività al Covid-19. 

Sono invece 78, tra pazienti e dipendenti, i casi di positività al coronavirus registrati a “Villa Margherita”, casa di cura privata in Contrada Piana Cappelle a Benevento. Il caso nasce dopo il trasferimento di un paziente all’ospedale San Pio di Benevento, dove viene sottoposto a tampone e risulta positivo. Sono 2 le persone decedute, mentre altri 6 decessi avvengono dopo il trasferimento dei pazienti positivi negli ospedali di Avellino e Benevento. La Procura di Benevento ha aperto un fascicolo contro ignoti. 

Il caso del Centro Minerva di Ariano Irpino (comune “zona rossa” dal 15 marzo) esplode il 29 marzo dopo la positività riscontrata su due tamponi effettuati post mortem su due donne degenti. Su 87 tamponi effettuati, sono risultate positive 25 persone, 14 delle quali residenti ad Ariano Irpino. Il 1 aprile 23 pazienti vengono trasferiti in ospedale. Sono circa 10 i decessi di ex pazienti del Centro Minerva avvenuti negli ospedali di Avellino, Benevento e Ariano Irpino, l’ultima ieri, una 89enne di Casalbore. Anche sul caso del Centro Minerva indaga la Procura di Benevento, competente sul territorio di Ariano Irpino. 

EMILIA ROMAGNA – Dai dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità, l’Emilia-Romagna risulta al terzo posto per numero di contagi e decessi all’interno delle strutture per anziani: dal 1 febbraio si sono riscontrati 352 decessi totali, 363 ospiti di strutture per anziani ospedalizzati, circa 150 ospiti in regime di quarantena in struttura. Fanno paura i 59 decessi registrati nelle case di riposo modenesi: 58 anziani oltre all’operatrice 36enne di Villa Margherita Anna Caracciolo. Nelle strutture per anziani accreditate, su un totale di 3254 posti letto si sono verificati, fino al 7 aprile, 282 casi di Covid-19 accertati (l’8% del totale) scaturiti da 508 tamponi eseguiti. Tra i 2500 operatori impegnati nelle strutture, i casi positivi, sempre alle data del 7 aprile, sono 95, con 177 tamponi eseguiti. Complessivamente su 52 strutture, quelle interessate da casi positivi sono 16. 

Il focolaio dell’Istituto Sant’Anna e Santa Caterina di Bologna conta 18 decessi registrati fino al 6 aprile e il 40% del personale a casa in malattia. Colpita duramente anche Villa Rodriguez a San Lazzaro, il dato dei malati sui 60 dipendenti è salito a 39, mentre dei 72 ospiti, sono una cinquantina quelli contagiati. Al momento, dei 64 residenti totali ne sono rimasti 37; uno è deceduto, quindici sono stati trasferiti a Villa Laura e gli altri sono invece in ospedale.  

Al Parco del Navile, in via del Sostegnazzo, sono 14 i decessi di cui tre positivi al Covid-19, uno negativo, gli altri con sintomatologia ma ai quali non è stato fatto il tampone. Situazione in allerta anche a Villa Teresa, la residenza di Sasso Marconi, dove sono stati trovati casi positivi. Stessa situazione anche alla cooperativa sociale ‘In Cammino’ di viale Pepoli a Bologna, dove ci sarebbe almeno un morto accertato per Covid e altri invece sospetti. Tre, invece, le operatrici positive. Infine al San Domenico di Budrio sono già quattro i decessi. 

Grave anche la situazione nel reggiano. Raffaele Leoni, presidente di Asp, relazionando in commissione comunale, relativamente alle case di riposo gestite dall’azienda pubblica a Reggio Emilia, in cui si trovano attualmente 660 anziani, ha parlato di “circa 160 persone, il cui tampone ha dato esito positivo. Negli ultimi tamponi effettuati, il 50 per cento dei casi è risultato positivo”. Le strutture colpite sono la casa Omozzoli Parisetti, poi la residenza per anziani ‘I girasoli’, un nucleo alle Magnolie, che si è esteso anche ad altri nuclei e, alla fine del mese di marzo, anche Villa Erika. Un caso di positività si è registrato anche a Villa Le Mimose. Per quel che riguarda i decessi da Covid che si sono registrati nelle case protette gestite da Asp, Leoni ha aggiunto: “Il dato che risulta ufficialmente, dopo verifiche incrociate ancora in corso, parla di 22 decessi che sono attribuibili al contagio con altri 5-6 casi dubbi, per cui non esiste un tampone. La maggior pare delle morti è avvenuta in ospedale e una parte nelle strutture”.  

Tra le province più colpite c’è Rimini. Diciotto anziani, ospiti della struttura protetta Valloni, sono deceduti per Covid-19. Quattro i decessi in ospedale, 14 all’interno della struttura gestita dalla Cooperativa Elleuno, dove i contagiati sono risultati 59 su 64 anziani. Al momento, all’interno della struttura, ci sono 36 ospiti che sono in remissione dei sintomi da Coronavirus o completamente asintomatici. Ci sono, invece, sette ospiti con sintomatologia importante (di cui due con tampone negativo). Il tampone è stato effettuato su tutti gli ospiti della struttura e sarà ripetuto subito dopo Pasqua. 

PUGLIA – Alla residenza socio sanitaria ‘La Fontanella’ di Soleto, in provincia di Lecce, ci sono stati 12 morti a causa del coronavirus. Nella struttura prima della tragedia c’erano 88 ospiti, solo tre sono risultati negativi. Ne sono rimasti una trentina. Sul caso è stata aperta una inchiesta della Procura della Repubblica di Lecce che dovrà accertare se ci sia stata una correlazione tra i decessi e la mancata assistenza denunciata da alcuni parenti. I dirigenti della Fontanella hanno garantito, tramite i loro legali, di “aver agito al massimo delle loro possibilità”. Ma non è l’unica Rsa della Puglia nella quale il contagio si è insinuato. Tanto da far dire a Pierluigi Lopalco responsabile emergenze epidemiologiche della Regione, che quelle delle Rsa sono le situazioni che “preoccupano maggiormente”.  

Nell’ultimo periodo su circa 100 casi in media al giorno rilevati in Puglia una buona parte riguarda queste strutture. A Bari nella casa per anziani ‘Don Guanella’ già a marzo si sono verificati due decessi e una decina di contagiati, tra i quali il direttore e un medico. A ‘Villa Giovanna’ sempre a Bari, quartiere san Girolamo, al momento sono 25 i positivi, 18 ospiti e 7 operatori (ma è atteso l’esito di altri tamponi) e nelle ultime ore è giunto un accordo per una co-gestione tra la società privata e la Asl che ha inviato specialisti, infermieri e operatori sanitari. La stessa società ieri si è scusata con le famiglie per averle lasciate senza notizie per alcuni giorni. Ora il ‘collegamento’ è stato ripristinato.  

Nel foggiano diversi i casi: a Torremaggiore nella casa accoglienza anziani ‘Sacro cuore’ dell’associazione onlus ‘Madre della carità’, si sono verificati due decessi e oltre una trentina di positivi, tra (quasi tutti) gli ospiti e diversi operatori. Il direttore della struttura ha chiesto e ottenuto la presenza costante di pneumologi, infermieri e operatori socio sanitari. Altre situazioni difficili con diversi positivi si registrano a Troia (residenza ‘San Raffaele’), Bovino (‘Il Girasole’), Rodi Garganico (‘Villa Mele’, dove una anziana è morta poi in ospedale per Covid); nella Bat a Canosa (residenza per anziani ‘San Giuseppe’) con 37 casi positivi; nel barese a Putignano (centro di riabilitazione ‘Giovanni Paolo II’) e Noicattaro (centro anziani e disabili ‘Nuova Fenice’); nel brindisino a Ceglie Messapica (residenza ‘San Raffaele’). 

CALABRIA – Nella provincia di Cosenza, a Bocchigliero, sono stati 21 i casi di ospiti ed operatori sanitari contagiati all’interno della Rsa Santa Maria. Tre in totale gli anziani deceduti. Il Comune è stato dichiarato ‘zona rossa’ dal governatore della Regione Calabria Jole Santelli che ha emanato apposita ordinanza per limitare le entrate e le uscite dal territorio. Nella casa di cura Ninetta Rosano – Tirrenia Ospital di Belvedere Marittino invece una dipendente è risultata positiva al Covid-19, mentre i sindaci del circondario hanno sollecitato la direzione sanitaria della clinica a comunicare i nomi di operatori sanitari e degenti che negli ultimi 14 giorni hanno avuto rapporti con la donna.  

Nella provincia di Reggio Calabria alcuni anziani della casa di cura Raggio di Sole di Melito Porto Salvo sono stati ricoverati presso il nosocomio reggino. Su 13 ospiti 10 sono risultati positivi al Covid-19, uno di loro è deceduto mentre sono 6 gli operatori socio sanitari contagiati su un totale di 10. Dati resi pubblici che hanno portato il governatore della Regione Calabria Jole Santelli a dichiarare il Comune di Melito Porto Salvo ‘zona rossa’ limitandone le entrate e le uscite. Nei giorni successivi alla chiusura di Melito Porto Salvo i carabinieri del Nas di Reggio Calabria hanno effettuato controlli nella maggior parte delle case di cura della Locride senza registrare alcun tipo di anomalia sul piano igienico. Sono state invece rilevate tra le ssa presenti nei Comuni di Bruzzano, Locri e Mammola criticità in merito alla mancata richiesta all’Asp di Reggio Calabria di effettua tamponi e al rapporto tra il numero di degenti ed il personale specializzato al lavoro.  

La casa di cura Domus Aurea di Chiaravalle Centrale, in provincia di Catanzaro rappresenta uno dei focolai in cui il Covid-19 si è propagato in maniera inaspettata. Nella struttura sono stati registrati, tra ospiti e lavoratori, ben 70 contagi ed un totale di 20 decessi fra gli anziani pazienti. La Procura della Repubblica di Catanzaro sul caso ha aperto un fascicolo al fine di fare chiarezza sulle dinamiche che hanno portato a quello che l’amministratore unico della casa di cura Domenico De Santis ha definito, all’Adnkronos, una vera e propria “carneficina, per la quale i responsabili e chi ci ha lasciati soli dovranno pagare”. 

BASILICATA – La regione non è immune dall’allarme Rsa: colpisce il caso del polo riabilitativo e Rsa Don Gnocchi di Tricarico, in provincia di Matera, dove si è registrata la tredicesima vittima per Covid-19 della Regione. Preoccupa anche la positività di un ospite della casa di riposo ‘Santa Rita’ di Noepoli. Un uomo di 86 anni, ricoverato nel reparto di malattie infettive dell’ospedale San Carlo di Potenza, dove gli è stato fatto il tampone. In Basilicata, secondo notizie di stampa, sono attive una sessantina di case di riposo, con 1.900 pazienti e 975 operatori. Negli ultimi giorni da più parti sono stati chiesti tamponi a tappeto, e controlli ad hoc sono partiti nelle strutture. 

SARDEGNA – Sono soprattutto nel Nord Sardegna le case di riposo più colpite dal Covid-19. In particolare, Casa Serena di Sassari dove si registrano in poche settimane 62 contagi e 23 anziani morti. Nei primi giorni dellemergenza la struttura è rimasta quasi priva di personale, perché anche molti operatori della cooperativa che la gestisce per conto del Comune sono stati contagiati o sarebbero rimasti precauzionalmente a casa. Lamministrazione comunale ha dovuto correre ai ripari e sostituire gli operatori, mentre la Regione ha chiesto aiuto ai medici militari per effettuare i tamponi a tutti gli anziani ospiti. Sempre nel Sassarese, è di questi giorni il contagio a Casa Gardenia, a Ossi: rapidamente si è arrivati a 52 casi di coronavirus allinterno della struttura, con sei morti.  

Situazione sotto controllo negli ultimi giorni a Bitti, nel Nuorese, nella casa di riposo Su Meraculu: il 26 marzo nella struttura sono stati accertati 20 contagi su 24 degli anziani ospitati. Due ultranovantenni sono decedute, mentre l’intera casa di riposo è stata di fatto trasformata in un reparto Covid, nel quale i contagiati vengono seguiti dal personale sanitario della Assl di Nuoro. Nel sud Sardegna altri sei morti, ospiti della casa di riposo Divina Provvidenza di Sanluri, con 17 positivi tra gli anziani. Esposti ed inchieste, finora, hanno riguardato solo i contagi negli ospedali. 

ABRUZZO – In Abruzzo, secondo il report Iss, dal 1 febbraio a fine marzo si contavano 32 morti nelle Rsa da febbraio ma nessun decesso è riconducibile a Covid-19. Nel frattempo però a preoccupare è una casa di riposo che si trova a Pescara, in zona Colli: l’Istituto Sorelle della Misericordia di via del Santuario. Qui il 28 marzo erano stati riscontrati ben 23 casi positivi fra le religiose, gli anziani ospiti e gli operatori sociosanitari. E in città si sono spente due suore: dopo suor Matilde Celi, madre superiora delle Maestre Pie Filippini, si è spenta suor Rina Vittoria, una delle religiose contagiate proprio all’Istituto Sorelle della Misericordia. Intanto la Rsa di Giulianova è stata destinata a presidio per la cura dei malati di coronavirus: la struttura di Bivio Bellocchio sarà pronta ad ospitare 22 posti letto per i pazienti Covid-19 meno gravi.  

MOLISE – Nonostante gli ultimi dati nella regione siano meno preoccupati rispetto ad altre aree, anche il Molise ha avuto problemi con le Rsa. Secondo il report Iss sono 5 le strutture di questo tipo presenti nel territorio regionale, con 228 ospiti. Ebbene, dal 1 febbraio sono 24 i decessi registrati in queste strutture, nessuno dei quali positivo al tampone o con sintomi sospetti prima del decesso, secondo i dati Iss relativi a fine marzo. Nel frattempo però è stata chiusa la Casa di Riposo di Agnone (Isernia), uno dei cluster da Covid-19 del Molise, con gli atti che ricostruiscono la vicenda trasmessi dai carabinieri in Procura a Isernia. I pazienti, che sarebbero tutti asintomatici o parasintomatici, saranno assistiti al ‘Santissimo Rosario’ di Venafro. Su 47 tamponi effettuati nella Casa di Riposo, 23 sono risultati positivi.  

Anche gli ospiti della casa di riposo di Cercemaggiore (Campobasso) sono stati trasferiti a Venafro, dopo 16 casi di positività (di cui 13 tra gli ospiti e 3 fra gli operatori) e il comune, dichiarato ‘zona rossa’, è stato blindato in seguito alla morte del primo ospite della casa di riposo, un ultranovantenne risultato positivo al coronavirus. 

MARCHE – Il ‘bollettino di guerra’ delle Marche segnala otto morti nella Rsa di Recanati e 13 a Villa Almagià (Ancona), cui si sommano 8 decessi nella casa di riposo di Cingoli (Macerata). Il report dell’Istat indicava 33 decessi nelle Rsa sul territorio dal 1 febbraio a fine marzo, di cui 9 positivi a Covid-19 o con sintomi simil-influenzali. E per disinnescare la ‘bomba Rsa’ sono entrati in campo gli specialisti di Medici senza frontiere, impegnati a “combattere il coronavirus sul territorio, proteggendo comunità fragili come le strutture per anziani e formando medici di base per alleggerire il peso dell’epidemia sugli ospedali”. 

Nei primi dieci giorni di attività, il team di Msf, composto da medici, infermieri, esperti di igiene e logisti, ha visitato una decina di strutture per anziani, da quelle che si trovano a gestire i primi casi a quelle dove il 100% degli ospiti è positivo, offrendo attività di formazione e supporto al personale, da settimane impegnato giorno e notte per proteggere i propri ospiti dal virus. “Nella nostra struttura vivono 240 ospiti al 90% non autosufficienti. Il supporto degli operatori Msf, che hanno vissuto in prima persona epidemie come l’Ebola o la Sars, è stato di grande aiuto”, testimonia Vittorio Sgreccia, direttore sanitario dell’Opera Pia Mastai Ferretti a Senigallia. “Insieme abbiamo ispezionato la struttura e le procedure messe in atto e abbiamo accolto con piacere anche la formazione fornita al nostro personale con competenza, semplicità e umanità. Posso solo ringraziarli”. 

SICILIA – Anche in Sicilia alcune Rsa sono si sono trasformate in focolai del coronavirus provocando vittime tra gli anziani ospiti delle strutture. A Villafrati, piccolo centro del palermitano, diventata nel frattempo ‘zona rossa’, sono già dieci gli anziani morti a causa del Covid nella Rsa di ‘Villa delle Palme’. Ieri una donna di 88 anni, originaria di Marineo, è deceduta nel reparto di Pneumologia dellospedale Civico di Palermo. L’anziana, come per i precedenti casi, aveva un quadro clinico molto delicato e altre patologie. Domenica scorsa nel paese di 3.300 anime sono stati effettuati altri 171 tamponi. “Test su personale della struttura ma anche su cittadini che in qualche modo sono entrati in contatto con la residenza sanitaria o su categorie professionali particolari per le quali si rende necessario un monitoraggio”, ha spiegato il sindaco Franco Agnello all’Adnkronos.  

Dai 42 risultati già comunicati al sindaco emergono solo 4 nuovi casi, 24 persone sono rimaste positive, mentre altre 14 si sono negativizzati. C’è anche un assessore risultato positivo. “Fortunatamente anche lui sta bene, lavorava nella Rsa”, precisa il sindaco Agnello, che nelle lunghe settimane da sindaco di un Comune zona rossa ha fatto i conti con una situazione inaspettata. “I primi giorni sono stati pesanti soprattutto dal punto di vista psicologico – ammette – Nessuno avrebbe pensato di trovarsi in una condizione simile”.  

Un altro focolaio si è registrato nell’Oasi Maria Santissima di Troina, una struttura dell’ennese che ospita decine di disabili. Qui si sono registrati 162 casi di contagio tra ospiti e dipendenti. Piccoli focolai in alcune Rsa del messinese. Sale a 11 il numero dei pazienti contagiati alla Rsa Villa Pacis di San Marco d’Alunzio. Questo dato si somma a quello degli 8 ospiti contagiati della casa di riposo Residenza Aluntina di via Farinata. Sono stati portati tutti nei Covid Hospital di Messina e Barcellona. Ed, infine, c’è il caso della clinica ‘Villa Maria Eleonora di Palermo’ dove si sono registrati 22 casi positivi, tra pazienti e operatori sanitari. Un’anziana di 73 anni è stata trasferita in Terapia intensiva a Partinico. Tutto il personale è stato sottoposto al tampone. La struttura palermitana, centro di riferimento per la cardiochirurgia e la rete dell’infarto, è stata chiusa e posta in quarantena.  

Al suo interno al momento si trovano 27 persone fra medici e operatori e una settantina di pazienti. Alcune notti fa una paziente di 73 anni, che aveva subito un’operazione di cardiochirurgia e da due mesi era ricoverata nella struttura di viale Regione siciliana, è stata trasportata al Covid hospital di Partinico per una polmonite, dopo essere risultata positiva al tampone. Le sue condizioni sono gravi.