E’ riferita al trattamento dei crediti erogati dalla Banca Popolare di Bari, in correlazione ad acquisti di azioni/obbligazioni emesse dallo stesso istituto di credito, l’inchiesta della Procura della Repubblica del capoluogo pugliese che ha portato questa mattina il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria di Roma e il Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Bari a eseguire il decreto di sequestro preventivo, emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale, nei confronti di tre figure di vertice della stessa banca per un valore di 16 milioni e 1.254 euro. Il provvedimento riguarda in particolare Gianluca Jacobini, già condirettore generale, Nicola Loperfido, già responsabile Direzione Business, e Giuseppe Marella,  ex responsabile internal auditing, tutti indagati per ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza. Jacobini è indagato anche per false comunicazioni sociali.   

In particolare, il sequestro coinvolge in forma diretta il denaro nella disponibilità degli indagati fino al raggiungimento dell’importo di 16 milioni e, in caso di incapienza del patrimonio riconducibile agli stessi, nella forma ‘per equivalente’. Sotto inchiesta quelle che in gergo sono definite ‘operazioni ‘baciate’ che hanno generato una sorta di saldatura tra taluni finanziamenti erogati dalla banca e rilevanti acquisti di azioni emesse dalla stessa e, dunque, potenzialmente incidenti, in negativo, sui fondi propri dell’istituto, ai sensi della cosiddetta regolamentazione prudenziale di vigilanza.  

Nel corso degli approfondimenti investigativi sono state rilevate gravi irregolarità dei dirigenti dell’Istituto di credito, finalizzate a rappresentare una situazione economico-finanziaria e patrimoniale non veritiera, in occasione dell’ispezione della Banca d’Italia avviata a giugno 2016 e conclusa nel mese di novembre dello stesso anno in vista della trasformazione della natura giuridica dell’Istituto da società cooperativa a responsabilità limitata in società per azioni. Gli stessi dirigenti avrebbero avuto comportamenti dolosamente ostruzionistici, nascondendo agli ispettori di Bankitalia alcuni fascicoli di clienti e alterando alcune informazioni, per evitare che emergessero posizioni tali da determinare per la banca l’obbligo di apportare rettifiche ai cosiddetti ‘fondi propri’.  

“Si ritiene che le somme finanziate attraverso la procedura dei ‘mandati irrevocabili a vendere’ (…) siano legate a condotte ‘strumentali’, atte cioè ad ‘incrementare’ artatamente il patrimonio disponibile dell’istituto bancario nella piena consapevolezza dell’illiceità di tale agire e della sostanziale irrecuperabilità di dette somme”, scrive il gip di Bari nel decreto di sequestro preventivo. 

“Le argomentazioni addotte dagli organi inquirenti, avallate dal consulente – continua il gip -, appaiono condivisibili, ritenendosi che sia stato dimostrato come lo strumento dei mandati irrevocabili a vendere fosse frutto di una deliberata scelta aziendale dei dirigenti qui indagati in qualità di detentori del potere aziendale e che, quindi, l’occultamento dei dati alla Bankitalia seppur successivo alla decisione aziendale di rafforzare illecitamente il patrimonio aziendale sia collegato ad essi”. 

“Ciò – si legge ancora nel decreto – lo si può ricavare da: la rilevanza (per la tipologia dei clienti -tra i più importanti della banca-) e il numero dei mandati a vendere (utilizzati per mantenere artatamente intatto il patrimonio sociale), indicativo della non occasionalità della scelta; l’utilizzo di contratti identici prestampati, indicativo di una scelta aziendale di rendere uniformi gli strumenti di garanzia; la consapevolezza dell’importanza dei mandati a vendere nell’analisi da parte dell’Internal Audit di BPB, a riprova del fatto che il fenomeno era ben noto ai dirigenti; i riscontri documentali nei quali esplicitamente si fa riferimento della connessione tra la concessione di crediti da parte della banca e del mandato irrevocabile a vendere”. 

Per il gip inoltre, “un così rilevante numero di azioni coperte da tali ‘garanzie’ denota la chiara ed evidente volontà degli organi apicali dell’istituto bancario di ‘finanziare’, investimenti azionari, ovvero evitare disinvestimenti, senza prendere minimamente in considerazione l’opportunità di effettuare le dovute rettifiche e le necessarie comunicazioni agli organi competenti”. 

“A tal proposito – si legge – si condivide quanto scritto dal consulente dei pm laddove nel ritenere che ‘costituiscono “operazione baciata” anche l’insieme dei contratti di mandati a vendere irrevocabili’ ha evidenziato la loro natura illecita, assumendo che: ‘Il predetto contratto costituisce di per sé ‘un bene’ in quanto trasferisce in capo all’istituto bancario il potere di gestione delle azioni cedute, rendendo la Banca il vero titolare delle stesse: in tal modo le azioni diventano ‘proprie’ e, quindi, acquistate in violazione del divieto di legge'”.