Bergamo, cappellano carcere: “Sovraffollamento intollerabile”

Combattere il sovraffollamento in carcere adottando misure alternative alla detenzione perché lo scopo rieducativo della pena sia reale e non solo uno slogan. Sono le richieste che don Giambattista Mazzucchetti, cappellano del carcere di Bergamo, rivolge al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e al mondo della politica perché sappiano ascoltare “non solo le voci dell’opinione pubblica e dei loro elettori ma anche quelle dei detenuti e dei loro familiari”. Una reclusione resa più dura dal coronavirus che ha eliminato ogni contatto tra chi sconta una pena e i propri cari. 

“Questo silenzio relazionale – racconta il cappellano all’Adnkronos – ha provocato delle rivolte in alcune carceri. Qui a Bergamo, grazie al provvidenziale intervento della Direzione e di tutto il personale si è garantito ai detenuti la continuità del diritto al colloquio attraverso un aumento del numero delle telefonate settimanali con i familiari e l’uso di Skype”, ma questo non ha tenuto lontane le paure. “Le condizioni di ‘ristretti’ aumentano la possibilità di contagio” ma non modificano le speranze. “Le attese sono quelle di sempre: poter uscire e riabbracciare i propri cari, trovare un lavoro che permetta una vita dignitosa e veder crescere i propri figli garantendo loro un futuro migliore”, spiega.  

Mai come in questi due mesi dietro le sbarre il tempo viene scandito, in una delle città più colpite dal virus, da eventi identici a quelli che si vivono fuori. I detenuti, quando serve, indossando le mascherine solidali – “fornite dalle detenute ai domiciliari di Casa Samaria, dal reparto femminile del carcere, dalla Caritas e grazie all’impegno dei giovani” – e piangono le vittime come don Fausto Resmini, l’altro cappellano del carcere morto a causa del Covid-19. ” 

Con don Resmini ho condiviso questo ministero dal 2012 e l’eredità più bella che raccolgo è che dobbiamo trasmettere speranza a coloro che l’hanno smarrita, far capire che c’è un orizzonte alla fine della pena, per tutti. Anche per chi ha la detenzione a vita: si deve trovare un senso all’esistenza con la spiritualità, gli affetti, lo studio, il lavoro. Lo scopo rieducativo va sempre messo in primo piano non come principio ideale ma come impegno da realizzarsi ogni giorno”, sottolinea don Giambattista.  

In questo senso, l’articolo 27 della Costituzione “non va semplicemente sventolato come alto principio democratico inalienabile, ma come impegno e sforzo della politica nell’attuarlo: non è più tollerabile il sovraffollamento. Le carceri sovraffollate sono luoghi in cui la pena risulta raddoppiata: al problema del tempo si aggiunge quello dello spazio. Si vive tanto tempo sospeso, in spazi angusti, con questo terribile incubo del Covid-19 che incombe”.  

Per il cappellano del carcere di Bergamo occorre “agevolare l’applicazione di misure alternative alla reclusione, per i reati che lo permettono e che non minano la sicurezza della nostra società” e per questo invita il ministro Bonafede e i ministri a “un possibile atto di misericordia e di clemenza. Abbiate misericordia, chi sta in carcere oggi rischia la vita. Incoraggio chi ha responsabilità pubbliche a compiere delle scelte umanitarie. Non si può mettere in pericolo la vita delle persone, che è un bene superiore”, conclude don Giambattista.