di Elena Davolio  

“Chi è povero ha più paura della fame che del coronavirus e accetta di sottoporsi a cappi schifosi”. Don Peppino Gambardella, prete operaio di Pomigliano, il ‘sacerdote di Luigi Di Maio’, lancia un grido disperato per i poveri e le nuove povertà che la pandemia ha esasperato ancora di più. Ogni  giorno il sacerdote tiene un diario nel quale registra meticolosamente tutto quello che si è riusciti a fare, con l ‘aiuto dei volontari, per un povero in più. 

“Il Papa ha ragione – dice il prete operaio all’Adnkronos-. Noi invitiamo a denunciare i casi di usura ma chi è povero e si trova nelle ristrettezze, accetta pure di sottoporsi ai cappi più  schifosi”. Il ‘prete di Di Maio’ racconta la sua quotidianità: “Ogni giorno c’è qualche nuovo povero che viene a chiedere aiuto. La forbice si sta allargando sempre di più, la classe media non la vedo più esistente”.  

Ieri, alla porta di don Peppino si è presentata una vedova con figli che lavora in un calzaturificio, chiuso per Covid. “Ora è in disoccupazione e non le arrivano nemmeno i soldi della disoccupazione- spiega il prete operaio -. Tante volte è stata alla Caritas ma per vergogna ogni volta tornava indietro. Noi la abbiamo aiutata”. Chi viene aiutato, spiega don Gambardella, come in una perfetta catena di solidarietà, aiuta a sua volta: “Si tratta di reimpostare le nostre comunità. Dopo la pandemia non si potrà essere come prima”. Il sacerdote operaio guarda preoccupato anche alle tensioni sociali, “sempre in agguato dietro l’angolo”.  

Don Peppino Gambardella , insieme a don Ciotti e al segretario Cgil Landini tempo fa ha dato vita all’associazione ‘Legami di solidarietà’: “Ora  me ne occupo io, il progetto è quello di ricreare la solidarietà che nei sindacati è caduta. Chi ha bisogno- spesso sono operai licenziati – viene da noi e si sente a casa. Accogliamo le loro storie, paghiamo loro dispense, medicinali, beni primari. Il Fondo è ridotto ormai a pochi spiccioli e alla mia età vado ancora col cappello in mano da chi lavora per chiedere di sostenerlo. In questo momento, nel lavoro insieme alla Caritas, è esplosa la solidarietà, è uscita l’anima vera dei domizianesi”.   

Quanto al governo, don Gambardella, osserva: “Bisogna spingere verso lo Stato sociale. I governi precedenti hanno fatto poco o niente. Ora si tratta di promuovere questa gente che diversamente sarà solo un peso per la società. E mi chiedo: senza la Chiesa, in Italia oggi come si farebbe? Se si aiuta il povero si calma, spegne la reazione negativa sempre dietro l’angolo”.  

Don Peppino sfoglia le pagine  del suo diario dedicato ai poveri: “Il Laboratorio Caritas ha funzionato oggi a pieno ritmo.Mentre un folto nucleo di volontari/e ha lavorato all’interno gli uomini hanno provveduto alla consegna. Alcune persone sono giunte direttamente a chiedere aiuto trovando accoglienza dagli operatori. Ormai siamo divenuti familiari nelle case dei nostri amici. A questo dobbiamo mirare nella nostra azione caritativa, entrare empaticamente nella vita dei nostri assistiti. Propongo ancora una volta un traguardo cui mirare: pane per tutti, non manchi a nessuno il sufficiente per poter vivere”.  

“Tra ieri ed oggi – registra un’altra pagina di diario-  la Caritas parrocchiale ha raggiunto ben 50 famiglie e due casefamiglia consentendo a circa 200 persone di avere di che mangiare. E’ un bel traguardo. Tutto questo non è poco ma nell’azione degli operatori c’è un di più che li distingue rispetto alle organizzazioni umanitarie che lavorano in città, è l’amore nelle sue diverse accezioni: ascolto, attenzione, empatia, sostegno, incoraggiamento, umiltà, serenità, comprensione, discrezione. L’amore è il vero distintivo dei nostri operatori. L’amore fa miracoli”.