La Commissione Europea alza il velo sulle Previsioni economiche di primavera, per fare il punto sull’impatto che la pandemia di Covid-19 avrà sull’economia dell’Eurozona e dell’Ue a 27. Le previsioni volgeranno sicuramente al brutto e saranno segnate da un elevato grado di incertezza, dato che la principale variabile è un dato sanitario, la curva epidemica, sulla base della quale i singoli Stati decideranno come e quando rimuovere le misure di chiusura decise per contrastare il coronavirus Sars-Cov-2, che hanno un impatto pesante sulle attività produttive.
Lo choc all’economia dell’Eurozona sarà senza dubbio notevole: il commissario all’Economia Paolo Gentiloni ha già definito “piuttosto accurata” la previsione del Fondo Monetario Internazionale, che prevede per l’Eurozona un crollo del 7,5% del Pil nel 2020. Altri hanno già diffuso stime più pessimistiche: Unicredit Research si attende la “madre di tutte le recessioni”, con un crollo del Pil del 13% nell’area euro. Nel 2009, anno nero della crisi finanziaria, il Pil dell’area euro cadde del 4,2% (dato tratto dalle previsioni d’autunno della Commissione del 2010). La presidente della Bce Christine Lagarde ha indicato una forchetta compresa tra -5% e -12% per il 2020, a seconda di quanto dureranno le misure di chiusura.
I Paesi membri dell’Unione, ha previsto Gentiloni, soffriranno quest’anno recessioni di grandezza variabile, “chi vicino al -6%, chi al -10%”. La previsione della Commissione è che “tutti i Paesi saranno colpiti”, ha avvertito l’ex premier. Per quanto riguarda l’Italia, ci sono pochi dubbi sul fatto che l’andamento stimato del nostro Pil sarà tra i peggiori dell’area euro, se non il peggiore, come succede regolarmente da anni. Stavolta ad incidere su un’economia già arrancante (la crescita è stata dello 0,3% nel 2019, dato Fmi) è uno choc esogeno, il coronavirus venuto dall’Hubei, che ha colpito in pieno il Nord, cuore produttivo del Paese. Ovviamente le previsioni economiche d’inverno, presentate in febbraio, sono state superate dall’arrivo della Covid-19 (per l’area euro si stimava una crescita dell’1,2% nel 2020 e 2021)
Ieri gli economisti dell’agenzia di rating S&P hanno previsto una caduta del Pil nell’Eurozona del 7,3% per il 2020, ma, avvertono, “i rischi potrebbero aumentare se le preoccupazioni per la salute pubblica metteranno in forse l’allentamento del lockdown in giro per il mondo”. Per il capo economista di S&P, Sylvain Broyer, il “maggiore freno” per l’economia sarà il crollo dei consumi (le vendite di automobili in marzo nell’Ue sono crollate del 55% rispetto al marzo 2019).
Per l’Italia S&P prevede un crollo del Pil del 9,9% nel 2020, comunque meno del -15% pronosticato da Unicredit Research qualche giorno fa, dopo la sostanziale stasi del 2019, e prima di un auspicato rimbalzo del 6,4% nel 2021 (sempre che la Covid-19 lo consenta). Per il nostro Paese, l’Fmi ha previsto un crollo del Pil del 9,1% nel 2020, con un rimbalzo del 6,4% nel 2021, dopo il +0,3% del 2019.
Tutte queste, e anche quelle che la Commissione diffonderà oggi, sono proiezioni da prendere con le molle, dato che molto, se non quasi tutto, dipenderà dalla durata della pandemia e dai tempi necessari per avere delle terapie che funzionino ed un vaccino che consenta l’immunizzazione della popolazione.
Il vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis ha già spiegato che le Previsioni di primavera si baseranno sull’analisi di differenti scenari, proprio per via dell’elevato grado di incertezza che caratterizza la crisi sanitaria in crisi, che ha ripercussioni economiche enormi. Intanto, la Commissione sta lavorando “duramente”, ha spiegato il portavoce capo Eric Mamer, per presentare una proposta sul Recovery Fund e sul prossimo Mff 2021-27, che costituirà la base del fondo (la garanzia per andare sul mercato a raccogliere capitali dovrebbe essere data, a partire dal prossimo bilancio, dal cosiddetto headroom, la differenza tra impegni e pagamenti). Le parole scelte ieri dal portavoce capo non escludono che la tempistica si possa allungare, come preventivato quando si è deciso di legare il Recovery Instrument all’Mff, sul quale in febbraio i capi di Stato e di governo non sono riusciti a trovare un accordo, vista la distanza tra le posizioni dei Paesi.
La proposta , ha detto Mamer, verrà presentata “quando sarà pronta”, anche se la presidente Ursula von der Leyen ha indicato la seconda o la terza settimana di maggio come possibili date (quindi il collegio del 13 o quello del 20), ma tutto “dipende – ha avvertito – dagli sviluppi sia per quanto riguarda la preparazione che i contatti con gli Stati membri”.
Intanto, venerdì si riunirà l’Eurogruppo, per proseguire il lavoro sulle tre misure che hanno ricevuto il via libera dei leader: il piano Sure per l’occupazione da 100 mld, il piano della Bei per finanziare le imprese (200 mld) e le linee di credito del Mes anti-pandemia, a condizionalità ‘light’. L’Olanda si prepara a porre delle condizioni, in particolare sulla durata dei prestiti, che vorrebbe breve, e sulla definizione delle spese sanitarie indirette. Secondo il documento trasmesso dal ministro delle Finanze Wopke Hoekstra al Parlamento olandese, chi accederà alle linee dovrà firmare un MoU (memorandum of understanding), che dovrebbe prevedere come unica condizione l’utilizzo dei fondi per le spese sanitarie connesse alla pandemia di Covid-19, dirette o indirette. E’ probabile che altri Paesi chiedano garanzie affinché siano escluse modifiche ex post del MoU, possibilità che è prevista, in teoria, da uno dei due regolamenti del Two Pack del 2013.