“Dobbiamo chiarire, perché molti animi si sono esacerbati su questo punto: il Pio Albergo Trivulzio non è tra le strutture che ha dato disponibilità e accettato pazienti Covid. Sono arrivati solo 17 pazienti da Sesto San Giovanni dichiarati non Covid, in un momento in cui gli ospedali avevano urgenza di alleggerire i pronto soccorso e le terapie intensive. E’ dunque falsa la notizia che l’istituto abbia dato disponibilità e consapevolmente ricevuto pazienti positivi a Covid-19”. A sottolinearlo è l’avvocato dell’ente, Vinicio Nardo, durante una videoconferenza stampa in corso al Pio Albergo Trivulzio di Milano sull’emergenza coronavirus. “E’ importante – sottolinea il legale – che non vengano date queste notizie, perché ci sono familiari provati che perdono ulteriormente la poca serenità che sono riusciti a recuperare”.
In ogni caso, l’indagine penale è “doverosa”, hanno sottolineato oggi dal Pio Albergo Trivulzio di Milano sia il virologo dell’università Statale di Milano, Fabrizio Pregliasco, al quale è stata affidata la supervisione scientifica in questa fase di gestione dell’emergenza coronavirus, sia Nardo. “E’ importante andare a valutare questa situazione complessivamente”, ha puntualizzato Pregliasco.
“E’ in corso una doverosa azione giudiziaria a questo punto e si deve aspettare l’esito – ha proseguito -. Le inchieste avviate a livello regionale e di Ats”, alle quali si aggiunge l’ispezione da parte del ministero della Salute, “sono elementi che entreranno e permetteranno di avere un chiarimento ulteriore. A mio avviso ciò che è successo è inquadrabile in una triste situazione complessiva che ha visto le strutture per anziani in prima linea. Si sono trovate sulla linea di fuoco le persone più fragili che vanno protette ma in questa situazione, ma credo sia stato fatto il possibile. Ora stiamo facendo il possibile per ridare anche fiducia alle persone che lavorano qui che ho visto in sofferenza rispetto a una situazione che appesantisce il carico di lavoro affrontato”.
L’indagine penale, ha ripercorso Nardo, “è partita con una perquisizione dopo Pasqua. E’ stato un atto di ispezione in quanto il Trivulzio ha messo a disposizione tutto quel che l’autorità giudiziaria richiedeva. La ricognizione di documenti e modelli organizzativi era già stata avviata per rispondere alle richieste sia del ministro della Salute che della Regione Lombardia che, sulla scorta di notizie di stampa che via via arrivavano, avevano avviato indagini conoscitive doverose. Altrettanto doverosa è l’apertura di un’indagine penale perché dà garanzia di accertamento dei fatti, secondo il rispetto di determinate regole”.
“L’esposizione mediatica”, ha voluto rimarcare Nardo, “finisce per coinvolgere e dare apparenza di rilevanza penale a una serie di circostanze che sono da accertare e che sono diverse da come vengono presentate in una situazione caratterizzata da grande emotività”.
Questa emotività, ha continuato, “ci sarebbe indipendentemente dai numeri della vicenda per il Pat”. In generale, ha sottolineato, questa è una “vicenda straziante. In Italia ci sono centinaia di migliaia di persone che da due mesi non possono vedere e accarezzare la madre, il padre e il proprio caro e questa è una cosa lacerante nel tessuto sociale dal punto di vista emotivo. Quindi l’inserimento di notizie e dati dovrebbe avvenire con una grande cautela. In questo senso siamo rassicurati dall’estrema riservatezza che notiamo nell’autorità giudiziaria che sta indagando, ma abbiamo il compito anche di gestire l’ondata mediatica che si è abbattuta sul Pat e poi su tutte le altre Rsa a cascata. Forse – ha osservato il legale – non è partita dall’appiglio iniziale giusto”.
Il Pat, ha chiarito Nardo, “ha una peculiarità: comprende varie strutture di tipo diverso che solo in parte, per una metà a spanne, sono residenze per anziani. In altra parte sono istituti di riabilitazione, per la cura post acuzie, per cure intermedie cioè finalizzate ad assistere persone che hanno avuto le prime cure importanti in ospedale e non possono andare a casa. Queste persone arrivano in istituti come il Pat, nei vari padiglioni. Questa struttura dunque non è statica”, e in questa emergenza “non era una roccia su una montagna, ma uno scoglio dentro un fiume”.
“TAMPONI SOLO AD APRILE” – Al Pio Albergo Trivulzio di Milano i tamponi non c’erano. Come ha ricostruito Pregliasco, “c’era una difficoltà di avere a disposizione in modo sistematico queste indagini virologiche”. “I primi mille tamponi sono arrivati il 16 aprile”, ha informato il legale Vinicio Nardo. “Sono però sempre stati trattati i pazienti sintomatici come se fossero sospetti casi di Covid-19 e quindi messi in stanze separate – ha puntualizzato il legale – Non abbiamo però una diagnosi certa, neanche un momento certo dell’inizio, cioè dell’ingresso del virus. E questo non solo al Pat, ma anche a Milano e in Italia”.
“MAI TAGLIATE MASCHERINE” – “La penuria di dispositivi di protezione individuale è stata forte” durante l’emergenza coronavirus “ed è notoria. E in quell’ottica che dicevo, di un messaggio che ha diviso gli ospedali e il resto, cioè le Rsa, anche sul campo questa divisione è stata operata, perché il Pio Albergo Trivulzio si è trovato tagliato fuori dal flusso di priorità. E ci siamo affaticati a cercare come tutti i dispositivi e le mascherine sul mercato”. Oltre “a chiederle alla Protezione civile e alla Regione, si è cercato di trovarli altrove. E il Pat si è visto in alcuni casi dirottate anche le forniture ordinarie che dovevano arrivare perché c’erano altre priorità”. Così il legale fa il punto sui dispositivi di protezione individuale. Nardo ha voluto fare anche una precisazione riguardo a una polemica sulle mascherine, emersa nelle scorse settimane. Secondo alcune testimonianze di operatori sanitari dell’istituto, infatti, veniva detto loro di non indossarle per non impaurire gli ospiti. “Lo voglio dire con chiarezza: sicuramente al Pio Albergo Trivulzio nessuno ha mai messo per iscritto che non si dovevano usare le mascherine per non intimorire e non diffondere il panico. Questo è un punto chiave su cui dobbiamo dire una parola di certezza”.
Nella situazione penuria di mascherine, cuffie, camici e in generale protezioni, “la gestione delle mascherine, secondo quanto risulta dagli atti e dai bollettini interni fatti, è stata una gestione oculata”, ha precisato Nardo.
“Sono stati individuati – ha proseguito – i vari padiglioni in cui si privilegiava l’uso delle mascherine e negli altri si lasciava al sintomatico, secondo le disposizioni delle autorità sanitarie dall’Oms in giù. Per tutto marzo si parlava in questo senso, lo ricordiamo tutti. Erano disposizioni di autorità sovranazionali. Chiaramente l’utilizzo della mascherina da parte del personale doveva rispondere anche a queste necessità secondo i reparti in cui si operava”.
“ABBIAMO SEGUITO LE REGOLE” – Per l’indagine in corso sulla gestione dell’emergenza coronavirus al Pio Albergo Trivulzio di Milano “noi siamo completamente a disposizione e ci rendiamo conto della difficoltà, in un’indagine che deve accertare un nesso causale, di trovarci in situazioni in cui non abbiamo avuto uno strumento diagnostico certo”, ha voluto puntualizzare il legale dell’ente. “Quando sarà chiamato dall’autorità giudiziaria a rispondere, credo che l’istituto potrà dimostrare di aver fatto tutti i piani di prevenzione del rischio necessari”, ha assicurato l’avvocato. “Ho già visto quando sono stati acquisiti nel giorno dell’accesso della Guardia di finanza, i vari piani di prevenzione fatti a ritmo serrato a partire da inizio marzo in poi”, ha aggiunto Nardo, precisando che al momento a lui risulta come unico indagato il direttore generale del Pat, Giuseppe Calicchio. “Ora l’obiettivo – ha spiegato il virologo Fabrizio Pregliasco – è continuare ad affrontare la situazione e arrivare a un rasserenamento degli ospiti e di chi crede in una storica istituzione di Milano che offre un’importante assistenza ai familiari e alle persone più fragili”. Quello che è successo, ha aggiunto Pregliasco, “si inquadra in un contesto tristissimo e più ampio che riguarda il numero di decessi” registrati con l’emergenza Covid-19.
“L’elemento più doloroso – ha proseguito – è che il 40% delle morti in Europa sono avvenute nelle residenze per anziani. In Italia tantissime hanno avuto questa sofferenza. Alcune sono riuscite a schivare lo tsunami, ma va valutata la dimensione e il contesto territoriale di queste strutture. Il Trivulzio per esempio è un grande ente che ha funzioni diverse, non solo di Rsa. Ha strutture per la lungodegenza, la riabilitazione, fa attività di hospice, e di poliambulatorio. E’ una struttura molto permeabile con l’esterno. Prima della chiusura avvenuta il 10 marzo, mille persone in media al giorno dovevano entrare e tantissime persone venivano assistite, con un interscambio di circa 250 pazienti al mese”.
Era questa dunque la situazione di apparente normalità che si registrava per esempio a gennaio e febbraio. “Il Pat – ha evidenziato Pregliasco – è una struttura in pieno centro di Milano ed è giusto che sia permeabile. Come tutte le strutture di questo tipo, in tempo di ‘pace’ deve permettere a parenti e volontari e specialisti spazi di convivenza per garantire dignità e qualità di vita alle persone assistite”. Riguardo all’emergenza coronavirus, ha fatto poi notare Pregliasco, “bisogna ricordare che i dati ci dicono che migliaia di persone almeno dal 26 gennaio erano già infette. Il virus agiva alle spalle ed era entrato in casa prima dei momenti in cui è stata data indicazione rispetto ad azioni di contenimento”.
“Fin dal 22 febbraio” al Pat “è stato osservato ogni caso sospetto, pur in assenza di un’esecuzione di test, legata alla difficoltà di avere in modo sistematico queste indagini virologiche”, ha assicurato il virologo. Il messaggio del Trivulzio è che “le decisioni sono state assunte tempestivamente in base all’evolversi delle indicazioni delle Autorità sanitarie”. I piani di prevenzione del rischio, ha spiegato l’istituto, erano stilati “in relazione ai dati al momento conosciuti”. Il 10 marzo 2020, il giorno prima che l’Oms dichiarasse Covid19 una pandemia, “venne decisa la chiusura totale degli accessi di parenti e visitatori e la chiusura totale di tutte le attività ambulatoriali del Day Hospital, del Centro diurno e dell’Assistenza domiciliare integrata (mentre già dal 23 febbraio i pazienti venivano contattati per accertarsi dello stato di salute – sintomatologia acuta di origine respiratoria)”.
Sui dispositivi di protezione individuale “nelle settimane in cui risultavano introvabili sul mercato”, si è “ottemperato alle indicazioni istituzionali sulle modalità di uso contingentato fino al 23 marzo, quando si è potuto metterli a disposizione di tutti gli operatori”. I tamponi si sono resi disponibili “solo a metà aprile, i primi mille sono arrivati il 16”, come ha precisato l’avvocato Nardo. Nel corso della videoconferenza sono stati evidenziati i dati di mortalità del Comune di Milano, riferiti dall’assessore ai Servizi civici, Roberta Cocco.
Dati che evidenziano che a marzo 2020 vi è stato un incremento del 75% e nella prima decade di aprile del 135% rispetto ai dati del biennio precedente. Nel periodo 20 febbraio-31 marzo 2020, nelle province del Nord, i decessi sono aumentati dell’88% rispetto alla media del periodo 2015/2019, passando da 26.218 decessi medi a 49.351 decessi. Nel periodo febbraio-marzo 2020, al Pat, rispetto ai valori medi di analoghi mesi del quinquennio 2015/2019, vi è stato un incremento di decessi pari al 29%, passando da 89 decessi medi a 115 decessi (valore che include i 70 decessi di marzo).
Mentre se si analizza il quadrimestre gennaio/aprile 2020, rispetto ai valori medi dell’analogo quadrimestre del quinquennio 2015/2019, vi è stato un incremento di decessi pari al 61%, passando da 186 decessi medi a 300 decessi (valore che include i 133 decessi di aprile). Età media delle persone venute a mancare: 85 anni per il Pat. Per quanto riguarda la Rsa Principessa Jolanda il totale riferito è di 30 decessi tra gennaio e aprile, età media 89 anni. Per il polo di Merate invece i morti sono stati in totale 75 da gennaio ad aprile, età media 88 anni. “Per quello che ho potuto vedere descritto – ha concluso Pregliasco – al Pat c’è stato un adeguamento alle disposizioni nazionali e regionali, con tutti i limiti della situazione che qui al Pat e in altre strutture sanitarie c’era”.