“Il rischio di tornare al lockdwon rimane molto reale se i Paesi non gestiscono la transizione con molta attenzione”. E’ l’avvertimento del direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, in conferenza stampa a Ginevra. “Mentre lavoriamo per rispondere alla pandemia di Covid19, dobbiamo anche lavorare di più per prepararci per la prossima. Ora c’è un’opportunità per gettare le basi di sistemi sanitari resilienti in tutto il mondo”. “Questo include – ha sottolineato – che i sistemi si preparino a prevenire e rispondere a patogeni emergenti. La pandemia di Covid alla fine retrocederà, ma non possiamo tornare alla normalità. Il mondo spende circa 7,5 trilioni di dollari per la salute ogni anno – quasi il 10% del Pil globale. Ma i migliori investimenti sono nella promozione della salute e nella prevenzione delle malattie a livello di medicina del territorio, che salverà vite e porterà a risparmi. Prevenire non è solo meglio che curare, è anche più economico”.
I NUMERI – “Più di 3,5 milioni di casi di Covid19 e quasi 250.000 morti sono stati segnalati all’Oms. Dall’inizio di aprile, sono stati registrati una media di circa 80.000 nuovi casi al giorno”. A dirlo il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, in conferenza stampa a Ginevra. “Ma questi non sono solo numeri – evidenzia il Dg Oms – ogni singolo caso è una madre, un padre, un figlio, una figlia, un fratello, una sorella o un amico. E anche se il numero di casi segnalati in Europa occidentale è in calo, ogni giorno vengono segnalati più casi in Europa orientale, Africa, sud-est asiatico, Mediterraneo orientale e Americhe. Tuttavia, anche all’interno delle regioni e dei paesi vediamo tendenze divergenti. Per questo ogni Paese e ogni regione ha bisogno di un approccio su misura”.
LA APP – “Il contact tracing è uno strumento fondamentale per aiutare a controllare la catena di contagi di Covid-19” ha detto Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico per il coronavirus dell’Organizzazione mondiale della sanità. “Le ‘App’ possono supplementare il lavoro delle persone, degli operatori ma anche dei volontari che parlano e intervistano le persone per capire quali contatti hanno avuto”. “Molte di queste persone hanno una formazione in epidemiologia – ha spiegato – ma non deve essere per forza così, ci sono anche volontari, maestri, studenti, che possono aiutare. La cosa importante è l’interazione con i pazienti e la ricostruzione dei contatti avuti. Le app possono aiutare ma non sostituiscono le persone che lavorano per questo”. “Ci sono diverse app e molti Paesi le stanno studiando – ha aggiunto Mike Ryan, capo del Programma di emergenze sanitarie dell’Oms – per consentire alle autorità di aiutare il processo di tracciamento, che è difficoltoso. L’Oms sta lavorando con sviluppatori nel mondo per provare a trovare una app che si possa poi adattare ai vari paesi per gestire l’intero processo di contact tracing. La sfida è integrare i dati con quelli raccolti dai sistema sanitari”.